Orrore messicano. Forse un po’ troppo famigliare

Creato il 24 maggio 2010 da Massmedili

L’anno ristampato in DVD, anche se non è facilissimo da trovare. E’il capolavoro assoluto di Sam Peckimpah, anno 1974 e uno dei film più belli degli anni Settanta. E’ambiantato in Messico, comincia male e finisce malissimo, il protagonista è un gigantesco Warren Oates. E sembra ambiantato nell’Italia di oggi. Si chiama Voglio la testa di Garcia.

Vi ricordate che cosa si diceva della scuola Diaz durante il G8 di Genova? Macelleria messicana. E forse la mente correva a questo film: un potente fazendero messicano (pari pari il membro di una cricca italiana di oggi)  scopre che la figlia prediletta prediletta è stata messa incinta da un famiglio di nome Alfredo Garcia che nel frattempo ha preso il volo, e dopo aver pestato a sangue la ragazza (tanto per chiarire che lì nessuno è femminista e nemmeno perbene) offre una taglia di un milione di dollari per la testa del tipo. Niente appartamento sopra il Colosseo ma siamo da quelle parti…

I cattivoni che si attivano, fra cui Robert Webber e Gig Young, facce note di Hollywood (soprattutto il secondo) che qui accettano di fare la parte di due killer un po’gay e un po’ invecchiati più che loschi non si può, finiscono per inciampare in Bernie, alias Warren Oates, che canta Guantanamera per i turisti in un bar che sembra davvero dalle parti del Colosseo. E lo incaricano di ritrovare Garcia, preferibilmente morto, per 10 mila dollari. Bernie scopre che Garcia, che si era divertito anche con la sua ragazza, è già morto (in un incidente d’auto). Carica la pupa in macchina e parte alla volta della tomba per recuperare il macabro reperto…

Finisce, come dicevo, malissimo, fra scene di degradazione assistite da panorami struggenti, star e starlette del periodo che qui giocano a fare gli abbrutiti (tipo Kris Kristofferson nei panni di un hippy motociclista drogato e stupratore).

Ma è vero pessimismo? A parte il fatto che Bernie, prima di finire anche lui morto ammazzato, riesce a far fuori tutti i cattivi compreso il fazendero milonario, in realtà è un’Anabasi morale e spirituale sulla superiorità morale dei perdenti, un manifesto dell’hard boiled quarant’anni in ritardo (se Bernie si fosse chiamato Philip Marlowe, nessuno stupore), una prova etica ed estetica quasi perfetta.

Ribadiamo: se invece che nel Messico anni Settanta l’azione si fosse svolta a Trastevere oggi, con un po’ di immigrati rumeni, albanesi, afgani al posto dei messicani, nessuna meraviglia. La meraviglia è che invece di un film storico ci troviamo davanti a un manifesto programmatico, un’opera quasi profetica.

Potrebbe non tirarvi su il morale, ma vale la pena di cercarlo…


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