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Oggi ricorre il centenario della nascita di Orson Welles e noi folli blogger abbiamo deciso, spronati da Kelvin di Solaris, di celebrare il grand'uomo con qualche visione ad hoc. Nella mia solita, crassa ignoranza, il mio rapporto con Welles si è finora limitato a Quarto potere e L'infernale Quinlan e la solita lentezza che mi contraddistingue ha fatto sì che questi due film fossero già stati presi, così ho deciso di ripiegare su Macbeth, diretto da Orson Welles nel 1948 e tratto, ovviamente, dall'opera omonima di William Shakespeare. ENJOY!
Trama: di ritorno dalla guerra, un generale del re di Scozia, Macbeth, incontra tre streghe che gli profetizzano un futuro come Barone di Cawdor e come re. Galvanizzato dalla realizzazione della prima profezia, Macbeth, spinto dalla moglie, si macchierà di un delitto orribile pur di far sì che anche la seconda si avveri...
Povero, bistrattato Orson Welles. Noi oggi lo celebriamo ma nel 1948 questo Macbeth, da lui diretto, interpretato e persino scenografato (i set sono stati disegnati da lui e Dan O'Herlihy), è stato un insuccesso apprezzato solo dal pubblico non anglofono ed è stato costretto a scontrarsi col ben più blasonato Amleto di Sir Laurence Olivier, che lo stesso anno si è portato a casa ben quattro Oscar. Nella mia incredibile, indolente ignoranza, non ho mai visto questa versione dell'Amleto quindi non posso fare confronti ma il Macbeth di Welles non mi è sembrato così indegno, anzi. Il mastodontico Orson riporta fedelmente in scena l'opera Shakespeariana, prendendosi giusto la libertà di aggiungere una sorta di "sant'uomo" e di mettere sotto i riflettori lo scontro tra stregoneria e religione, ben più enfatizzato rispetto al discorso della follia che a poco a poco distrugge sia Macbeth che la sua Lady (l'ombra della croce si può cogliere in moltissimi fotogrammi, come a dire che nessun malvagio può sfuggire al giudizio divino) e il risultato è un film molto "teatrale", barocco ma comunque godibile, impreziosito nella versione italiana dal doppiaggio del grande Gino Cervi. Certo, oggi può far sorridere la megalomania con la quale Welles si eleva a protagonista della tragedia, ritagliandosi monologhi recitati dalla sua voce fuori campo che lo vedono muto ed immobile per almeno cinque minuti ripresi in primo piano, può far storcere il naso la staticità della messa in scena e la sostanziale mancanza di una reinterpretazione del testo Shakespeariano, tuttavia il Macbeth di Welles ha anche i suoi pregi ed alcune caratteristiche che lo rendono affascinante, come per esempio l'inquietantissima statuetta di argilla in forma umanoide forgiata dalle tre streghe all'inizio del film.
L'aspetto che più mi ha colpita della pellicola è il modo in cui viene reso il castello di Macbeth. Mentre il resto degli ambienti, soprattutto quelli esterni, sono spogli e quasi banali, il castello del protagonista sembra essere un tutt'uno con la montagna e da l'idea di un posto enorme, fiancheggiato da grandi spazi e costruito sopra un'infinita serie di grotte adibite a stanze o sale da pranzo; in tutto questo, paradossalmente i movimenti di macchina ci fanno percepire anche la sua natura fasulla e limitata, con i personaggi che percorrono enormi distanze con un solo passo, come se non potessero fuggire da quel set ricostruito e dalle inferriate in foggia di lama che sembrano sempre pronti a decapitarli, prefigurando un destino di morte. Si parlava di movimenti di macchina e mi è sembrato, per quanto poco me ne possa intendere, che Wells prediligesse inquadrature dal basso e complicati giochi di luci ed ombre, quasi volesse mostrarci dei protagonisti ben lontani dalla natura umana, dei giganti radicati in un'epoca antica e ormai mitologica, persone le cui passioni, paure e tormenti erano talmente forti da "uscire" e ricoprire il loro volto come delle maschere. Ho parlato della megalomania di Welles, della potenza di questo tragico Macbeth dallo sguardo allucinato, ma c'è da dire che il regista e attore aveva capito anche l'importanza di avere accanto una degna compagna, tanto da aver richiesto la presenza della bellissima e sensuale Vivien Leigh; anche qui, Laurence Olivier, allora marito dell'attrice, ci ha messo lo zampino e non ha permesso alla moglie di interpretare Lady Macbeth. L'ingrato compito è passato quindi a Jeannette Nolan, che ha dato vita ad una donna non tanto sensuale quanto glaciale, più maschile che femminile, dura come la roccia di cui è fatto il castello, un'interpretazione molto adatta ai tempi che non mi è affatto dispiaciuta e che è riuscita a non farsi eclissare dalla grandezza del festeggiato. Insomma, magari il Macbeth di Welles non dice nulla di nuovo sulla tragedia Shakespeariana, magari ormai è anche troppo datato e ci sono versioni più visionarie come quella di Polanski da recuperare (e mi dicono dalla regia che a breve dovrebbe uscire la versione con Fassbender e la Cotillard, sbav!!!) ma, sia come sia, io l'ho trovato una visione interessante e lo consiglio.
E se volete meglio approfondire la filmografia di Orson Welles vi rimando ai link dei miei compagni blogger! ENJOY!
Solaris
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