Magazine Cinema
Esattamente cento anni fa, il 6 maggio 1915 nasceva Orson Welles, a detta di molti il più grande cineasta di tutti i tempi, certamente uno di quelli che più di tutti hanno contribuito a scrivere la Storia della Settima Arte. Non è facile omaggiare uno come Orson Welles, così come ha poco senso recensire i suoi film, ormai studiati e vivisezionati da legioni di esperti, appassionati e scuole di cinema. Difficile, insomma, dire qualcosa di nuovo... per questo il sottoscritto e altri blogger amici (vedi in calce al post) abbiamo deciso di omaggiarlo a modo nostro, raccontando i suoi film attraverso ricordi, riflessioni, considerazioni personali. A partire dalla sua ultima opera, Storia immortale, che ne è un po' il suo film-testamento. E come immortale è sempre lui, il grande Orson!
STORIA IMMORTALE
(Une histoire immortelle)
di Orson Welles (Francia, 1968)
con Orson Welles, Jean Moreau, NormaEshley, Roger Coggio
durata: 58 minuti
"Quando si desidera una cosa al punto tale da non poterne fare a meno, se non la si ottiene è tremendo. Ma quando la si ottiene, è ancora più tremendo". Storia immortale si conclude così, e con essa la carriera di Orson Welles (che non girerà più altri film completi). Per questo può dirsi il vero testamento artistico del grande Orson, in pratica la summa del suo pensiero e del suo modo di essere: queste parole racchiudono infatti l'ambizione smisurata di un genio, la sua megalomania, la sua folle presunzione di trasformare la finzione in realtà, il desiderio opprimente e irrefrenabile di avere il controllo su tutto, vite degli altri comprese, e di conseguenza l'inevitabile sconfitta (causata, ovviamente, dall'impossibilità di raggiungere obiettivi di tale portata, impossibili per chiunque).
Storia immortale dura appena 58 minuti: in origine doveva essere un episodio-pilota di una serie di racconti trasposti per la televisione francese della scrittrice Karen Blixen (progetto poi abbandonato), ma la brevità non impedisce al film di essere una delle opere migliori di Welles, nonostante ancora oggi sia quasi sconosciuta ai più. La trama rispecchia fedelmente quella del racconto: nella Macao di fine ottocento un ricco e avido mercante d'arte di nome Clay (interpretato dallo stesso Welles), per dimostrare che il denaro e il potere permettono qualsiasi cosa, decide di far diventare realtà una vecchia leggenda che circola a bordo delle navi mercantili e che si dice mai accaduta: quella che vede protagonista un giovane marinaio cui un ricco signore offre una folle cifra di denaro per trascorrere la notte con una donna bellissima, allo scopo di concepire un figlio... i personaggi non sono certo scelti a caso: la parte del magnate è interpretata ovviamente da Clay, quella della ragazza dalla giovane Virginie (Jeanne Moreau), figlia di un ex-socio in affari di Clay morto suicida per non essere riuscito ad onorare un debito proprio verso di lui, mentre per il ruolo del marinaio viene reclutato un ragazzo di nome Paul, un giovane mozzo bisognoso di denaro per comprarsi una nuova imbarcazione.
All'inizio tutto sembra svolgersi secondo i piani di Clay: il marinaio accetta i soldi (che gli servono come il pane) ed è pronto al fugace amplesso con Virginie. Ma non ha fatto i conti con la sete di vendetta della ragazza nei confronti dell'assassino del padre e, soprattutto, con la forza dell'amore puro: durante la notte infatti Paul s'invaghisce follemente di Virginie e le giura fedeltà eterna, pronto a restituire il denaro e a non raccontare a nessuno di cosa è accaduto davvero in camera da letto, contribuendo così a far vivere la leggenda... a questo punto Clay, vistosi inaspettatamente sconfitto e incapace di capire i sentimenti dei due ragazzi, si accascia a terra e muore.
E' perfino ovvio spiegare che il personaggio di Clay è l'alter-ego di Welles (che non a caso lo interpreta), rappresentante le ossessioni tipiche del regista e l'immensa solitudine che lo accompagna, direttamente proporzionale alle disponibilità economiche e l'arroganza tipica dei potenti, che però non necessariamente garantiscono la felicità, anzi: Clay non è che l'equivalente di Charles Foster Kane, Hans Quinlan o Mr. Arkadin, uomini incredibilmente ricchi e infelici, affascinanti eppure drammaticamente repressi nei sentimenti, incapaci di sentirsi appagati e sempre bisognosi di affetto e considerazione. Il dio denaro infatti non riesce a colmare questo vuoto di affetti, nè tantomeno può modificarne la realtà a nostro piacimento: ci sono cose che non si possono comprare, e verso le quali ogni pretesa di ottenerle è destinata miseramente a fallire.
Il film è perfetto, essenziale, poetico, racconta una storia assoluta e senza tempo. Per tutta la durata è accompagnato da una musica di pianoforte soave e malinconica, che ti fa immergere fin da subito in una dimensione parallela, tutta da assaporare. Come ho detto in precedenza non è una delle opere più note di Welles ma è senz'altro la sua più personale e sentita, e anche terribilmente profetica: il grande cineasta morirà infatti solo e avvilito, ormai sfatto nel fisico e nella mente, tradito da un cuore ormai troppo appesantito da anni di frustrazioni professionali e personali. Noi preferiamo ricordarlo così, con il suo ultimo film, ennesima dimostrazione di passione e genialità.
Hanno omaggiato il grande Orson anche:
Director's Cult, che ci parla di QUARTO POTERE
Pensieri Cannibali, che ci parla de L'INFERNALE QUINLAN
White Russian, anche lui su L'INFERNALE QUINLAN
Il Bollalmanacco di Cinema, che ci parla di MACBETH
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