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Tra memoria e immaginazione...
...il terzo libro di Anna Maria Ortese, scrittrice e giornalista, pubblicato nel 1953, Il mare non bagna Napoli, per la collana “I gettoni” di Einaudi, diretta da Elio Vittorini. Premiato, quello stesso anno, con il Premio Viareggio ex aequo con Novelle del ducato in fiamme di Carlo Emilio Gadda, il libro, di buon successo, è una acuta analisi degli ambienti meridionali, in particolare napoletani , senza però lasciare nulla al folclore convenzionale. Di lucida interpretazione e di appassionata polemica i tratti che si ritrovano non solo nel libro, ma anche nel suo lavoro di giornalista quale corrispondente dell’Europeo. Alcuni critici letterari nonché scrittori come Erri De Luca, su Il Corriere della sera, hanno stigmatizzato in parte la raccolta di racconti della Ortese:
" Cara Ortese, questa non e' Napoli...Ahi, signora, non e' questo il suo modo di muoversi tra le corsie d' emergenza dell' umanita' . Introdursi nella miseria altrui con pretesa di visita, senza compassione, e' violazione d' intimita' e di domicilio. E' il ' 53, dieci anni sono passati dall' ultimo dei cento bombardamenti su Napoli e le macerie sono tutte al loro posto. Gli sfollati e i senza casa sono ancora accatastati al buio, nella citta' famosa per "' o sole". Era il paese dei danni perpetui, di guerra o d' altro cataclisma, conservati intatti come cimeli d' arte..."
Il libro si compone di cinque racconti che hanno come tema la miseria e la desolazione di una Napoli del dopoguerra destinata alla rovina e disperazione. L'autrice segue un indirizzo che testimonia la degradazione di un sistema sociale che distrugge la vita delle classi popolari napoletane.
"Perché questa non è una casa, signora, vedete, questo è un luogo di afflitti. Dove passate, i muri si lamentano".(Ortese, p.80)Anna Maria Ortese nacque a Roma il 13 giugno 1914 e scomparve a Rapallo nel 1998. Visse a Napoli dal 1928 al 1937 e dal 1940 al 1944 e si diceva napoletana di adozione: " Sebbene nata a Roma, la Ortese dissemina la propria opera di dichiarazioni d’amore per Napoli,sentita tutto sommato come patria adottiva,(...)". ° (Cfr. FARNETTI, Monica. Anna Maria Ortese. Milano: Mondadori, 1998, p. 98). Ha partecipato intensamente alla vita della città e ha integrato il gruppo di intellettuali con il quale ha lavorato nella rivista Sud, una pubblicazione quindicinale di letteratura e arte, degli anni 1945/1947, la quale ha avuto un importante ruolo per il progetto di rinnovamento culturale che si voleva all’epoca. Anna Maria Ortese ha rappresentato un'intellettuale in lotta contro i problemi affrontati dalla città per riscattare l’importanza del Sud d’Italia.
Ma la particolarità della narrativa della Ortese si basa sulla sua necessità di verità e di sincerità oltre a quella di trovare un luogo fisico in cui “osservare”. E in Il mare non bagna Napoli il luogo fisico da osservare è Napoli. Il senso di verità e di sincerità, tipico della sua attività giornalistica, viene però accettato dalla letteratura in un modo del tutto personale: per la scrittrice “osservare” non significa sempre descrivere ma usare sensibilità e carità umana. Perciò le sue pagine tipicamente di stampo giornalistico diventano letterarie acquistando valore di verità poetica.
Dopo aver esordito, alla fine degli anni Trenta, con il volume di racconti Angelici dolori (scoperto e fatto pubblicare da Bontempelli), il silenzio letterario di Anna Maria Ortese durò dieci anni ossia fino alla pubblicazione dei due volumi degli anni Cinquanta. E Vittorini nel 1953 nel risvolto del libro della Ortese: ”Sulla strada che si aprì con quel libro essa ha vagato per dieci anni come una sonnambula. E’ stata una zingara assorta in un sogno. Ma ora si è svegliata, si è fermata, è Napoli di tutta la sua vita ch’essa si vede intorno, presenza e memoria insieme, e riflessione, pietà, trasporto, sdegno”.
"Il mare non bagna Napoli" descrive in cinque racconti una Napoli da girone dantesco, infernale e derelitta, animalesca e primordiale, indifferente e morente. I primi quattro "Un paio di occhiali"
"Interno familiare" "L'oro a Forcella" e "La città involontaria", sono di una surreale crudezza, in una Napoli così vissuta dall'autrice: "Una miseria senza forma, silenziosa come un ragno, disfaceva e rinnovava a modo suo quei miseri tessuti, invischiando sempre più gli strati minimi della plebe, che qui è regina".
E il racconto autobiografico conclusivo "Il sonno della ragione" è un attacco frontale ai suoi giovani amici, gli scrittori napoletani, un'accusa spietata di vacuo intellettualismo piccolo borghese, con tanto di nomi e cognomi. I suoi fratelli indignati la ripudiarono, e lei li amò fino alla morte. Il mare non bagna Napoli è un’immagine articolata e multiforme della città popolare, una specie di viaggio sociale il cui apice è proprio Il silenzio della ragione: dai sottoproletari emarginati dell’ex caserma dei Granili ai piccoli borghesi del Gruppo Sud. Nei cinque capitoli si passa dalla finzione alla realtà, dalla letteratura al giornalismo, dall’astratto al concreto, e tutto contribuisce ad alimentare il genere ibrido della raccolta che la critica, nel corso degli anni, non è mai riuscita ad inquadrare in un unico genere.
Scrive Raffaele La Capria "comunque pochi scrittori - questo è sicuro - hanno saputo raccontare Napoli come la Ortese. Il suo è uno sguardo da visionaria che la porta al di là del realismo apparente"
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