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Orvieto: La cultura fa turismo. La cultura deve fare impresa

Creato il 25 febbraio 2013 da Coralriff @coralriff

25 febbraio 2013

di Gianluca Foresi 

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Più di venti anni fa in un incontro fra operatori turistici e culturali orvietani, che già all’epoca si interrogavano sulla crisi ante litteram, affermai: “Il bene, ma allo stesso tempo la rovina, della nostra città può considerarsi il Duomo.” Il bene è sotto gli occhi di tutti: grazie a questo importante monumento della cristianità si è creato un indotto legato al turismo di enormi proporzioni, che ha permesso alla città di crescere, svilupparsi e mantenersi. Allo stesso tempo, e qui passiamo all’aspetto negativo, la presenza della cattedrale ha fatto sì che tutti quanti noi ci adagiassimo sull’idea che questa gallina dalle uova d’oro ci avrebbe fatto vivere di rendita. Negli ultimi trent’anni abbiamo assistito ad un netto cambiamento nell’approccio all’opera d’arte : mentre in passato  forte era il desiderio di rapportarsi in modo non mediato, e quindi fisico con il monumento, oggigiorno invece, in una società in cui le immagini corrono più veloci della vita e del pensiero, l’emozione è già stata sperimentato in modo asettico attraverso la tecnologia. Il “primo” incontro con l’opera d’arte è stato già esperito da un’altra parte, in un altro luogo.  Questo è vero sia a livello nazionale, sia per una realtà locale come la nostra: Orvieto, seppur considerata un piccolo gioiello dell’arte, è calata in una dimensione minore rispetto a città come Roma, Firenze o Venezia, con le quali non può competere in termini di offerta. La stessa Assisi, per citare un esempio più simile a noi, è riuscita a creare attorno alla figura di S. Francesco e al suo santuario un indotto turistico di enorme livello. Ormai è obbligatorio pensare a nuove dinamiche per poter attrarre il visitatore e aggredire il mercato del turismo culturale. C’è bisogno di effettuare un operazione radicale, che può apparire aberrante parlando di arte e cultura, ovvero creare nel turista l’induzione al consumo. Da soli i monumenti non bastano più: bisogna vendere anche qualche cosa di diverso, usando anche modalità pubblicitarie più o meno subliminali. Come scientificamente analizzato da Vance Packard ne “I persuasori occulti”: sono all’opera forze, che convogliano le nostre abitudini inconsce, le nostre preferenze di consumatori, i nostri meccanismi mentali, ricorrendo a metodi presi in prestito dalla psichiatria e dalle scienze sociali.

Segue su: http://orvietosi.it/2013/02/la-cultura-fa-turismo-la-cultura-deve-fare-impresa/


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