Le tradizioni sono destinate a ripetersi, altrimenti che razza di tradizioni sarebbero?L’anno scorso avevo preparato un mixone di sprazzi di recensioni dedicate ai film candidati al titolo di miglior pellicola dell’anno agli Oscar, e quest’anno la rassegna stampa, anzi la rassegna bloggara si ripete.Vediamo quindi i 9 film che domenica sera si contenderanno la più prestigiosa e ambita delle statuette dorate, attraverso le parole non solo mie, ma anche di quelle dei miei colleghi bloggers.Alcuni meno competenti (mi riferisco a Mr. Ford), altri più comptenti (mi riferisco a tutti gli altri).Diverse recensioni sono prese da blog che seguo regolarmente, mentre alcune sono state scovate grazie a Google con la semplice ricerca “titolo film + blogspot”, quindi se non trovate la vostra metto le mani avanti e dico che è più colpa di Google che non mia.Coloro che non sono stati inclusi comunque sono liberi di farmelo notare, volendo anche insultandomi, tra i commenti.E ora, in ordine rigorosamente alfabetico, i miglior film dell’anno. Almeno secondo l’Academy Award. Certo non per me che film come Drive, Melancholia, Take Shelter e 50/50 non li avrei mai dimenticati.Domenica spazio poi per i miei pronostici e le mie preferenze in tutte le varie categorie degli Oscar, ma ora la parola a voi (e un po’ pure a me)…
Hugo Cabret
“Hugo Cabret più che un film è un viaggio: inforchi i tuoi occhialoni 3D, sali a bordo e ti perdi per più di due ore tra ingranaggi, nascondigli, personaggi da stazione ferroviaria, vedute mozzafiato di Parigi, pile di libri, film di Meliès, ricordi degli albori del cinema e tanto altro, il tutto con ritmi ora forsennati ora delicati. […]Un film per cinefili nel senso più stretto ed etimologico del termine.”
Margherita Ciacera, Nulla di preciso
“Nonostante possa apparire a prima vista un semplice film per bambini, basta guardare i primi minuti della pellicola per capire che ci troviamo invece di fronte a qualcosa di totalmente diverso: un vero e proprio tributo al favoloso mondo onirico di Méliès e agli indimenticabili anni Trenta, in cui presente e passato s’intrecciano per dar vita a un universo fantastico, non più così inavvicinabile ma vicino e vivo più che mai. […] Immersi nel mondo incantato del piccolo Cabret, ci ritroviamo a rincorrere inconsapevolmente il tempo perduto e l’innocenza che avevamo da bambini, per rispolverare l’amore per le piccole cose e riscoprirci così, ancora capaci di sognare. Nonostante tutto.”
Stargirl, Giovane carina e disoccupata
“Il 3D diventa un'occasione per raccontare il cinema a noi, pubblico del secolo XXI, per farci rivivere quelle emozioni di paura e stupore che dovevano aver provato gli spettatori di quel primo film dei fratelli Lumière, in cui si vedeva semplicemente un treno che marciava.”
Antonella, Ho voglia di cinema
"Hugo Cabret" non è certo un film perfetto, ma è un bel regalo che ci fa un grande regista, un dono da guardare non tanto con gli occhi della ragione, quanto con quelli del cuore, come se fosse "l'isola che non c'è, l'isola del tesoro ed il mago di Oz messi insieme".
Newmoon35, Sono una donna non solo una mamma
“Più che una delusione, un disastro che lascia a bocca aperta per quanto non riuscito in tutte le sue parti. Se poi si considerano le 11 candidature all’Oscar, allora si può rimanere a bocca aperta anche per tutto l’anno!”
Perso Giàdisuo, Perso nel mondo del cinema
“Il film meno Scorsese di sempre, probabilmente uno dei più rivoluzionari della sua carriera, nella quale si reinventa e si reincarna la meraviglia stessa del cinema: l'illusione.”
Lorant, Life Functions Terminated
Cosa manca al film di Scorsese? L’ILLUSIONE. Cos’altro manca? LA MAGIA. Cosa si è dimenticato di inserire? IL TRUCCO. E poi? L’INVISIBILE AGLI OCCHI. Ma il peccato principale del film è un altro. Ha fallito di raccontare per davvero uno dei più grandi geni nella storia del cinema, la cui storia ci viene sì presentata con diligenza, ma senza riuscire a ricreare in pieno il misterioso fascino che opere come Les Voyage dans la Lune sprigionavano.
Cannibal Kid, Pensieri Cannibali (dalla mia recensione in arrivo dal futuro)
“E' davvero possibile che il narratore della violenza selvaggia della strada di Mean streets o Quei bravi ragazzi e di quella elegante ma non meno estrema dei salotti de L'età dell'innocenza si sia piegato ad una storia che pare una versione disneyana delle fiabe di Charles Dickens?”
Mr. James Ford, WhiteRussian
L'arte di vincere - Moneyball
“Moneyball è la storia di una sconfitta che profuma di vittoria, ma che sempre sconfitta rimane. Nel mondo di oggi non c'è posto nemmeno per i 'perdenti di successo', e non è un caso che il regista si affidi proprio al baseball, lo sport 'americano' per eccellenza, per dimostrarci che il Sogno Americano è definitivamente tramontato, e che non esistono più gli 'eroi romantici'. Nemmeno nello sport, che pure sarebbe la disciplina più adatta a tale scopo.”
Kelvin, Solaris
“Icaro contemporaneo per la voglia di infinito racchiusa nel sogno di invertire le sorti di una sconfitta annunciata, Billie è il capitano di una nave alla caccia della balena bianca, con il mitico cetaceo sostituito dall'altrettanto leggendario titolo delle world series che nel mondo del baseball rappresenta il successo più alto a cui si possa aspirare.”
Nick of Time, I Cinemaniaci
“Ora, non stiamo parlando di un derelitto, ma di un uomo che dallo Zio Sam è riuscito a succhiare tutto quello che poteva, che vive ai margini, sì, ma di un sistema ricco e fruttuoso. Non uno che non ha niente da perdere, quindi, ma il contrario: per questo la sua storia assume più valore e più forza. Beane è fuori posto in un ambiente come quello in cui lavora e per questo tenta di cambiarlo dall'interno, come dire: se non puoi vincere con le regole che ti danno, prova a giocare con le tue. Il gioco del baseball diventa quindi solo un pretesto e ce lo dimostra il fatto che la partita della vita venga poco più che accennata. La sfida vera non è sul campo ma fuori, il gioco è solo la metafora di un sistema arcaico con regole inscritte nella pietra, che non deve essere cambiato pena la gogna mediatica.”
Frank, Combinazione casuale
“Il Billy Beane della realtà non è proprio simile all’attore, quindi affidando la sua parte a Brad Pitt sono stati paaarecchio generosi e fantasiosi. Un po’ come se in un ipotetico film su Calciopoli la parte di Galliani fosse data a Vin Diesel e quella di Luciano Moggi a Michael Fassbender, che tra l’altro il ghigno da bastardo ce l’ha tutto…”
Cannibal Kid, Pensieri Cannibali
“Attenzione, perchè questi pionieri sono a tutti gli effetti dei Goonies, outsiders a loro modo romantici quasi fuori tempo massimo, e dal reinventatosi prima base Hatteberg al veterano Justice - senza dimenticare lo stesso Beane - non sono certo destinati alle copertine, quanto più a divenire simboli di una rivoluzione che altri e soltanto altri - i grandi nomi, i predestinati ed i fuoriclasse - riusciranno a portare a compimento.”
Mr. James Ford, WhiteRussian
“A leggere la trama sembrerebbe la classica stronzata sul baseball, ma non è così, non è il tipico film americano sullo sport in cui tutto si decide negli ultimi secondi della giocata finale, non è un film sullo sport anche se è un ottimo espediente. E' un film sulla fiducia, credere nelle proprie idee fino in fondo pur rischiando grosso, avere contro tutti sapere di aver ragione e andare avanti senza mai arrendersi, nonostante tutto.”
Lorant, Life Functions Terminated
Midnight in Paris
“Trama: Trame? Dove stiamo andando non c'è bisogno di... trame.”
CeB, Chicken Broccoli
“Hemingway lo ricorda a Gil: se sei davvero innamorato, nel momento in cui stai facendo l'amore ti parrà di non avere neppure paura della morte.
Con Midnight in Paris, sia un momento o una seconda giovinezza, ho come l'impressione che la stessa cosa sia accaduta al suo regista ormai non proprio più di primo pelo.”
Mr. James Ford, WhiteRussian
“La più grande colpa che il presente non potrà mai espiare è solo quella di essere la nostra unica possibilità e basta poco per scoprire che quel romantico passato, diverso e perfetto per ognuno, forse non era così straordinario per coloro che lo hanno vissuto; forse, fra una Zelda Fitzgerald schizofrenica e prossima al suicidio, un Picasso violento e volubile e il problema non indifferente dell'assenza di antibiotici e novocaina, scopriremo che il Terzo Millennio non è poi così male e che sta a noi, complice la città dei nostri sogni e un' anima gemella che ami camminare sotto la pioggia, lavorare affinchè smetta di essere noioso e insopportabile.”
Alessia Carmicino, First Impressions
“In perfetto stile Allen il protagonista è una persona che vive una vita che non vuole, che guarda al passato, pieno di insicurezze e complessi, alla ricerca del proprio Io, anche se ci sono meno nevrosi di altri suoi personaggi.”
Dino Romans, Cinepolis
“Il film è un tuffo magico in un’epoca magica, non solo un film su Parigi ma anche e soprattutto una riflessione sulla nostalgia e il culto del passato, sull’idea che il meglio sia venuto sempre prima di noi. Io ad esempio avrei voluto vivere da adolescente il periodo d’oro del grunge e dei Nirvana, invece sono arrivato con qualche anno di ritardo. Anche se pure la Parigi degli anni ’20 non mi sarebbe spiaciuta.”
Cannibal Kid, Pensieri Cannibali
"Un ragazzo che faceva teatro con me e che ripeteva ogni 5 minuti che il suo pene era a forma di rubinetto, non ho mai controllato quindi non posso confermarvi questa leggenda urbana, disse un giorno una cosa quasi stimolante "un regista può far diventare cane o bravo un attore" dopo aver visto questo film mi sono decisa a credere in questa frase e non perchè Allen sappia il misterioso segreto della comunicazione tra attore e regista ma perchè ha scelto un personaggio nell'attitudine naturale di Wilson, che l'eroe non lo sa proprio fare."
Barbie Xanax, I Hate Barbie Xanax
“Allen firma un film ottimista tramite una lettera d’amore per una Parigi mai così da cartolina eppure tutt’altro che irritante o banale, perché Parigi è una cartolina, un posto magico in cui tutto può succedere.“
Perso Giàdisuo, Perso nel mondo del cinema
Allen, questa c'est la Paris dei tuoi sogni!
Una cosa così non esiste.
Tranne per una come Amélie Poulain.
Barbara Jurado, Cipolla Pensierosa
“Barcellona, Londra, Parigi, nessuna di queste città è Manhattan; non le conosce, non può delinearne l'anima, quando infatti le descrive non pulsano come pulsava Manhattan. Restituisce cartoline, belle da vedere ma poco credibili, immobili.”
Elio, Ho un dolcetto, entra.
Film magico è la definizione giusta per questo Midnight in Paris! Quale è stata la magia? Semplice, non far cantare Carla Bruni!!! **trollface**
Sailor Fede, Componente instabile
Molto forte, incredibilmente vicino
Questo film non è ancora uscito in Italia (è previsto in arrivo nelle nostre sale solo il 13 aprile), quindi ho pescato un paio di recensioni in English.
“Extremely Loud And Incredibly Close” is paced like a funeral, which sounds like an insult, but its actually a testament to the tastefulness of Mr. Daldry. […] While Daldry flirts with darkness, the end result is bloodless, drained of all insight beyond the boy’s own coming-to-terms. Though the grace notes are plenty, and, in a late scene with Wright’s character, a sympathetic suit who registers humanity through see-through doors, the cumulative emotional impact is overwhelming. The human tragedy is that we can’t solve each others’ puzzles.
Gabe Toro, The Playlist
“Here's a tale that compacts the grief of an entire world, country, city, and thousands of loved ones left behind into the pain of one vulnerable, fictional boy. The gunk is not, in itself, the movie's fault. Those narrative curlicues are embedded in Jonathan Safran Foer's 2005 novel of the same name. (There, a reader can find a photo of palms marked YES and NO.) Indeed, the cinematic translation provided by Stephen Daldry (a pro at directing boys after Billy Elliot) is about as 9/11-respectful and eager to please as one can want with such a sugared premise. It will never get any easier, nor should it, to see images of the towers
in flames, or of human beings falling to their deaths; at least Daldry is prudent in his use of sacred footage.”
Lisa Schwarzbaum, Entertainment Weekly
Paradiso amaro
Giorgio Clunei, ma tu, ma COME DIAMINE HAI FATTO A STARE più di un anno con Eli Cagnalis (©C&B)?! No, davvero. Ma io non mi capacito, mi fa male la psiche a pensarci ancora. Perché io posso capire che ti incontri in un locale bum fai bagordi tutta la notte e poi le chiami un taxi. Eeee, figurati, la Manovra Jersey Shore, quante volte...
Ma "stare insieme", condividere, anche solo "intavolare un discorso", per non parlare di portarla agli Oscar, cenare con gli amici (quando i tuoi amici sono tipo i fratelli Coen). Ecco, non mi capacito. Devo pensare che l'immagine di te che mi trasmettono i tuoi film, le tue scelte, la tua carriera, è tutta un gran trucco da prestigiatore?
CeB, Chicken Broccoli
“Finisce Paradiso Amaro e la prima cosa che penso è "troppe dissolvenze". Non posso farci nulla, da qualche tempo non sopporto più le dissolvenze tra una scena e l'altra.”
Pio, Triccotraccofobia
"George Clooney come abitante hawaiiano non è che sia proprio il massimo della credibilità. È più a suo agio a una serata di gala con un Martini in una mano e una Elisatetta nell’altra, mentre a stare in calzoni e inguardabili camicione colorate alle Hawaii non mi sembra si possa considerare nel suo habitat naturale."
Cannibal Kid, Pensieri Cannibali
“La continua ricerca del buffo, del tenero o dello straniante potrebbe essere ostico e portare insoddisfazione nella visione se questo non viene accettato. Merito della sua riuscita, e quindi dell'accettazione di questi mezzi di facile emotività, sono in gran parte da attribuire agli attori e all'insolito paesaggio hawaiano (nella concezione di città e non di mera meta turistisca).”
Frank Manila, Il cinema spiccio
“Alexander Payne riesce a raccontare con delicatezza e bravura un dramma familiare, insistendo sul rapporto fra un padre e le proprie figlie e fra un uomo ed il passato della propria famiglia indissolubilmente legata alla terra natia, quelle isole Hawaii che diventano protagoniste al pari di Matt King, interpretato da un ottimo George Clooney.”
Fabrizio Reale, Laboratorio di cinema
The Artist
"Al mondo solo i francesi potevano avere abbastanza faccia tosta per fare un film muto nel 2011. E spiace ammetterlo, probabilmente solo i francesi potevano avere abbastanza savoir faire da riuscire a farne un mezzo capolavoro."
Palbi
“Anche nel 2011 si può fare un film muto e in bianco/nero in grado di deliziare lo spettatore. E ricordandoci cos’era il cinema senza senza 3D, senza effetti speciali, senza rumori e addirittura senza dialoghi. Uno spettacolo soltanto per gli occhi.”
Perso Giàdisuo, Perso nel mondo del cinema
“Per quanto "muto" possa essere, lo straordinario lavoro di Michel Hazanavicius è un inno all'importanza della parola, detta o non detta che sia, un passaggio, un viaggio che porta a scoprire il valore del silenzio, del Cinema, dello stupore e, per l'appunto, di quel suono che troppo spesso e volentieri diamo per scontato, o finiamo per detestare e rifuggire quando riteniamo di averne avuto abbastanza.”
Mr. James Ford, WhiteRussian
“The Artist, con la sua semplicità, dimostra, nel caso qualcuno non l'abbia ancora capito, che non bastano effetti speciali a palate per rendere bello un film (capito Michela Bay?), ma in questo caso un revival funge da diario di come si faceva cinema una volta e come lo si faceva bene! Un film che incanta, un omaggio al cinema nella sua totalità. Soprattutto una presa di coscienza sul passato e sul futuro.”
Lorant, Life Functions Terminated
“Se qualcuno ha ancora dubbi fra cosa distingue Arte e Tecnologia, perlomeno quando la seconda non sfocia nella prima manifestazione umana citata, questo film aiuta a risolverli. L'Arte ha una bellezza eterna, anche quando legata alla tecnologia, restando sempre attuale e non semplicemente per curiosità sulla sua evoluzione. La tecnologia, il più delle volte, una volta superata è destinata alla discarica.”
Robydick, Le recensioni di Robydick, Napoleone, Belushi, Keoma
“The artist è un gran bel giocattolino che ha il pregio di conquistare anche quelli che piuttosto che vedere un film muto in bianco e nero si farebbero tagliare le palle.”
Dantès, Montecristo
“Il messaggio del film è che, una volta che il cinema si è evoluto verso il sonoro, i film muti sono diventati assolutamente inutili e per certi versi indesiderabili. Lo stesso protagonista è deriso da tutti perché non vuole abbandonare il cinema muto.
E allora, a questo punto la domanda è: perché? Alla luce di ciò che si è detto, che cazzo di bisogno c’era di girare un film muto di un’ora e quaranta nel duemilaundici?”
Claudio Delicato, Ciclofrenia
“Rispolverando il cinema muto e la passione per i vecchi classici, The Artist dimostra come a contare davvero in un film sia la forza delle immagini: se l'immagine ha qualcosa da dire, e soprattutto da raccontare, anche un cane può diventare un attore drammatico.”
Valentina Ariete, Eyes Wide Ciak
“Hazanavicius, dirige un film fatto di emozioni, di malinconia, di sconfitta e di coraggio, ce ne fossero tanti film come questo al cinema, infatti è un opera ispirata, semplice, che fa conocere allo spettatore odierno, pippato di film fracassoni, il valore del nostro passato, quello fatto di cose semplici come l'amore, e la fiducia in se stessi, non sono molti i film così e lo devo dire, è un piccolo ma grande capolavoro.”
Arwen Lynch, La fabrica dei sogni
The Help
Il grande pregio del film è quello di raccontare non il razzismo più violento e immediatamente visibile, come quello del Ku Klux Klan, ma quello più sottile e strisciante. Il razzismo di quelli che dicono: “Sì, ma io non sono razzista.”
Cannibal Kid, Pensieri Cannibali
“The Help è quello che fu Il colore viola negli Anni80 ma con molta meno "negritudine" gospel facilona servita su un piatto d'argento per gli animisempliciottiegiùlacrimoni: un film con donne di colore che, nonostante una vita vessata dall'uomo (in questo caso altre donne) bianco e dalla sua ignoranza e dal suo razzismo, trovano il coraggio e la forza di alzare la testa e dire basta.”
CeB, Chicken Broccoli
“La formula messa in atto da Taylor funziona alla grande, c'è da dargliene atto: si ride (talvolta amaramente), ci si commuove, ci si indigna, si prova rabbia e poi si ride di nuovo e così a giro.”
Frank Manila, Il cinema spiccio
“Nonostante non rinunci nemmeno a una goccia della dose di retorica e ruffianeria tipica del genere, the help riesce però a fare la differenza grazie a uno dei cast corali più incredibili degli ultimi anni: senza timore di prendere sulle spalle il peso dell'intera pellicola, un sodalizio di attrici straordinarie trasforma la visione in un'esperienza di devastante impatto emotivo.”
Alessia Carmicino, First Impressions
"Ho pianto.
Per circa tutta la durata del film.
Lo so. Sono scontata e con un'emotività facilmente pilotabile.
Ma che ci devo fare?
Sono donna, e pure Bionda.
E poi c'è Lei: Jessica Chastain che interpreta Celia: platinata, popputa e di rosa vestita sposa novella.
Tutta quella "bionditudine" mi commuove sempre."
Enrica Mannari, I Hate Pink
The Tree of Life
“Aveva ragione il Morandini, su The tree of life:
MADONNA MIA, CHE TRAPANATURA DI CAZZO ALLUCINANTE, PER LA PUTTANA.
O qualcosa del genere.”
Claudio Delicato, Ciclofrenia
“È quasi come se Aronofsky, rinato con The wrestler e Black swan, avesse passato tutta la sua aronofskite passata - detta anche volgarmente pippaggine intellettualoide - al povero Terrence, travolto dalle sue consuete - splendide - carrellate di immagini e da una lezione pseudo mistica che sconfina nel terribilmente kitsch in più di un'occasione, in bilico tra il National Geographic e i Cristiani Redenti.”
Mr. James Ford, WhiteRussian
“Il vero interrogativo è perchè moriamo? Perchè viviamo?
Malick certamente (o almeno credo) non è Dio (nel caso poi esistesse davvero), e quindi una risposta non riesce a darcela.”
Affari Nostri
“Non esiste una “trama”, perché la vita vera non ne ha una. Siamo abituati a vedere film che riportano ogni singolo dialogo, come se gli eventi ci scorressero davanti in quel preciso momento, ma se ci pensate bene quando noi proviamo a ripensare alla nostra vita, non ricordiamo ogni singolo istante o ogni singolo dialogo, ma sprazzi di immagini, di parole, di suoni, di sensazioni che sono importanti per noi, non per gli altri.”
Babol, Il bollalmanacco di cinema
“È evidentemente un film per pochi, The Tree of Life: per quei pochi che amano andare al cinema per pensare, riflettere su se stessi e sul mondo che li circonda.”
Luca Ottocento, Cinemagnolie
“Un film non facile, complesso, che costruisce un modo nuovo di fare cinema, unendo la forza della musica e delle immagini alla delicatezza della poesia, che narra una storia per ellissi, sconvolgendo i rapporti temporali, architettato come una sinfonia: una vera esperienza polisensoriale, in grado, se si è pronti ad abbandonarsi ad essa, di creare la sensazione di vivere nel respiro del film.”
Valentina Ariete, Eyes Wide Ciak
“Sephiroth
Intrico
Dissolvenza
Tempo liquido
Senza vento
Stellare
Spazio alto
Oscuro, caldo
Dimora di Luce
Segno Divino
Una Voce”
Emmegi, Mulo, setaccio e piccone
“La visione di The Tree of Life è qualcosa di paragonabile alla prima volta che hai ascoltato i Sigur Ros.
Alla prima volta che hai toccato il cuore di una persona.
Alla prima volta che ti sei reso conto che non vivrai per sempre.
Alla prima volta che ti sei sentito più veloce della luce.
The Tree of Life non si limita a rappresentare.
The Tree of Life supera i limiti, va oltre il cinema.
Prende la vita.
La trasforma.
E crea qualcosa di nuovo.
Di eterno.
Oltre la vita.
Live is life NA NA NA NA NA”
Cannibal Kid, Pensieri Cannibali
“Bello.”
CeB, Chicken Broccoli
War Horse
“War Horse è l’apoteosi del cinema classico spielberghiano. Una lezione di stile immensa. Un film volutamente, scandalosamente inattuale. E pertanto modernissimo.”
Giona A. Nazzaro, Filmcritica Rivista
Per quanto riguarda le emozioni è bastato inserire quel magico rapporto reale che si instaura tra quegli splendidi animali e l'essere umano. Quest'ultima figura viene incarnata dai proprietari occasionali che nel corso della vicenda cambiano sequenzialmente. Un passaggio di testimone - il cavallo, quindi materia animata - involontario, mostrato per assurdo negli scorci di filmato in cui avviene. Per molti aspetti viene in mente un grande romanzo dello scrittore Jack London, che dal vincolo lupo-uomo riusciva ad estrapolare più valori che da qualsiasi altra cosa, un libro chiamato Zanna Bianca. […] La grande capacità di Steven Spielberg è quella di fare commuovere semplicemente con un cavallo che ara il terreno.
Vincent, Aloha los pescadores
“War Horse è una favola epica assai elegante nella forma, fieramente anacronistica e nostalgica, che privilegiando il punto di vista di un cavallo sugli accadimenti bellici ci mostra con forza, mediante un’operazione che in parte ha certamente un effetto straniante, l’assurdità e l’atrocità della guerra voluta dagli uomini.”
Luca Ottocento, Cinemagnolie
“Pur nel contesto bellico di uno dei più drammatici spartiacque della storia dell’umanità, quella tra Albert e il cavallo Joey è di fatto una storia d’amore. Un amore travolgente e a prima vista, capace di volare sulle ceneri della fine del mondo saltando di trincea in trincea, di perdersi e ritrovarsi sfidando il caso con la potenza magica del sogno e, perché no, della speranza.”
Kekkox, Memorie di un giovane cinefilo
“Quando Spilbi si avvicina a tematiche di guerra e sentimenti, lo sappiamo bene, non si scappa: ci saranno TUTTE quelle scene che conosciamo benissimo, costruite col cesello per farci divertire/piangere/sognare/emozionare, che le abbiamo viste i milioni anzi i miliardi di volte. Ma che a lui perdoniamo sempre perché, che diamine, LUI È SPILBI! E tutti gli altri no. Sono cosa sua, le ha inventate lui... o se non inventate le ha talmente fatte sue che è come se le avesse inventate. Stateci.
CeB, Chicken Broccoli
“Il limite massimo dell’inverosimile e del patetico si tocca nel momento in cui un soldato inglese e uno tedesco depongono le armi e uniscono le forze per salvare il povero piccolo mini Pony rimasto intrappolato in un filo spinato. Sì va bene, e magari si sono presi pure una tazza di tè Earl Grey e hanno giocato alle bambole insieme. Spielberg, altroché Incontri ravvicinati del terzo tipo e Minority Report: il film più fantascientifico della tua intera carriera è questo!”
Magazine Cinema
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