Oscar 2014, l'Italia, Sorrentino e Il Grande Montamento di Testa

Creato il 03 marzo 2014 da Stupefatti

Paolo Sorrentino non è un intellettuale, è un artista, o meglio: un artista visivo. Ha intuizioni lampanti, visioni esplicative, è icastico e parabolico in senso biblico, però non ha la capacità di spiegare, elaborare, sviluppare, avere voce in capitolo in un dibattito razionale. Ho letto un po' di sue interviste e quando si mette a fare l'intellettuale fa pena: va avanti per stereotipi. È un gran peccato, perchè un talento come il suo, in questo modo, viene sputtanato orribilmente. Ma il problema è un altro. Il problema di Paolo Sorrentino è che non è un intellettuale ma è un artista che però si è messo in testa di dover per forza fare l'intellettuale. Questo cortocircuito di vanità e cattiva coscienza è un crimine artistico. In questa Italia mediocre e pronta ad acclamare e a distruggere a vanvera, io sarei stato curioso di assistere a tutti gli incontri, tutte le conversazioni, tutte le sensazioni che hanno condotto Paolo Sorrentino a montarsi la testa in questo modo. La Grande Bellezza giunge all'apice (almeno finora) di questo grande e significativo processo di Montamento di Testa, con tutte le sue (belle) idee visive ignobilmente affogate in tutti quei dialoghi in cui si cerca di spiegare, spiegare, spiegare. È un crimine artistico, già detto, perchè l'artista non deve spiegare. L'artista, a meno che non sia pure un intellettuale con i controcazzi, dovrebbe restare artista ed evocare, sviluppare il “suo” linguaggio senza per forza sporcarsi le mani col dibattito razionale. La Grande Bellezza cerca di spiegare la decadenza dell'Italia – di farlo esplicitamente, con le parole, e non solo con le immagini - ma le categorie della critica sono superficiali e semplicistiche, radicalmente e ottusamente mutuate dalla vulgata mediatica, da Repubblica e da Dagospia. Solo che Repubblica e Dagospia – Peccato! Crimine! Vergogna! - spiegano meglio l'Italia rispetto all'opera di Sorrentino. L'opera “da intellettuale” di Sorrentino non riesce ad emergere rispetto a Tutto-Quello-Che-Già-C'è-E-Che-Parla-Delle-Stesse-Cose. E questo è imperdonabile per un artista e un (autoproclamatosi) intellettuale, che dovrebbe invece dare una chiave di lettura originale, riuscire ad esprimere qualcosa che nessuno è mai riuscito ad esprimere, farsi espressione di sensazioni comuni e inconsci collettivi. Dare voce all'inesplicabile. Ripetiamolo. La Grande Bellezza contiene immagini splendide, esplosioni visive profondissime e importanti, ma sono le parole ad uccidere questo film. Parole che sono tutte convenzionali, conformistiche, con una profondità fittizia e aziendalista, perfetta per Facebook, una profondità che serve soltanto ad essere citato in qualche link o frase storica di quelle che girano nelle bacheche Fb (1). C'è infatti – nella scrittura di Sorrentino – una vomitevole ricerca della frase ad effetto – da Facebook – un risolvere tutto in frasette accattivanti che lasciano intendere di aver dietro chissà quale montagna di idee e che invece si risolvono – si consumano - nel loro essere accattivanti, seducenti, leccatissime, roba da pubblicità. Che poi, a dirla tutta, Sorrentino fa lo stesso errore di un altro testadura come Tornatore. Deve per forza fare tutto da solo, trovare il soggetto e scriversi la sceneggiatura da solo. Cazzo, mi dico, FELLINI si faceva sceneggiare da due-tre-quattro grandi scrittori. LEONE per C'era una volta in America si è servito di ben CINQUE sceneggiatori. SCORSESE si è SEMPRE fatto sceneggiare. Questi nomi grandissimi del cinema - di cui ogni briciolo di forfora vale quanto tutto Sorrentino - questi giganti prodigiosi hanno avuto l'UMILTA' di ricorrere ad aiuti esterni. Hanno preso atto che il loro potenziale divulgativo-razionale era nettamente inferiore al loro potenziale visivo. Sorrentino invece NO. Mi chiedo: ma quali perversi meccanismi producono mancanze di umiltà come queste? Quanto c'entra la decadenza dell'Italia – quella che Sorrentino, con un'interessante manovra postmoderna, prova a raccontare ne La Grande Bellezza – quanto c'entra lo schifo dell'Italia con questi casi allucinanti di Montamenti Di Testa? Questa è tutta materia di studio. Per un saggio dal titolo: “Fenomenologia dell'apocalisse culturale italiana”. Comunque sia, ora La Grande Bellezza ha vinto l'Oscar e siamo tutti contenti. Il ritorno economico e d'immagine eccetera eccetera sarà importante, ed è un onore e una gioia e tutto quanto. Certo, i giornalisti devono guadagnarsi la pagnotta e mica hanno il tempo di fermarsi a pensare – per non parlare di scriverne – di come questo Oscar è la dimostrazione di come all'America non gliene frega più niente dell'Italia, che il Belpaese non è più fonte di curiosità, che ormai noi siamo “storia antiquaria” che non fornisce più stimoli nuovi, che siamo ormai – per loro – un territorio da cartolina e da cristallizzazioni nostalgiche, che l'America ormai – tutta presa con la sua crisi storica - si accontenta ormai di stereotipi e banalizzazione e di questo film che non dice niente di nuovo de La Dolce Vita di Fellini (1960, ovvero: 54 anni fa) e di una giornata qualunque raccontata da Dagospia o da Repubblica. La Grande Bellezza, per l'America, non è altro che una pappetta da dare al bambino che non vuole mangiare, tutto sofferente per le sue colichette. Questo film, per loro, è una pappetta inoffensiva. Perfetto sollazzo temporaneo - che sarà ben presto dimenticato e che soprattutto non smuove la coscienza, non produce dubbi e domande e in definitiva non serve a un cazzo - perfetto sollazzo mentale per un Pigro Mentale.


Note
1) La stessa deriva aforistica cretina ce l'ha un altro film artisticamente criminale. “Into The Wild” di Sean Penn
2) Che poi, dei film di Sorrentino, uno proprio bello-bello forse non l'ho mai visto. Sorrentino è talento sprecato e che, preso atto del Montamento di Testa, continuerà ad essere sprecato. Ne Il Divo non c'è il crimine logorroico della Grande Bellezza – è più sinceramente visivo – però ha buchi di sceneggiatura paurosi. L'Amico Di Famiglia, nella sua pompa visiva e sensoriale, dimentica di dare anima ai personaggi, che nascondono dietro la loro maschera accattivante un abisso di nulla. Le Conseguenze dell'Amore è riuscito a metà, troppo compiaciuto della sua trama. Forse This Must Be The Place è il più puro – anche se anche in questo ci sono cali vortiginosi di ritmo – però questo film con Sean Penn è più sincero, perchè più giocato sui silenzi, sul non-detto, sulle evocazioni, e quasiquasi Sorrentino riesce a fare quello che dovrebbe fare, se solo non si fosse montato la testa così tanto, e cioè: far parlare le immagini e nulla più. 
3) I link della notte degli Oscar. Tutti i vincitori (BadTaste). Il grande fraintendimento de La Grande Bellezza (BadTaste). I momenti migliori della serata (BadTaste).Oscar 2014, tutto come previsto (Cinematografo). La grande vittoria (Cinematografo). Come ha fatto La Grande Bellezza a vincere l'Oscar (Wired).


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