Quella del 2016 è stata un'edizione degli Oscar davvero sentita, dato che molti dei film e dei personaggi coinvolti erano estremamente popolari: ecco, infine, il nostro commento alla lista dei premi conferiti dall'Academy.
Marco Lucio Papaleo inizia a giocherellare sulle tastiere degli home computer nei primissimi anni '80. Da allora, la crossmedialità è la sua passione e sondarne tutti i suoi aspetti è la sua missione. Adora il dialogo costruttivo, vivisezionare le opere derivate e le buone storie. E' molto network e poco social, ma è immancabilmente su Facebook e Google+.
Abbiamo fatto l'alba, trangugiato litri di caffè e smangiucchiato schifezzuole dolci e salate per star svegli e "carichi" ma, forse, ne è valsa la pena: siamo "sopravvissuti" anche agli Oscar 2016. Una cerimonia diremmo meno pomposa del solito, sempre glamour ma con meno guizzi del previsto, e una conduzione che poteva dare di più, ma in fondo quel che conta è festeggiare il Cinema con la 'C' maiuscola, no? E quello non è certo mancato. I premi erano attesissimi da tempo, e non solo dai cinefili: molti film e attori in lizza erano estremamente popolari tra il grande pubblico, che ne ha parlato, discusso e pontificato a lungo (se non a sproposito). Argomento principe, naturalmente, Leonardo DiCaprio e la sua (non più) eterna rincorsa alla statuetta, infine conquistata dopo tanto penare.
Ma vediamo i premi più nel dettaglio... e ci perdonerete un pizzico di ironia nella nostra trattazione.
Lo zio Oscar
Partiamo dai premi "minori" che sono spesso poco considerati, quasi oscuri. E, difatti... qualcuno di voi ha visto almeno uno dei corti nominati? I titoli di alcune categorie sembrano voler esulare dal grande pubblico. Dei cinque film in categoria "Documentario" solo due sono arrivati al cinema da noi, e un terzo sta su Netflix. Gli altri due? Non pervenuti. Chi parla mai dei premi minori? Se avete visto i telegiornali o letto sulla stampa generalista, avrete notato che dei sei Oscar per Mad Max: Fury Road non parla nessuno e in pratica non sono "spendibili" presso il grande pubblico, e quindi, per certi versi, dato che gli Oscar sono null'altro che spettacolo e pubblicità, valgono assai "poco". Ed è un enorme peccato. Sono tutti strameritati (anche se più che per i costumi, avrebbe meritato per l'implementazione tecnica degli FX pratici e digitali) ma chi non si intende di cinema non sa neanche cos'è il montaggio, figuriamoci il montaggio sonoro. Confonde spesso la scenografia con la sceneggiatura... Null'altro che contentini. Manca il riconoscimento vero, ad un film che andava oltre, che innovava nella tradizione, in mano a un regista "visionario" (termine spesso abusato a sproposito ma in questo caso assolutamente calzante) che alla sua veneranda età è più giovane e propositivo di tanti "giovani vecchi". È andata così, e per noi è un'ingiustizia. Non limitatevi ad ammirarlo, Witness it.
Premi telefonatissimi e dati col freno a mano, di una banalità imbarazzante. Premiamo così per l'ottava volta in dieci anni un film Disney (facendolo peraltro presentare da personaggi della stessa casa, che problema c'è) piuttosto di un più originale e autoriale Anomalisa; diamo uno zuccherino ad Adam McKay premiandolo per la sceneggiatura... quando più che sulla carta è a video che il suo lavoro esplode e risplende. Certe scelte appaiono inspiegabili: Sandy Powell, nominata ben due volte su quattro posti, si vede scippare il premio dagli "stracci" dei personaggi di Mad Max; e gli effetti visivi (belli, per carità) di Ex Machina (film che avrebbe meritato ben altri riconoscimenti) vincono nella categoria degli effetti speciali. A confronto con un'epopea marziana, un credibilissimo orso feroce, la distopia australiana post-atomica e la Galassia "lontana-lontana". 'Andiamo sul sicuro' era la parola d'ordine, e quindi ecco i premi a Il figlio di Saul per miglior film straniero e a Emmanuel Lubezki per The Revenant. Non che non siano meritati: ma i concorrenti non hanno mai avuto possibilità, erano in lista tanto per far numero. Ed ecco che arriva la banalità suprema dei premi più importanti, agli interpreti, alla sceneggiatura originale, al miglior regista e al miglior film. Il caso Spotlight, che vive delle interpretazioni dei suoi interpreti e della luce riflessa delle tematiche che narra più che di una sua intrinseca bellezza nella forma e nella scrittura, si raccatta facile due premi immeritati. Così Alejandro G. Iñárritu si "ruba" la statuetta per due anni di fila, una cosa che non succedeva dal 1950. Alla faccia dei suoi illustri colleghi, gonfiamogli un altro po' l'ego che del resto era troppo modesto e dai suoi film si nota.
Spiace un po' che un film come Carol, nominato ben otto volte, torni a casa mani vuote, ma non era l'anno giusto per Cate Blanchett e Rooney Mara: Brie Larson e Alicia Vikander, a torto o ragione, le sorpassano sulla destra. Poi ci sono anche esempi di duro lavoro e umiltà:potremmo parlare del grande Ennio Morricone, la cui arte parla da sola, o di Mark Rylance, sconosciuto al grande pubblico fino all'altro ieri e trionfatore di misura su grandi nomi e soprattutto sul favorito Sylvester Stallone, che proprio come Rocky si è battuto e ha dimostrato il suo valore a tutti e soprattutto a se stesso, restando in piedi fino alla conta dei punti. Grande vincitore morale. Ah già, ma quando parliamo di DiCaprio? Del resto, pare quasi facciano gli Oscar apposta per parlare di lui e della sua infinita caccia alla statuetta dello zio Oscar. Bene, è sua. Fine dei meme? Ci mettiamo l'anima in pace? Neanche per sogno. Se la meritava? A parer nostro, no, o quantomeno i suoi colleghi la meritavano quanto, se non più, di lui. E non caschiamo sul discorso del "sono anni che se la merita". Non è un premio alla carriera, ma un premio ad una specifica interpretazione. Ed è indubbio che molte prove del suo recente passato siano state migliori e più meritevoli. Però, ad ogni modo, ce l'ha fatta. Buon per lui, e speriamo in un anno di buoni film e ottimi premi, magari migliori di quelli di quest'annata. E come direbbe Bugs Bunny: That's all folks!
Miglior film: Il caso Spotlight ( Spotlight) di Tom McCarthy
Miglior regia: Alejandro González Iñárritu per Revenant - Redivivo (The Revenant)
Miglior attore protagonista: Leonardo DiCaprio per Revenant - Redivivo (The Revenant)
Miglior attrice protagonista: Brie Larson per Room
Miglior attore non protagonista: Mark Rylance per Il ponte delle spie (Bridge of Spies)
Miglior attrice non protagonista: Alicia Vikander per The Danish Girl
Migliore sceneggiatura originale: Tom McCarthy e Josh Singer per Il caso Spotlight (Spotlight)
Migliore sceneggiatura non originale: Charles Randolph e Adam McKay per La grande scommessa (The Big Short)
Miglior film straniero: Il figlio di Saul ( Saul fia) di László Nemes (dall'Ungheria)
Miglior film d'animazione: Inside Out, di Pete Docter e Ronnie del Carmen
Miglior fotografia: Emmanuel Lubezki per Revenant - Redivivo (The Revenant)
Miglior scenografia: Colin Gibson e Lisa Thompson per Mad Max: Fury Road
Miglior montaggio: Margaret Sixel per Mad Max: Fury Road
Miglior colonna sonora: Ennio Morricone per The Hateful Eight
Miglior canzone: Writing's on the Wall (di Jimmy Napes e Sam Smith) per Spectre
Migliori effetti speciali: Mark Williams Ardington, Sara Bennett, Paul Norris e Andrew Whitehurst per Ex Machina
Miglior sonoro: Chris Jenkins, Gregg Rudloff e Ben Osmo per Mad Max: Fury Road
Miglior montaggio sonoro: Mark Mangini e David White per Mad Max: Fury Road
Migliori costumi: Jenny Beavan per Mad Max: Fury Road
Miglior trucco e acconciatura: Lesley Vanderwalt, Elka Wardega e Damian Martin per Mad Max: Fury Road
Miglior documentario: Amy di Asif Kapadia
Miglior cortometraggio documentario: A Girl In The River: The Price Of Forgiveness di Sharmeen Obaid-Chinoy
Miglior cortometraggio: Stutterer di Benjamin Cleary e Serena Armitage
Miglior cortometraggio d'animazione: Bear Story, regia di Gabriel Osorio Vargas
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