Scelta giusta e scontata, dicevamo. Ma questo non ci impedisce di fare alcune considerazioni in merito ai criteri di selezione e, più in generale, di riflettere sull'annosa questione dello stato di salute del cinema italiano.Cominciamo col dire che, a mio personalissimo parere, La prima cosa bella non solo NON è stato il film più bello della scorsa stagione, ma non è nemmeno il film più bello dello stesso Virzì. E' una pellicola ruffiana, buonista, un po' stucchevole, decisamente sconsigliata ai diabetici. Nulla a che vedere con le precedenti opere del regista livornese, da Ovosodo a Caterina va in città, ironiche, graffianti e, soprattutto non omologate. Eppure ha un punto di forza che la rende adattissima al mercato internazionale: la storia è semplice, lineare, universale. E' una storia che può funzionare bene in tutto il mondo, a qualunque latitudine, e risultare così comprensibile e chiara da non aver (quasi) bisogno nemmeno dei sottotitoli. E', insomma, un film VENDIBILE all'estero: roba che nella produzione italiana di oggi sembra quasi una parolaccia.
Ecco perchè opere come Noi Credevamo, il film più bello visto quest'anno a Venezia, non spuntano nemmeno un premio (cosa può capire un giurato straniero del nostro Risorgimento?). Ecco perchè film come Gomorra e Il Divo, capolavori e massimi esponenti di un cinema nazionale geniale e elitario, raccolgono messe di premi ma nemmeno sbarcano oltreoceano.
Ed ecco perchè i lungimiranti selezionatori nazionali hanno preferito La prima cosa bella a titoli ben più importanti ma strettamente 'territoriali' come, ad esempio, L'Uomo che verrà di Diritti o La Nostra Vita di Luchetti. A dire la verità un altro bel film (anzi, un grandissimo film!) di respiro internazionale quest'anno c'era: Le Quattro Volte di Michelangelo Frammartino. Ma sappiamo bene che titoli come questo è già un miracolo se riescono ad arrivare nei cinema, figuriamoci ottenere una distribuzione disgnitosa!Siamo prigionieri delle nostre quattro mura, e gelosi di un mondo che ci va sempre più stretto.Speriamo che Virzì possa farci cambiare strada, ma onestamente ci credo poco.