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OSCURA IMMENSITA' - A teatro mercoledì 7 novembre alle ore 20.30
Creato il 19 ottobre 2012 da DiegothrillerTratto dal romanzo L'oscura immensità della morte di Massimo Carlotto
La Stagione di Prosa 2012-2013 del Teatro Goldoni di Venezia inaugura mercoledì 7 novembre alle ore 20.30 con Oscura immensità, spettacolo in prima assoluta tratto dal romanzo “L’oscura immensità della morte” di Massimo Carlotto per la regia di Alessandro Gassmann. Oscura Immensità è interpretato da Giulio Scarpati e Claudio Casadio ed è una produzione di Teatro Stabile del Veneto e Accademia Perduta Romagna Teatri. Le prime date della tournée: Venezia Teatro Goldoni 07/11/2012 - 11/11/2012 Trieste Politeama Rossetti 13/11/2012 - 15/11/2012 Faenza Teatro Masini 16/11/2012 - 18/11/2012 Napoli Teatro Bellini 20/11/2012 - 25/11/2012 Cittadella Teatro Sociale 27/11/2012 - Mestre Teatro Toniolo 28/11/2012 - 29/11/2012 Camponogara 30/11/2012 - Vicenza Teatro Comunale 01/12/2012 - Cavarzere 02/12/2012 - Solomeo Teatro Cucinelli 05/12/2012 - Cortona Teatro Signorelli 06/12/2012 - Carrara Teatro Cinema Garibaldi 07/12/2012 - 08/12/2012 Rieti Teatro Comunale Flavio Vespasiano 09/12/2012 - Padova Teatro Verdi 08/01/2013 - 13/01/2013 Milano Teatro Elfo Puccini 15/01/2013 - 20/01/2013 Pavia Teatro Fraschini 22/01/2013 - Brescia Teatro Sociale 23/01/2013 - 27/01/2013 Bologna Arena del Sole 29/01/2013 - 30/01/2013 Bolzano Teatro Comunale 31/01/2013 - 03/02/2013 Verona Teatro Nuovo 12/02/2013 - 17/02/2013 Cattolica Teatro della Regina 19/02/2013 - Trento Teatro Sociale 21/02/2013 - 24/02/2013 Vignola Teatro Fabbri 26/02/2013 - Ancona Teatro Sperimentale 27/02/2013 - 03/03/2013 Oscura immensità - Nota di Alessandro Gassmann Il lavoro svolto in queste due stagioni teatrali alla direzione del Teatro Stabile del Veneto, orientato alla valorizzazione della drammaturgia contemporanea e al rinnovamento del linguaggio teatrale, ha ottenuto risultati molto incoraggianti, sintetizzabili in un confortante ricambio generazionale del nostro pubblico e in un aumento di circa il 20% delle presenze nei nostri teatri. Spettacoli di autori come Vitaliano Trevisan, Tiziano Scarpa, Edoardo Erba, Pippo Delbono, Marco Paolini hanno riscosso ottimi consensi e critiche favorevoli, confermando così la bontà delle nostre scelte, sia produttive che programmatiche, indirizzate verso una pluralità di scritture di teatro contemporaneo. In sintonia con questo orientamento e anche per la mia personale ammirazione nei confronti di Massimo Carlotto, ho accolto con favore la sollecitazione di Accademia Perduta/Romagna Teatri di coprodurre uno spettacolo tratto dal suo romanzo L’oscura immensità della morte e di curarne la regia. Con un linguaggio incisivo, essenziale, crudo e un ritmo dell’azione serrato e coinvolgente, l’autore racconta un tragico fatto di cronaca, avvenuto nella provincia del nordest italiano, mettendo a confronto vittima e carnefice, entrambi lacerati da rispettivi drammi personali. Felice circostanza è stata l’individuazione e l’adesione da parte dei due attori, le cui caratteristiche così diverse si adattano perfettamente alle psicologie dei protagonisti: Giulio Scarpati, che ho sempre apprezzato nei suoi lavori teatrali e che in questa operazione potrà far uso di inconsuete corde drammatiche, e Claudio Casadio, del quale ho ammirato la splendida interpretazione nel film L’uomo che verrà, che si servirà di un linguaggio senza filtri per conferire maggiore naturalezza, incisività e verità al personaggio creato da Massimo Carlotto. Con questo originale noir potrò così continuare quel percorso artistico, iniziato con Roman e il suo cucciolo, che indaga, con sguardo neutrale e inquietante, tra le pieghe di un’umanità senza speranza. Un limbo esistenziale dove il confine tra bene e male non è perfettamente tracciato, ma è solo una sottile linea destinata a far sì che i ruoli si possano invertire, che le vittime possano diventare carnefici e i carnefici vittime. Uno stimolo a riflettere sul lato tragico dell’esistenza, sui rapporti fra gli uomini e su quegli avvenimenti che a volte possono segnare la loro vita in modo irreversibile Oscura immensità - Nota di Massimo Carlotto
Giustizia, vendetta, perdono, pena. Questi sono i temi universali dell’Oscura immensità, un progetto narrativo nato come romanzo e che ora trova una sua articolazione naturale (e molto richiesta) come testo teatrale. Quando venne pubblicato in Italia, il romanzo provocò, nel senso migliore del termine, un intenso e lacerante dibattito tra autore e lettori, che mi ha poi coinvolto nei paesi dove è stato tradotto: Francia, Germania, Stati Uniti... In questa pièce, a differenza del romanzo, sono fortemente presenti i sentimenti contrastanti che ho potuto cogliere negli anni. Oscura immensità non lascia scampo. Alla fine ognuno è costretto a prendere posizione, a non eludere le domande che i due personaggi, Raffaello Beggiato e Silvano Contin, carnefice e vittima, pongono con la forza disarmante dei destini contrapposti e ineluttabili. Chi deve perdonare colui che ha commesso un delitto e che sta scontando una pena detentiva o è rinchiuso nel braccio della morte? I familiari della vittima o lo Stato? O entrambi? La ragione, la politica, la religione, la filosofia non sono ancora riuscite a dare una risposta esauriente e in grado di soddisfare coloro che hanno sofferto il danno irreparabile della perdita di un loro caro, per mano assassina, perché prevalgono sentimenti ancestrali che offuscano, accecano, trasformando l’esistenza in una oscura immensità. La nostra società è incapace di lenire il dolore di coloro che hanno subìto tale torto. La comunità in cui vivono tende a escluderli, a condannarli a un ergastolo di dolore, solitudine e livore perché la punizione del reo non è mai soddisfacente. La vendetta, la più dura e terribile, rimane come unica soluzione di razionalizzazione del lutto, di possibile via a un futuro diverso. Proprio quella vendetta che porta persone miti ad assistere all’esecuzione di un uomo e a uscire dal carcere con un sorriso stampato sulle labbra. Non vi è nulla di inventato nell’Oscura immensità. Per costruire i due personaggi ho incontrato decine di parenti di vittime, di condannati. La necessità di una realtà implacabile, che abbattesse il muro dell’ipocrisia, mi ha costretto a un viaggio nell’oscurità di dolori immensi. Solo una signora, dopo aver letto il romanzo, mi ha contattato e mi ha raccontato la sua vicenda di figlia di un uomo buono e amato, ammazzato a pugni da un giovane. Alla fine si sono incontrati, parlati e questa donna ha trovato il coraggio di perdonare e seguire questo giovane assassino nel suo reinserimento sociale. Una vicenda umana straordinaria. Una. Perché il cuore spezzato di Silvano Contin è ormai incapace di ritrovare il filo di un’esistenza fondata su valori positivi. Questa è la durissima lezione di queste storie. Raffaello Beggiato è l’altra faccia della medaglia. Reo di un delitto odioso ha diritto a una seconda possibilità? La giurisprudenza sostiene che solo lo Stato potrebbe forse dare una risposta sensata a nome della collettività ma escludendo il dolore delle vittime. Scrivere questa pièce è stata un’avventura professionale e umana importante e coinvolgente. Mi sono ritrovato davanti alla pagina bianca con il timore di “liberare” la carica di emozioni, raccolte negli anni in giro per il mondo. Per fortuna la magia della scrittura teatrale che ti catapulta in un palco immaginario ha estratto parola dopo parola dall’oscura immensità per riuscire a raccontarla. Quando l’amico Ruggero Sintoni mi ha telefonato per trasmettermi il suo entusiasmo e la volontà di portarla in scena, ho capito che poteva realmente trasformarsi in un grande progetto. Ora che è nelle mani sapienti di Alessandro Gassmann ne ho la certezza.
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