"Il pubblico, in altre parole, è considerato dai vati e dai druidi della critica come una massa amorfa, incapace di giudicare senza la guida di "coloro che sanno", cioè in quella odierna varietà, laica e secolarizzata, dei chierici di un tempo, che sono i critici d'arte. Costoro, per catturare e soggiogare le masse credule e timorose, adoperano un linguaggio oscuro, involuto, profetico, degno della Pizia e della Sibilla Cumana."
Federico Zeri, 1984