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Osservazioni e introspezioni nell’ora blu Intervista a Francesco Bragagnini a proposito del suo nuovo cd di Jacopo Fayenz

Creato il 09 ottobre 2015 da Wsf

l'heure bleue

“L’Heure Bleue” è un disco che comprende composizioni originali scritte dal chitarrista Francesco Bragagnini per questo suo primo lavoro per l’etichetta Birdland Sounds. I brani, di varia natura ed atmosfere cangianti, sembrano tuttavia essere collegati da un filo conduttore che ben descrive l’immaginario emozionale dell’autore. Compongono il gruppo – nato nel 2011 come quartetto – Nicola Bottos al piano, Alessandro Turchet al contrabbasso e Luca Colussi alla batteria, figurano anche Flavio Davanzo alla tromba, Giovanni Cigui ai sax e quale ospite, il chitarrista americano Russ Spiegel.

Francesco Bragagnini Group nasce con l’intento di costruire attorno ad un repertorio lirico e molto personale un affiatato combo musicale. Tutte le composizioni scritte ed interpretate nell’arco degli ultimi anni, sono maturate attraverso un meticoloso processo di riflessione e consapevolezza. Ciò che ne risulta è un vitale affresco sonoro risultato di un equilibrio musicale che coniuga scrittura ed improvvisazione, amore per il suono e ricerca del rischio. Brani dal sapore europeo, temi di varia natura, tutti accomunati dalla necessità di mettere in musica un sentire a tratti impressionista; dunque ricerca sulle sfumature del suono come leitmotiv, ma con un senso coloristico attento alle peculiarità di ogni singola composizione. In questo senso per tanto si coglie la scelta di coniugare due strumenti spiccatamente armonici come chitarra e pianoforte. Questo impasto, per altro anche timbrico, sottende la necessità di ottenere eleganti tessiture armonico-melodiche e ricreare situazioni cangianti e nostalgiche. La cifra stilistica di questo gruppo è tanto personale quanto figlia delle esplorazioni condotte in ambito jazzistico dai grandi interpreti degli ultimi trent’anni. Bragagnini in particolare, che firma tutti i brani, ha condotto un lavoro molto personale che lo ha portato ad allargare lo spettro della sua sensibilità musicale e compositiva, abbracciando tra i suoi riferimenti musicali, oltre ai big della chitarra, quali Bill Frisell e Kurt Rosenwinkel, la poetica ed il rigore architettonico di altri grandi strumentisti e compositori come Steve Swallow e Kenny Wheeler. Riccardo Braggion / circolo culturale Controtempo

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di Jacopo Fayenz

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Come ti hanno influenzato i tuoi primi idoli?

Iniziamo dal rock, perché ci sono alcuni musicisti che sono stati importanti per me dal punto di vista della determinazione allo studio dello strumento. Ritchie Blackmore dei Deep Purple mi aveva ipnotizzato per il suono e la tecnica e anche Yngwe Malmsteen Poi, più tardi, quando ho iniziato a seguire, a Trieste, le lezioni del maestro Andrea Allione (a cui ho dedicato “Nuovo giorno”), c’è stato l’incontro con il jazz. Mi ha subito incuriosito Thelonious Monk, che trovavo difficile, ma che mi coinvolgeva per le strutturazione complessa dei brani. Formativo e appassionante è stato anche il Miles Davis degli anni Cinquanta.

Quali sono state le musiche e gli autori che più ti hanno coinvolto?

Ovviamente è una domanda che implicherebbe una risposta lunghissima. Senz’altro la scena dell’avanguardia newyorkese in generale, e poi Chris Potter, Kurt Rosenwinkel, Brad Mehldau, Keith Jarrett, Dave Holland. Nelle ultime settimane mi ha coinvolto moltissimo Avishai Cohen, per la tecnica e l’intensità delle composizioni. E poi metterei almeno in evidenza alcune atmosfere di ambiti molto differenti, da Arvo Part ai Dead Can Dance, da Mike Oldfield a Palestrina passando dai canti di montagna!

Il cd è ispirato al momento di confine tra notte e giorno, vivi in una terra di confine, riesci a seguire – oltre a quella del Friuli Venezia Giulia – anche la scena slovena e austriaca?

La scena regionale la seguo, mi piace, ma non sento di farne parte. Credo sia più una questione di frequentazioni che di estetica. Delle scene d’oltre confine quella che conosco meglio è quella slovena, molto interessante. Non a caso molti jazzisti sloveni e croati si sono traferiti a New York, dove stanno avendo un meritato successo.

Questo è il tuo primo cd, perché questo titolo? Vuole essere lo slogan della tua poetica?

È una questione di stati d’animo legati a quei momenti del giorno in cui si passa dal buio alla luce e viceversa. Mi sono accorto che mi piaceva la luce, il silenzio, e che in quei momenti la scrittura dei pezzi mi veniva più facile.

Ci dici qualcosa in merito alla collaborazione con i musicisti coinvolti?

È venuto naturale fare il disco con questi musicisti perché ho una grande ammirazione per le loro capacità e perché li sento vicini e affini, emotivamente e artisticamente. Hanno contribuito al contenuto musicale in maniera importante. Con Russ Spiegel – di cui credo tutti conoscano la musica e l’importante carriera – è nata un’amicizia un anno fa e quando gli ho chiesto di collaborare a “Parole immaginate” ha accettato molto volentieri. Tornerà in Italia tra un anno e siamo d’accordo che suoneremo assieme dal vivo.

Quali sono i tuoi riferimenti extra musicali ed extra-jazz? Come si pone la tua ricerca artistica rispetto alle questioni sociali? Dalla struttura e dalle melodie dei brani del cd e anche dai titoli sembra che tu voglia mettere in evidenza anche il silenzio, la pausa, la tregua. Quasi un invito alla contemplazione e allo sguardo sul mondo.

Non credo di avere individuato un filo rosso che lega la mia ricerca con i miei altri interessi. Se penso a letture, ascolti, visioni chi mi piacciono non trovo dei collegamenti immediati con la mia musica. Così anche per le questioni sociali. Sono nel mondo, vivo nel mondo e quindi sicuramente la musica che suono è percorsa da queste tensioni, ma non intenzionalmente. “Il tempo indefinito” è l’unico pezzo del cd che parte dal pensiero della crisi attraversata in questi anni, ma è un’eccezione. Sono un osservatore del mondo, ma quando mi esprimo parto dall’introspezione. Trovo giusta l’osservazione in merito alle pause, ai silenzi, agli intervalli, ma non so razionalizzare questa modalità, penso sia frutto di un’inclinazione psicologica.

Su YouTube il video di presentazione del cd: “L’Heure Bleue”
Su instArt “L’Heure Bleue” recensione di Luca D’Agostino


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