Osservazioni ignorabili e personalissime sull'Istruzione (Italiana, e non) e sulla concezione di essa. Forse parte 1.

Creato il 06 gennaio 2011 da Anemophile
DISCLAIMER: Mi scuso con il mio collega e con tutti voi per l’aver pubblicato a breve distanza dall’ultimo post, ma ne sentivo l’esigenza. Vorrei, inoltre, avvisarvi che questo sarà un angolino serio: qualora siate in cerca di risate facili e l’argomento in sovraimpressione, comunque, non vi interessi, chiudete tranquillamente e tornate ai vostri affari (il che, comunque, vale sempre, quindi ho scritto un’ovvietà).Prima di cominciare, vorrei comunicarti, caro lettore, che condivido il tuo timore: anch’io ho paura di scrivere le solite ovvietà sull’istruzione, che è tutto sbagliato, che ho paura per il mio futuro, eccetera eccetera. Tutte cose che abbiamo sentito un milione di volte, da gente che scriveva di averle sentite un milione di volte, ma che voleva scriverle lo stesso. Sono, tuttavia, di sani principi democratici, e dell’idea, quindi, che una chance debba averla pure io, e chi mi ama mi segua.La spinta definitiva a scrivere mi è stata data dalla sessione di studio di oggi pomeriggio: si studiava l’Alessandro Manzoni, e devo dire che dagli sprazzi di lezione che avevo seguito - tornerò su questo tasto dolente - mi era parecchio piaciuto (ed è gia tanto...)! Insomma, il tono concitato, l’entusiasmo per i moti, l’incitazione delle masse, tutta roba forte! Altro che filande e lanzichenecchi! Dato, tuttavia, il metodo di studio a cui siamo spinti - e tornerò anche su questo -, il Manzoni me lo son studiato nel vero senso della parola solo oggi, e tutto è andato alla grande finchè non son giunta al seguente capoverso (chi fa parte del gruppo di classe alzerà gli occhi al cielo): è tratto da un libro di testo diffusissimo, almeno dalle mie parti.Con estrema lucidità, egli sostiene che la Chiesa non ha origini umane ma divine e dunque la morale cristiana va misurata sul terreno assoluto della perfezione e della verità. Ebbene, la morale cattolica è superiore a qualsiasi morale laica perchè è l'unica perfetta, essendo più vera, più stabile più sicura, non soggetta alla relatività storica e alla varietà dei costumi. Il procedimento coerente, lucido, serratamente argomentativo (...)”Si parlava dell’opera “Osservazioni sulla morale cattolica”. Tutto ciò ci porta (con troppe parole) al primo punto: l’eccessivo amore per il formalismo. Ma procediamo per gradi.Sono rimasta spiacevolmente spiazzata dalle parole riportate, perchè mi sembra che spicchino il volo dalla dimensione di un qualunque ragionamento scorrevole, sfociando nella terribile piaga del forzato greggismo (non lo so se me la sono inventata io questa parola, ma esprime bene il concetto). Per spiegarmi, apro una “piccola” parentesi: lo studio della religione cattolica. Partirei dall’enorme -a mio avviso- problema in questa faccenda: la facoltà di esonerarsi. Quelli che mi conoscono meglio già storceranno il naso: anch’io sono esonerata, e oggi ne espongo pubblicamente le motivazioni. Sono personalmente convinta che lo studio della religione sia assolutamente necessario, e che -al contrario delle opinioni comuni- tiri in ballo questioni che non si limitano alla discussione sulla data di nascita di Gesù Cristo, ma che hanno legami fortissimi con la filosofia, e -udite udite- con la scienza, e tutti i loro derivati. Esporre le proprie opinioni sull’esistenza o meno di un ente che governi tutto questo ambaradan, e -nel caso- della sua natura , non vuol dire solo distinguersi dai Cattolici in quanto Testimoni di Geova, o Buddhisti, o Musulmani o Fedeli Seguaci di Maria: per questo esistono già le squadre di calcio. Io la vedo più come un amabile confronto che prenda le distanze da questo genere di etichette, che si privi di qualunque  pregiudizio e tiri fuori -per esempio- argomenti validi sul perchè si dovrebbe distinguere il concetto di “Dio” dal concetto di “caso”, sulla necessità di affidare la comparsa di questo pianeta a Dio piuttosto che al Big Bang, o sul più generale (ma ben più complicato) bisogno intimo dell’uomo di credere in qualcosa che si chiami “Dio”. Sono le prime cose che mi son venute in mente, ma si potrebbe parlare anche della storia delle Religioni, oppure del perchè nascono guerre di religione. Credetemi, sto tentando di esprimermi in tono assolutamente neutrale, per non far trasparire la mia personale posizione sul problema. Perchè, caro lettore, una posizione ce l’ho io, ce l’hai sicuramente anche tu, e -anche se in alcuni casi inconsapevolmente- ce l’hanno tutti gli altri: solo che essa deriva da riflessioni del tutto private o comunque derivate da confronti avvenuti al di fuori dell’ambito scolastico. Il che ci riporta al punto da cui eravamo partiti: abbiamo avuto il dono della disponibilità di un’ora nell’ambito dell’orario scolastico per confrontarci su tutte queste belle cose e non lo facciamo, ANZI ci viene addirittura detto in maniera (poco) meno prosaica “se volete starvene a casa, basta mettere una firma qui”. Ed io -che sproloquio da un quarto d’ora su quanto sarebbe utile rimanere in classe nell’ora di “religione”- quella firma l’ho messa. L’ho messa perchè io, negli anni passati, ci son rimasta in classe nell’ora di religione, ma non ne ho ricavato nulla all’altezza delle mie aspettative. “Hai delle aspettative troppo alte”, si potrebbe rispondere: se le mie aspettative nei confronti dello studio della religione devono ridursi ad un’ora passata a fare i compiti per casa delle altre materie -causa allontanamento prolungato (pari all’ora stessa) dell’insegnante dall’aula-, oppure ad un’ora di chiacchiericcio e di lamentele sul numero e sull’origine delle malattie contratte o correntemente sopportate dall’insegnante appena citato, sono contenta del mio esonero. E non lo sono. Rispondo all’eventuale risposta “eh, ma non tutti gli insegnanti sono così”, dicendo che l’insegnante quest’anno è cambiato, e il fulcro delle discussioni si è spostato dalle malattie al mal d’Africa, o -in altri casi- al proprio indirizzo di residenza e ai problemi relazionali con la classe e/o con la propria massa grassa. Non escludo, chiaramente, che qualcuno con un po’ di sale in zucca che insegni religione ci sia, ma la mia personalissima esperienza non lo mette in evidenza, e con i miei compagni di classe siamo già in 17, con tutti i ragazzi con i nostri stessi insegnanti raggiungiamo un numero tale da provare la teoria dell’opinione comune, chiamiamolo pure pregiudizio, verso l’insegnamento fallace della religione, che comporta inevitabilmente un elevato tasso di esoneri: nella mia classe, come ho già avuto modo di dire composta da 17  elementi, 15 sono esonerati. Spezzo, ora, una lancia a favore degli insegnanti dicendo che si crea senza ombra di dubbio un circolo vizioso: “mi trattano come una materia facoltativa, agisco di conseguenza, se a loro non garba quello che faccio nella mia ora, se ne stiano a casa”. E’ tutto molto, molto triste.Come ci riporta questo al problema del formalismo? Per vie traverse, ovvero: ho parlato un bel po’ di un eventuale dibattito che ci potrebbe essere e che invece non c’è, ed è un problema di praticamente tutte le materie. Lo so, lo so, questa storia del dibattito critico è trita e ritrita...la formazione delle coscienze individuali e critiche tramite il confronto di opinioni, lo dicono tutti! E sono ovviamente d’accordo, ma per non ammorbarvi (vabè...) tento, invece, per chiarirlo anche a me stessa, di capire cosa succede in classe per cui queste coscienze proprio non vogliono formarsi. La principale obiezione, la prediletta da tutti i docenti, è sicuramente “devo finire il programma e non c’ho tempo”. E, in effetti, è vero: nella maggior parte dei casi i programmi sembrano infiniti in confronto al tempo a disposizione. Ma la domanda è: chi li fa sti programmi? Chi decide quanto tempo dedicarsi a ciascun argomento? Non tirate fuori accuse di eresie o critiche simili, ma siate obiettivi: ci serve davvero passare un quadrimestre (ragazzi si parla di metà anno!) solo ed esclusivamente su Dante? Già li vedo tutti i vostri commenti (?) che reclamano l’ “enorme importanza di Dante, era un autore incredibilmente attuale anche se vissuto secoli fa, non si può non conoscerlo”. Eccola lì, la frase più infame e più dannosa a cui si possa pensare: non si può non conoscerlo. Perchè? Perchè chi sa a memoria due-tre canti di Dante (potrei fare altri miliardi di esempi eh...) appare immediatamente come il custode della scienza in Terra? Perchè chi non conosce il teorema di Pitagora è ritenuto un idiota da rinchiudere? E perchè, invece, a chi non sa spiccicare una parola di inglese non viene rivolta nessuna critica? Chi ha deciso cosa “bisogna conoscere” perchè il proprio bagaglio culturale possa essere giudicato “sufficiente”? E non mi tiro fuori dalla mischia: anch’io ho certi pregiudizi, e vorrei tirarmene fuori!Con questo non voglio gettare dalla torre le “nozioni”: il mestiere di un professore è questo, e se vado ad un’interrogazione di matematica senza sapere cos’è la proprietà commutativa ma recitando l’Amleto di Shakespeare con un teschio di gomma in mano, al massimo me ne torno a posto con 2+ per la simpatia. Mettiamo, però, il caso che io sia interrogata in Italiano sull’autore X: di X ho solo letto un brano, vado alla cattedra e lo analizzo nei temi, nei contenuti, faccio un discorso completo e dettagliato (e magari interessante!) sulle mie opinioni su questi temi, e magari dal brano ricavo l’opinione di X su tali temi, ma non so rispondere alla domanda “Sì, ma dove era nato X?”. Ora, non pretenderei certo il bacio accademico per questa interrogazione, nè dico che sarei mandata a posto con 5, ma perchè lo sguardo di sufficienza?Perchè tutti -TUTTI ammettiamolo- diamo più valore ad una nozione accertata piuttosto che ad un commento personale. La “parola scritta” è tutto ciò cui ruota attorno l’istruzione. “Dove sta scritto?”, “Dove l’hai letto?”, “C’è qualche critico autorevole che lo dice?”, mai “L’hai pensato tu? E come ti è venuto in mente? Racconta”. Ero partita dai programmi, e devo parlare di un’altra cosa per concludere.Cosa pensi tu se ti dico “lezione”? Sinceramente io non avrei in testa un’idea precisa, ma sicuramente sarebbe diversa da una conferenza. Le conferenze sono quelle in cui l’esperto entra, tutti lo applaudono, si schiarisce la gola, un bicchiere d’acqua, l’esperto parla, tutti fanno silenzio, le domande alla fine grazie. Bene, nelle nostre “lezioni” quotidiane (non tutte, eh, la maggior parte...) succede che il professore entra, tutti si alzano in piedi, fa l’appello, vammi a prendere il caffè, tutti fanno silenzio (perchè sanno per esperienza precedente che NON sarà di alcun interesse per loro), il professore parla (non “spiega”, parla), ragazzi se ci sono dubbi alla fine del mese, grazie. Beh, umpf.Ne consegue un metodo di studio anticipatamente di carattere universitario: il professore ha parlato per tre mesi e non c’è stato modo di seguire una parola, prevedo l’interrogazione (vabè...l’esame!) tra due settimane, studio tutto da sola, e sarà una noia infinita. Ma è ovvio: in classe non è stato suscitato in me l’interesse, la curiosità per questo argomento, che se è finito sul libro e se è -appunto- ritenuto un must del mio bagaglio ci sarà pure un motivo. Perchè in classe non è successo “allora ragazzi sediamoci e smontiamolo insieme questo Virgilio, analizziamolo pezzo per pezzo, lui diceva questo, voi cosa ne pensate?”, c’è stato “allora ragazzi, Virgilio era un grandissimo autore e aveva grandi modelli blablabla”: beh se avesse fatto schifo col cavolo che lo avremmo dovuto studiare! E i libri, per quello che c’è scritto, sicuramente non aiutano.Tutto questo per dire: sì i programmi sono lunghi, ci sono tante cose da fare, ma:
  • Perchè è un problema? C’è tanto da imparare no? Prenderla negativamente e lamentarsi trasmette ansia e fa passare quel poco di voglia che c’è.
  • Invece di passare le ore ad elogiare Cicerone o Gauss, si prendono i concetti-chiave e li si spiega, li si smonta -come ho già detto prima-, e, secondo me, si risparmia tempo e si guadagna in altri termini. E, cari prof, non fa niente se non ci fate imparare tutti i titoli delle Operette Morali: questo non è propriamente imparare, è solo esercizio per la memoria.
  • Vorrei che il verbo “smontare” (che sto usando a profusione) fosse inteso anche nel senso più popolano del termine: guardiamoli un po’ dall’alto in basso questi personaggi, non trattiamoli come mostri sacri, sono sicura che il più di loro non se la sarebbe presa. Volete che a Diogene che mandò a quel paese Alessandro Magno gliene sarebbe fregato qualcosa se non avessimo saputo quando è vissuto?
Si avverte a volte da parte dei docenti anche il bisogno di manipolare il nostro tempo in orario extra-curricolare: fai sport? Beh, sicuramente non studi abbastanza. Suoni il pianoforte? Sei una persona raffinata, ma arriverà il punto in cui te lo farai rinfacciare. Ti piace andare a cazzeggiare con gli amici in piazza dopo la versione? Sicuramente non eri abbastanza concentrato. Arriva il botto: fai un PON? Onta e disonore su di te.Ragazzi, quelli che non frequentano la mia stessa sezione devono credermi: ho sentito prof criticare negativamente colleghi per il loro impegno nel campo dei PON, a me molto caro e molto conosciuto. Si tratta, alla fine, di ulteriore tempo passato a discutere e non certo di aria fritta, e lo si fa se si sa di poter comunque studiare adeguatamente per il giorno successivo: nessuno sarebbe così masochista, di farlo apposta non se ne parla neanche. Ma se non stai col sederino appiccicato alla sedia della scrivania almeno finchè non hai le allucinazioni della Madonna che balla il twist, non hai studiato abbastanza. E quindi cosa abbiamo? Abbiamo molta sfiducia, tanta che ognuno di noi ha un codice a barre come i pacchi di pasta. Abbiamo che il prof passa un quarto d’ora al giorno a compilare registri, ed un altro a lamentarsene. Abbiamo che ai piani alti importa solo che la scuola appaia “pulita ed in ordine”, perchè i soldi scarseggiano, e quindi i laboratori sono tutti lucchettati, o completamente vuoti ed inutili: è meglio tenere un microscopio sotto chiave, che cercare i soldi per ripararlo perchè si è rovinato per il troppo uso. Abbiamo che, però, tutti i computer hanno la webcam ed MSN installato. Abbiamo che per l’inaugurazione della biblioteca hanno invitato pure Briatore, ma ci puoi andare solo un’ora alla settimana (tra l’altro durante una lezione...) perchè tanta gente fa paura: si sono spesi tanti soldi per rimetterla a posto. Abbiamo che, però, la palestra ci cade a pezzi addosso, e che le condizioni igieniche siano discutibilissime. Abbiamo che per andare in bagno bisogna uscire da scuola e tornare a casa. Abbiamo che si può uscire da scuola e nessuno dice nulla! Abbiamo che andare al bar è il momento più bello della giornata scolastica...abbiamo che andare al bar, un giorno, automaticamente lo sarà anche di quella lavorativa.Abbiamo che un professore su dieci è un grande professore, ma vorremmo che dieci su dieci di noi fossero grandi lavoratori un giorno. Abbiamo che c’è parecchio su cui lavorare. ___________________________Ok dopo questo sproloquio sicuramente inutile, approfitto per ringraziarvi delle 2000 visite, grazie! ^^Probabilmente, se non mi linciate per la prima, arriverà la seconda parte, in cui presumo punterò il dito contro gli studenti dopo averne dette di tutti i colori contro i prof. Appena mi arriva l'ispirazione lo faccio, che poi basta aspettare la prossima assemblea di classe.P.S. è chiaro che mi sono riferita esclusivamente alla scuola superiore perchè è quella che conosco meglio, tra qualche tempo probabilmente parlerò anche di Università. E temo quel tempo...Spero, inoltre, di non aver offeso nessuno: la mia unica intenzione era sfogare anni di insoddisfazione, non vorrei che ora mi odiassero tutti quanti XDCiao! :)

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