M. Abramovic, Balkan Baroque, 1997
È novembre, il mese dei morti. Oggi parlo di ossa, sangue, corpi, morte... vita.Sono sempre rimasta affascinata e incuriosita dalle opere “fisiche” di Marina Abramović, artista serba del '46, che da 40 anni esegue performances utilizzando principalmente il proprio corpo. Viva quasi per fortuna, molto criticata, ancor più imitata, a mio avviso. Nei suoi “spettacoli”, vietati a un pubblico troppo emotivo e impressionabile, riflette sul corpo e sulla dimensione del dolore, sulle energie vitali e il potere della mente. Aria fritta: starà pensando qualcuno di voi e invece no, perché a parte i premi internazionali che le sono stati assegnati, ne apprezzo innanzitutto la coerenza e poi la capacità di essere vera e non solo una che ha l'aspetto dell'artista. Voglio dire che, al contrario di molti artisti contemporanei, che si ricoprono di sangue di vernice e lividi di trucco, in alcune sue performance (vedi Rhythm 0 e Rhythm 5, 1974) la Abramović arriva al punto di perdere i sensi o rischiare addirittura la vita; per cui ne apprezzo se non altro la coerenza e verità. L'opera che mi interessa in particolare per questo post è Balkan Baroque, del '97, durante la quale l'artista, seduta in mezzo a un cumulo di ossa di animali, le ripuliva di residui di carne e cartilagine, le strofinava con energia, quella forze purificatrice che poteva liberare lei stessa e il popolo oppresso dalla guerra dei Balcani. Utilizzare delle ossa come simboli è lo scopo anche di Francois Robert, nella serie Stop the violence, nel 2008.
F. Robert, Gun, Stop the violence, 2008
Si tratta di scheletri scomposti e ricomposti in simboli di guerra: carri armati, coltelli, pistole; non per esorcizzarli, ma per esortare a non usarli, in quanto sono la causa proprio della trasformazione di uomini in ossa e poi in polvere. Diversi, ma comunque molto interessanti, da questo punto di vista, gli scatti della giovane artista argentina Bárbara Rizzuti. In realtà i suoi sono un mondo e un approccio alla fotografia molto lontani da quelli precedenti: si occupa di maquillage, body painting, fotografia di moda e fashion. Però nell'immagine qui sotto vedete due facce “travestite” da teschi. Ciò mi ha stupito molto perché il “trucco” lo intendiamo di solito come qualcosa che abbellisce, che dà luce e grazia al volto, qui invece lo troviamo scarnificato, privato fino all'osso (perdonate la battutaccia) di qualunque elemento piacevole, ma è comunque “trucco”.B. Rizzuto, Ossa del volto, 2010