Osteoporosi – Il latte è imprescindibile per la prevenzione?

Creato il 16 gennaio 2013 da Ariannarossoni

In molti ritengono che l’osteoporosi, terribile e dolorisissima malattia che colpisce le ossa, possa essere prevenuta semplicemente grazie al corretto intake alimentare di calcio: questa supposizione sembrerebbe essere sufficiente a giustificare non solo il consumo di latte e latticini (note fonti di calcio), ma anche a suggerire l’integrazione di questo minerale attraverso pastigliette o alimenti fortificati (vedi yogurt arricchiti di calcio).
Io mi schiero contro: in primo luogo è stato ampiamente dimostrato che dopo i 18-20 anni d’età -ossia quando lo scheletro è ormai formato e consolidato- l’unico fattore che riesca efficacemente a rallentare la perdita di minerali ossei è una costante attività fisica; in secondo luogo non si può scindere l’assunzione di calcio da altri fattori che ne coadiuvano il metabolismo, ad esempio il corretto apporto di vitamina D (carente in latte e derivati). Da ultimo, esistono in letteratura diversi studi recenti che dimostrano come un eccesso di proteine animali sia correlato al rischio di osteoporosi in misura maggiore rispetto ad un basso introito di calcio.

Principalmente per questi tre motivi mi trovo in disaccordo con chi insiste a dire che escludere latte e latticini dalla propria alimentazione esponga maggiormente ad una demineralizzazione ossea, che può portare ad osteoporosi.
Oltre alla questione dell’osteoporosi, il latte e i suoi derivati portano con sé più interrogativi irrisolti che non effetti benefici: qui, ad esempio, avevo parlato della caseina, e qui dell’acne associata al consumo di latte.
Diversi studi associano l’eccessivo consumo di latte e formaggi ad un aumentato rischio di cancro (in particolare a tumori cosiddetti ormonali, cioè seno, endometrio e prostata): su questo fronte rimango cauta ad esprimere il mio giudizio. Un singolo alimento preso di per sé incide in misura veramente minima sull’insorgenza di una patologia multifattoriale e complessa come il cancro, dunque ha poco senso correlare il rischio di tumore esclusivamente al consumo di latte. Bisognerebbe prendere in considerazione tutte le abitudini della persona (alimentari e non) per comprendere fino a che punto il suo stile di vita lo stia esponendo ad un aumentato rischio di cancro.

Detto questo, esistono categorie di persone che non possono che trarre beneficio dall’esclusione di latte e formaggi dalla propria alimentazione: chi soffre di acne, di gastrite, di PCOS (sindrome da ovaio policistico), di colon irritabile, di disturbi digestivi, di problemi cutanei come l’eczema. Non solo: il latte è sconsigliato anche in caso di anemia (il calcio compete con l’assorbimento del ferro, dunque più calcio si introduce meno ferro si assorbe) e di diabete (il latte crea resistenza insulinica, che peggiora il diabete).
Pur non essendo mortali o invalidanti, questi disturbi compromettono in modo significativo la qualità della vita: basti anche solo pensare all’insicurezza che si associa all’acne giovanile, o ai disturbi intestinali che si scatenano in chi soffre di colon irritabile dopo aver bevuto un bicchiere di latte. Dal momento che moltissime persone soffrono di almeno uno dei disturbi che ho elencato, trovo assurdo che si continui ad insistere in modo così incisivo sull’importanza di bere latte quale fonte di calcio, inducendo le persone a pensare che senza di esso il proprio scheletro diventi fragile come cristallo.
Ho voluto consultare degli studi che abbiano indagato l’effettivo rischio di osteoporosi che si associa a diete vegane e onnivore. Questo non perché sostenga a spada tratta la dieta vegana, ma perché solo analizzando una dieta che escluda completamente latte e derivati si possono effettivamente trarre conclusioni circa la loro presunta imprescindibilità nel prevenire l’osteoporosi.

Le conclusioni degli studi che ho consultato sono in linea con il mio pensiero:

Il consumo di latte e formaggi non incide sul rischio di osteoporosi né in modo positivo (ossia proteggendo) né in modo negativo (ossia aumentando il rischio). Ciò significa che escludere queste categorie di alimenti non predisponga ad un maggior rischio di osteoporosi.

L’articolo più interessante che ho consultato è stato condotto su un gruppo di 105 monache buddiste vegane del Vietnam, confrontate con un gruppo di controllo di 105 donne onnivore, sempre vietnamite. Come è noto, l’osteoporosi è una patologia che colpisce più le donne degli uomini, in particolare nel periodo perimenopausale; le donne di entrambi i gruppi in studio avevano un’età media di 62 anni, con una menopausa insorta tra i 47 e i 49 anni. Le donne avevano stesso peso medio (53-54 kg) e altezza (148 cm), e l’80% di entrambi i gruppi ha riferito di fare attività fisica in forma di camminate mattutine. I due gruppi differivano per consumo di alcol (0% tra le monache, 10% nel gruppo di controllo) e di caffè (28% le monache, 48% il gruppo di controllo).
Attraverso un questionario sono state prese le abitudini alimentari di tutte le donne, con particolare attenzione al consumo di proteine animali e vegetali, e alimenti contenenti calcio. Il rischio di osteoporosi è stato analizzato grazie all’esame DXA, un’indagine diagnostica che misura la quantità e la densità di sali di calcio contenuti nello scheletro: la prevalenza di osteoporosi era del 17% tra le monache, e del 14,3% nel gruppo di controllo, dunque la differenza non era significativa. E’ invece interessante far notare il divario esistente tra i due gruppi circa il consumo quotidiano di calcio: una media di 375 mg tra le monache, quasi la metà rispetto al gruppo di controllo (683 mg).

Analizzando la dieta e i valori ottenuti con l’esame DXA i ricercatori hanno notato un particolare da non sottovalutare: nel gruppo di controllo, la massa minerale ossea era più bassa tra le donne che consumavano un quantitativo maggiore di proteine animali a fronte di un basso introito di proteine vegetali. Questo dato è giustificato dall’ipotesi secondo la quale l’eccesso di proteine animali abbia un effetto negativo sulle ossa, in quanto genera un eccessivo carico acido endogeno che potrerebbe a perdita di minerali dallo scheletro. Queste affermazioni, specificano i ricercatori, necessitano comunque di ulteriori approfondimenti.

Qui trovate il mio decalogo per la prevenzione dell’osteoporosi, con indicate fonti alternative di calcio altamente biodisponibile (cavoli, broccoli, rucola, semi di sesamo, mandorle, salvia, sardine). Prossimamente pubblicherò un articolo dedicato all’attività fisica come principale fattore di prevenzione della patologia.

Bibliografia
L.T.Ho-Pham, P.L.T.Nguyen, T.T.T.Le, T.A.T.Doan, N.T.Tran, T.A.Le, T.V.NguyenVeganism, bone mineral density, and body composition: a study in Buddhist nuns – Osteoporos Int 2009, 20:2087-2093

L.T.Ho-Pham, B.Q.Vu, T.Q.Lai, N.D.Nguyen, T.V.NguyenVegetarianism, bone loss, fracture and vitamin D: a longitudinal study in Asian vegans and non-vegans – European Journal of Clinical Nutrition 2012, 66:75-82


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