Dopo i tatticismi e le contrapposizioni, comprese le accuse completamente fuori luogo di attentato alla democrazia, con l’avvio dell’iter parlamentare della riforma del Senato la questione si sposta da un piano partitico ad uno squisitamente politico. La riforma voluta dal governo Renzi e sostenuta dalla maggioranza di Forza Italia, avente come stella polare il superamento del bicameralismo perfetto, è sicuramente perfettibile, ma l’impostazione che la vede strettamente collegata agli enti locali non può essere in alcun modo vista come una limitazione della libertà di scelta democratica da parte della cittadinanza; piuttosto, con un Senato composto in larga parte da ELETTI con garanzie di appartenenza al territorio ben più consistenti di un’eventuale elezione diretta, la nuova Camera alta garantirà, oltre che lo snellimento degli iter legislativi e l’abbattimento dei costi, una possibilità di maggiore partecipazione e controllo dei cittadini. Una volta superata l’idea di affidare al Presidente della Repubblica la nomina di un cospicuo numero di senatori, com’era inteso nelle prime bozze di riforma, l’unica criticità rimane la fumosità del criterio di scelta, da parte dell’assemblea degli amministratori locali, dei consiglieri delegati a rappresentare le regioni a Palazzo Madama. Gli integralisti dell’elezione diretta dovrebbero riflettere su come il mantenimento del suffragio specifico, magari mantenuto in abbinamento con quello della Camera, da una parte possa indebolire quel superamento del bicameralismo paritario che loro stessi si auspicano, almeno a parole; dall’altra, renderebbe meno giustificabile l’abolizione delle indennità: questi sono concetti che molti insigni costituzionalisti vanno ripetendo da tempo.
Piuttosto, un miglioramento capace di rendere ancora più stringente il rapporto tra cittadinanza e rappresentanza potrebbe essere quello di rendere noto, già in fase di presentazione delle liste per le elezioni regionali, i candidati consiglieri in corsa anche per il Senato. All’assemblea degli amministratori locali spetterebbe il compito di scremare, dalla rosa dei più votati tra questi, i delegati regionali al Senato. Un sempice emendamento a cui, per quel che mi risulta, non ha pensato nessuno, ma che non avrebbe difficoltà a trovare il sostegno delle forze parlamentari e che consentirebbe di ridurre la distanza, in termini di espressione della volontà popolare, tra il nuovo meccanismo di composizione e l’elezione diretta. Comunque, ora arriva il momento della verità e chi crede di poter sfruttare il dibattito parlamentare per cercare di ridimensionare il consenso di Renzi, sbaglia di grosso. La cittadinanza, positivamente interessata al dinamismo di questa fase politica, non tollererebbe una ricaduta nella palude e se qualcuno ha intenzione di fare il Sansone di turno, sappia che stavolta i filistei potrebbero scappare prima del crollo del tempio, lasciandolo da solo sotto le macerie.