Behind the Curtain è il nuovo atteso album di Osvaldo Supino rilasciato il 26 novembre ad un anno e mezzo di distanza dal fortunato “Exposed” (4° in classifica su iTunes, ottime recensioni dai più autorevoli siti come PopJustice e EQMUSIC in UK), un album ricco di collaborazioni importanti come Leeyou&Dancey (Akon, Leona Lewis), Jussi Nikula (nomination Grammy Awards) e Sergio Vinci (Laura Pausini, Nek, Noemi) e un duetto con Antonella Lo Coco nella cover “Missing You”. Abbiamo intervistato l’artista italiano “indipendente” più cliccato e discusso in rete per “scoprire” qualcosa in più sul suo percorso, la sua idea di musica, di indipendenza e di famiglia ecco come ha risposto alle nostre domande:
Osvaldo Supino, chi è e come nasce cantante e da dove prende gli spunti per la sua musica?La musica fa parte di me da quando ero molto piccolo. E’ sempre stato il mio linguaggio. Penso sia colpa dei miei genitori che si conobbero su una pista da ballo e mi ci hanno portato mentre mi aspettavano e subito dopo. Ho ascoltato e cantato tantissima musica Italiana fin da quand’ero molto piccolo, Baglioni è sempre stato il mio preferito… e poi mi sono appassionato della musica oltre oceano. Viaggiando, osservando e ascoltando ho imparato a captare le nuove influenze e portarle nei miei dischi. E’ difficile vivere di musica in Italia? Forse l’estero è più ricettivo per la mancanza di pregiudizi? Purtroppo gli artisti in Italia, come tante altre categorie di lavoratori, non hanno alcun tipo di garanzia e rispetto perciò andare avanti è sempre più difficile. Non si tratta tanto di pregiudizi ma più che altro di rispetto per un mestiere fatto con passione che coinvolge sempre tante altre persone. Dietro a un progetto, anche piccolo, ci sono sempre più persone che ci credono, si muovono e investono il loro tempo, denaro e professionalità. Aiuterebbe sicuramente se si ricominciasse a dare anche noi nel nostro piccolo un valore maggiore alla musica acquistandola legalmente. Come nasce la collaborazione con Antonella LoCoco con cui riproponi Missing You nel tuo disco?
E’ una canzone in cui mi sono rivisto subito nel testo, e quando ho scoperto che era una di quelle che i miei ballavano mentre mi aspettavano la cosa mi ha entusiasmato ancora di più. Ho subito pensato di riproporla in una chiave electro pop che mantenesse e ricordasse proprio la stessa magia degli anni 80 e Antonella è stato il primo nome a cui ho pensato. In realtà pensavo mi dicesse di no, e invece è stata carinissima. Sinceramente penso sia una delle mie tracce preferite dell’album. Quali sono secondo te i limiti della discografia italiana?
Molti discografici hanno paura di rischiare e investire anche un minimo nei giovani che non escono dai talent. Non si fidano di proporre progetti che non coinvolgono i soliti quattro autori, gli stessi fotografi, gli stessi registi di videoclip. Questo non porta la minima evoluzione e costringe anche i grandi a non rischiare nel proporre artisticamente qualcosa che vada un po’ oltre il solito scenario ormai riproposto da più di dieci anni. Purtroppo però andando avanti così non penso le cose si risolleveranno chissà quanto. L’auto-produzione artisticamente consente maggiore libertà di espressione e di gestione ma dove incontra le difficoltà maggiori andando a scontrarsi con la concorrenza (major)?
Il problema principale è la promozione. Se non parti con una major hai più difficoltà a trovare passaggi televisivi e radiofonici, e quindi raggiungere gli altri con il tuo messaggio. Ma ho sempre preferito seguire il mio istinto e la mia creatività. E’ il motivo per cui faccio musica, non avrebbe senso arrivare primo in classifica e passare su tutte le radio con qualcosa che non mi rispecchia. Ritieni che in campo musicale in Italia ci sia posto per tutti o…per pochi?
Il realtà penso sia un ottimo momento per gli artisti indipendenti e noto che molti che la ascoltano non si accontentano più delle solite 10 hits in circolazione e cercano sempre novità. Internet su questo ha aiutato tantissimo. Penso ciò che paghi a lungo termine è la ricerca della novità e della professionalità massima nei lavori proposti. A mio parere ci sono tantissimi giovani che realizzano cose che meriterebbero moltissima visibilità e attenzione in più. Il tuo ultimo lavoro musicale è stato registrato tra Milano, Los Angeles e Helsinki risente di particolari contaminazioni musicali nella sua evoluzione? eventualmente quali? Per la prima volta non ho pensato alle influenze, ho scelto questi pezzi con l’istinto, senza pensare se erano radiofonici o meno, se potevano piacere o no o se rappresentavano una crescita per me. Questo mi ha aiutato molto ad aprire i miei orizzonti ed essere ancora più trasparente e creativo. Senz’altro girare così tanto e confrontarsi con realtà musicali giovani è la maniera migliore per trovare ispirazione, ma è anche fondamentale trovare i produttori giusti che ti ascoltano e ti aiutano a ricreare esattamente quello che vuoi. Io sono stato senza dubbio molto fortunato in questo. Per preparare l’ultimo album sei andato “in ritiro” in famiglia in che modo ha influito sui contenuti del tuo disco? Il lavoro per Behind The Curtain è iniziato subito dopo la pubblicazione del precedente Exposed. Ho raccolto moltissimo materiale, l’ho ascoltato e lavorato mentre ero in giro, e ho provinato circa una settantina di canzoni prima di scegliere queste 10. Ma le decisioni più importanti le ho prese a casa, ascoltando i miei, i loro discorsi e questo sicuramente ha influito moltissimo sui temi affrontati. Ho sempre cantato ciò che ho vissuto, ciò che cercavo e ovviamente un momento così intenso non poteva che riflettersi nella mia musica. I talent show sono una scorciatoia al successo o una una scelta pericolosa che può creare pregiudizio nell’ambiente musicale? Un’etichetta difficile da staccare?
Credo molto nella gavetta e nel successo costruito con il tempo. Penso che tutto dipenda dalla volontà dell’artista di costruire su di se un progetto che vada otre la visibilità momentanea data dai Talent. Noemi ad esempio, rappresenta sicuramente un’evoluzione concreta da prendere come riferimento. E’ tutto nel considerare il Talent più come un punto di partenza che di arrivo. Nel tuo ultimo album ti racconti per la prima volta senza paura…ma cos’è Osvaldo oggi e dove vuole arrivare?
In realtà mi sono sempre raccontato in maniera trasparente nella mia musica, la differenza è che forse oggi, crescendo nascono in me nuove esigenze, nuovi desideri e nuovi modi di percepire le cose. Penso di essere lo stesso del mio debutto, è solo che mi identifico di più in altri argomenti. Voglio che un giorno mio figlio, ascoltando un mio disco possa dire “che figata, papà!”.