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Otium e Negotium

Creato il 30 agosto 2015 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
fa-caldodi Ivana Vaccaroni. Il periodo solitamente riservato alle vacanze è terminato.
E’ un periodo che ognuno di noi intende considerare in modo differente: c’è chi lo dedica al riposo, chi al divertimento, chi addirittura semplicemente al “dolce far niente”.

Eppure lo programmiamo, organizziamo, progettiamo come facciamo tutto l’anno per il lavoro, convinti che anche per quel breve periodo ci dobbiamo impegnare e ottenere il massimo del rendimento.

Abbiamo forse il timore di ritrovarci soli con noi stessi, con i nostri pensieri più reconditi e i nostri problemi irrisolti e quindi fuggiamo da tutto ciò riempiendo ogni minimo spazio, ogni minuto utile e prezioso.

Ci sembra di dover correre o rincorrere sempre qualcosa o qualcuno, di non avere la possibilità di sfruttare ogni minima occasione per completare quel puzzle che, una volta terminato, non ci darebbe comunque modo di risalire a tutte le tessere del mosaico le quali, da sole, non significavano nulla, ma tutte incastrate nella giusta posizione hanno generato un disegno che non ci saremmo mai immaginati.

Un altro motivo di ansia è il fatto che ci sentiamo in qualche modo in dovere di giustificarci agli occhi degli altri: le nostre vacanze devono essere invidiabili, in posti esclusivi o poco conosciuti, divertenti ma anche originali e per le quali non abbiamo bisogno di consigli né suggerimenti di alcun tipo, perché nessuno conosce meglio di noi tutto ciò che c’è da sapere su quella spiaggia o quel sentiero.

E allora vediamo se anche gli antichi intendevano con otium o negotium esattamente quello che intendiamo noi.

Otium non significava quel “dolce far niente” cui accennavo sopra ma “tempo libero dalla vita politica e dagli affari pubblici”, quello in cui l’uomo ricerca se stesso dedicandosi alla lettura e cerca di costruire una morale propria, usa il tempo per la formazione personale in funzione della virtù per raggiungere la condizione di saggio(sapiens) caratteristica della filosofia stoica.

Ciò è possibile soprattutto nel periodo repubblicano, grazie al contributo del senato quale componente indispensabile della vita politica, ma è anche quello che invita a fare Seneca, nel trattato intitolato appunto De otio quando si rende conto che i suoi insegnamenti non hanno sortito gli effetti desiderati sull’imperatore Nerone, nel primo secolo dopo Cristo. Egli distingue il concetto affermando che quello condiviso   dalla scuola stoica significa necessità di allontanarsi, almeno momentaneamente dalla vita politica, mentre per la scuola di Epicuro l’otium doveva rappresentare una scelta normale di vita, in alternativa all’eccezionalità della vita politica.

Due modi di concepire e sfruttare il tempo completamente differenti, espressione di due modi opposti di intendere la vita.

L’ otium attivo, quindi, è foriero di azioni, di quell’agire che è comunque produttivo e che rinfranca spirito e mente preparandoli a nuova vita, una vita ricaricata e piena di nuovi stimoli. E’ uno spazio che il saggio deve riservarsi per raggiungere la verità e migliorare se stesso e, di conseguenza, anche gli altri.

Negotium, composto di nec otium, indicava al contrario l’attività pratica, prevalentemente politica e militare, ed era influenzato dai valori del mos maiorum presenti nel cives romanus e imponeva una serie di officia (doveri) a favore dello stato e dei concittadini con i quali condivideva la virtus individuale. Significava quindi occuparsi per necessità e non per scelta dei propri affari e doveva essere evitato perché distoglieva dagli ozi.

Cicerone, invece, nel De oratore, parla di otium cum dignitate indicando tale concetto quale grande ideale dell’uomo politico romano. Si tratta infatti del meritato riposo dalle fatiche dell’attività politica, del giusto coronamento di una vita spesa a favore della res publica. Egli non fa mistero del fatto che spera nel riconoscimento, in futuro, di tale diritto, guadagnato attraverso l’impegno profuso negli affari forensi e nella cura per ottenere cariche pubbliche. Ricorda inoltre al fratello come durante tutta la sua esistenza non si sia mai potuto concedere tale riposo, quei fructus otii di cui necessitava, ribadendo così il suo costante impegno politico.

Noi, oggi, al contrario, non sappiamo oziare e anche durante le sospirate e attesissime vacanze ci creiamo una serie infinita di attività, a metà tra otium e negotium, esercitando le quali abbiamo la sensazione di rilassarci ma non riusciamo a distoglierci del tutto dagli affari, dal lavoro e dagli impegni quotidiani.

Manteniamo cioè uniti due concetti che, per gli antichi, erano ben distinti e rappresentavano due modi completamente differenti di concepire l’esistenza.


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