“Otto fondazioni liriche su quattordici rischiano di essere declassate a teatri di tradizione, e tra queste c’è il Teatro dell’Opera di Roma”. Lo afferma Massimo Cestaro, segretario generale della Slc Cgil, in un’intervista all’Adnkronos nella quale dipinge un quadro ancora più cupo: “Nei corridoi del Mibact - afferma - da tempo si parla addirittura di lasciare solo due eccellenze, la Scala e l’Accademia di Santa Cecilia, trasformando tutte le atre in realtà territoriali. Si tratterebbe di una perdita gravissima per la grande tradizione produttiva delle fondazioni, e non si può dire che siccome ci sono pochi soldi, 14 teatri sono troppi. E’ una visione impiegatizia di un settore che ha certamente dei vizi, ma anche virtù che non si possono cancellare”.
Cestaro attribuisce questa situazione al “guazzabuglio legislativo che sulle fondazioni lirico sinfoniche ci hanno lasciato gli ultimi governi. Non è neppure chiara la loro natura giuridica. Le fondazioni sono l’unico caso di cancellazione per legge del contratto collettivo di lavoro a favore di una contrattazione aziendale. Per questo – sottolinea il sindacalista - chiediamo al governo una legge di riordino di tutto lo spettacolo dal vivo, e invece arrivano solo i tagli”.
Il segretario generale della Slc Cgil fa riferimento a una lettera “sottoscritta da tutte le sigle sindacali e dall’Anfols, inviata più di un mese fa al ministro Franceschini con la quale gli abbiamo chiesto un incontro, ma non abbiamo ancora avuto risposte. Capisco che Franceschini incontra chi vuole, ma la fase di ascolto di sovrintendenti e rappresentati sindacali dovrebbe essere primaria per un ministro. Il suo predecessore Massimo Bray aveva la gentilezza di ascoltare tutti”.
Per Cestaro serve un ripensamento anche sul ruolo delle Fondazioni “che sono un volano per l’economia dei territori in cui si trovano e non una spesa. L’idea che 14 siano troppe è una sciocchezza - sottolinea – che nasce solo dal dimezzamento del Fus (Fondo unico per lo spettacolo, ndr) di questi ultimi anni. Si deve capire che lo spettacolo dal vivo si regge se c’è un contributo pubblico. In questo senso, nel corso dell’incontro che abbiamo avuto ieri con l’Anfols, si è parlato di produrre una documentazione dettagliata che metta a confronto i teatri italiani, quanto a contributi e produzione, con quelli europei”.
Inoltre, aggiunge il sindacalista, “va compreso che le fondazioni sono centri di produzione e non scatoloni vuoti da riempire, come li intende Fuortes (Carlo Fuortes, il sovrintendente del Teatro dell’Opera di Roma, ndr), che fa confusione con l’Auditorium Parco della Musica che ha gestito in questi anni con una programmazione encomiabile. Ma le Fondazioni liriche sono un’altra cosa. Del resto – sottolinea Cestaro – la relazione della Corte dei conti ha evidenziato che la sua gestione commissariale del Petruzzelli di Bari si è rivelata fallimentare. Io non so se al Petruzzelli si potesse fare diversamente, ma i dati dei magistrati contabili dicono questo. E ancora prima di questi dati – rimarca – abbiamo visto quale fosse la sua idea per risolvere i problemi dell’Opera di Roma: licenziare le masse artistiche. Un’idea sconsiderata, mai vista prima e probabilmente illegittima”.
Cestaro ricorda infine che il 28 e il 29 ci sarà un appuntamento elettorale per tutti i lavoratori: “Potranno scegliere i loro rappresentanti sindacali unitari all’interno dei luoghi di lavoro. Noi siamo per una forma di rappresentanza unitaria e non per un sindacato unico, come lo vorrebbe Renzi. E’ importante quindi – conclude il segretario generale della Slc Cgil – che anche i lavoratori del Teatro dell’Opera possano scegliere le loro rappresentanze sindacali unitarie”.
FONTE: http://www.adnkronos.com/
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