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Otto poesie di Pier Francesco De Iulio

Creato il 28 gennaio 2015 da Wsf

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Sono nato a Roma, dove attualmente vivo e lavoro.
Laureato in Lettere presso l’Università di Roma “La Sapienza”, attualmente mi occupo di comunicazione e progetti di formazione aziendale. Dirigo il magazine on-line Megachip.info. Sono tra i fondatori del canale di informazione indipendente sul web PandoraTV. Ho sempre unito la mia “vocazione” umanistica con un’anima “tecnica”, che mi deriva dallo svolgere il mio lavoro principale per una grande società d’informatica. Ho due figli, Flavio e Beatrice, ovviamente bellissimi. Non rispondo a chi mi chiede se ho letto tutti i libri che possiedo. Per alcuni anni ho provato a diventare vegetariano con alterne fortune ma ora ho smesso. Sono un inedito poeta.

**

[I]

se ne stava sui sassi
come un’allodola,
chiusa in un verso sdrucciolo
da non potersi stringere ad arco
ma soltanto farsi strada innanzi,
volo e sutura:
la colse così
– tra la canna e lo sparo
un silenzio di purgatorio
una voluttà di parole nuove,
il fischio mortale alla borrita
dell’imberbe cacciatore d’ore.

*

[II]

non c’è sistema di misura
o giocoforza di contrapposte finitudini,
tra il me e il te
ci sono mucchi di panni da lavare
gli avanzi della cena
la coppa di vino sbreccata
da cui bevemmo a sorso a sorso
fino a morire:
siamo ombre eppure ci tocchiamo.

*

[III]

vuoi fare filosofia di un verso,
soppesare le torsioni delle sillabe
la grammatura del verbo amare:
restano spiragli in terza persona
la misura che distanzia dal fondale,
già non ti accorgi più
dell’immagine.

*

[IV]

sui balconi delle case
su questa via che attraversiamo
ci sono fiori
che non appassiscono mai,
essi guardano
dai loro avamposti
la claudicante andatura
degli uomini:
sono primule odorose
sono gerani a mille a mille,
le gole sono secche di parole
hai chiesto acqua:
è un tripudio
questo scendere a ogni passo
il sentiero
fin dove la pianura quieta sta,
sulla cima
è già iniziato il temporale.

*

[V]

ogni sera
ci addormentiamo
dopo avere scopato
e
ogni mattina ci destiamo
facendo l’amore,

nel mezzo
una disumana carezza.

*

[VI]

nell’urto della risacca
quest’ora al fondo della morte
dai miei occhi ai tuoi occhi
ci guarda, si fa eterna:
il silenzio
è un granello di sabbia
sulle labbra, un corpo
su un altro corpo per caso
a correggere la distanza:
siamo naufraghi
restando in ascolto,
purpurei
nel mare del mare
a ovest.

*

[VII]

ci lasciammo
come si lasciano gli amanti,
assoli
sotto i marmi severi delle accademie
coi bianchi palicari balcanici
e i lecci e gli allori
tediati nella sera estiva,
sul crinale bruno di villa borghese.

*

[VIII]

e
vorrei dormire nel tuo sesso,
carne orlata di presagi
vespro occluso
nostra balbuzie animale

misura della dismisura
immemore,
disfacendo stare.


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