Permettetemi alcune riflessioni sull’ outing promesso da Aurelio Mancuso nei confronti dei politici omosessuali che, pur andando contro i propri simili, si prestano a politiche violente e discriminatorie nei confronti dei propri fratelli e delle proprie sorelle GLBT.
L’outing promesso dall’ex presidente Arcigay ha il sapore di una grande provocazione. La disillusione e il disincanto, che ormai rivendico come un malessere personale, mi inducono a pensare che il 23 settembre quella lista o, come qualcuno l’ha ribattezzata, l’outinglist, rimarrà bianca. Una proposta come quella di Mancuso non va pubblicizzata, va attuata e basta.
Perché aspettare proprio il 23 settembre? Cosa ci si aspetta che accada nel frattempo?
E poi, diciamocelo, il metodo usato, quello dell’anonimato, è un metodo sbagliato che ha il vago sapore del ricatto e che serve a creare ancora più confusione di quella che già esiste in questa triste società.
Chi decide di fare i nomi dei politici omofobi e omosessuali deve farlo mettendoci la faccia, portando prove concrete e dimostrabili, deve correre i rischi che questa pratica comporta. Altrimenti è solo fango che non serve a nulla se non a una mera vendetta.
In realtà l’azione di Mancuso ha avuto, ancora una volta, l’effetto di sottolineare le spaccature fra le diverse associazioni che si sono immediatamente schierate pro o contro l’outing. A mio parere però, ed è solo un’ipotesi, lo scopo principale di un’azione del genere, annunciata e strombazzata a tutti i media, è quella di creare un consenso populista verso chi ha proposto tale iniziativa. E anche di agitare le acque in altre associazioni, come Arcigay, che ha preso apertamente le distanze da questa forma di lotta e che ora viene aspramente criticata da una base arrabbiata, esasperata e stanca.
Personalmente non ho nulla contro l’outing, soprattutto se si fa contro persone che, pur di mantenere i propri privilegi, ci offendono e ci denigrano quotidianamente. Ma l’outing deve essere una forma seria di lotta non un modo per farsi pubblicità.
Non so quali siano le vere intenzioni di questa mossa. Voglio sperare che siano finalizzate a smuovere le cose in campo politico e non a dividere ulteriormente una già frammentata e quasi inesistente comunità GLBT.
Sul piano pratico non credo che queste azioni servano a molto. Ho letto le parole della portavoce di Famiglie arcobaleno, Giuseppina La Delfa, e comprendo la rabbia, la frustrazione di chi, come lei e come molte altre persone, lottano da anni per ottenere e far ottenere alle persone GLBT quei diritti che ci vengono da troppo tempo negati. Ma, tuttavia, pur condividendo quella rabbia, dopo averci ragionato, penso che le cose non si possano cambiare in questo modo e con questi mezzi.
È una strada che ancora non è stata provata? Bene, allora proviamoci.
Ma facciamo subito, ora, mettendo da parte le lotte intestine, i personalismi e, soprattutto facciamolo bene. Alla luce del sole con tutte le prove del caso.
Una cosa le grandi associazioni devono capire.
Le persone GLBT sono stanche. Temo che, a causa della crisi che ha colpito tutt* indiscriminatamente, quindi anche le persone GLBT, lo siano ancora di più perché anche la discriminazione, in tempo di crisi, diviene più violenta e irrazionale di quello che già è in tempi “normali”.
Se l’outing è una strada che una parte della comunità GLBT vuole provare allora che la si provi ma non può essere il nostro unico mezzo di lotta. A mio parere questa azione (che non credo vedrà mai la luce) rimane un gesto dimostrativo, una provocazione, forse, da un certo punto di vista, anche pericolosa. Non crediamo però di risolvere i problemi in questo modo. Sono la cultura e l’educazione, è il coraggio che ognuno di noi mette nella propria quotidianità che cambieranno, prima o poi, le cose in questo triste e desolato (oltre che decadente) paese.
Marino Buzzi
Magazine Opinioni
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