A pagina 13 mi sto già chiedendo come ho fatto a non scoprire prima questo libro, io che ho già letto Cacucci e, reazione a catena, il pensiero va a tutti quei libri ‘per me’, ancora in giro, che ancora non conosco. Paul Sweeny diceva che ti accorgi di aver letto un buon libro quando giri l’ultima pagina e ti senti come se avessi perso un amico. La sensazione è di aver perso anche più di un amico. Sono quattro, uno più bello dell’altro, vissuti tempo fa, quando c’erano ancora le lire e la Jugoslavia non era ancora esplosa. La fuga è il tema che ricorre in tutti gli episodi di questa raccolta, una fuga come unica via d’uscita possibile per affrontare le situazioni, a volte stravaganti a volte un pò meno, che la vita mette di fronte ai protagonisti. Certo la fuga, l’andar via, non è una novità negli scritti di Cacucci ma riesce sempre a scrivere dell’argomento con leggerezza e con parole semplici e chiare che rendono la lettura scorrevole e amabile, sopratutto in questi quattro racconti, che decretano il suo esordio letterario. È di sicuro una delle più belle e vivaci antologie di racconti italiani che ho letto. Travolgente l’escalation nel racconto finale: Colluttorius. Altamente consigliato.
Dal racconto Outland rock:
Passa la giornata a ricomporre le macerie della casa, con l’incostanza e la disperazione che mette nel riordinare qualunque altra situazione della sua vita, cominciando da una parte e interrompendosi ogni volta che scorge un oggetto che lo interessa di più, in un continuo distrarsi a catena. Nel tardo pomeriggio decide di applicarsi un poco per giorno, ritenendo impossibile, per la sua mente incrinata dalla depressione, di poter realizzare un riassetto globale in una sola volta.