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Ozu Yasujirō – Autunno e primavera. Volume 1

Creato il 23 dicembre 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
Ozu Yasujirō – Autunno e primavera, Volume 1play video

Lo sguardo basso e irrimediabilmente immobile della macchina da presa di Yasujirō Ozu dischiude un mondo, quello della famiglia giapponese, che si presenta come sul palcoscenico di uno spettacolo teatrale, invitando lo spettatore a partecipare vivamente ai drammi che si susseguono, cercando e riuscendo a cogliere l’essenza dell’umanità dei personaggi che si presentano sullo schermo. La sintassi cinematografica di Ozu, caratterizzata da un lavoro di riduzione progressiva del lessico che si concretizza nell’eliminazione dei movimenti di macchina, delle dissolvenze, degli obiettivi grandangolari, dei primissimi piani e di ciò che il regista considerava artificio della tecnica, mira proprio a restituire con la massima semplicità gli stati interiori dei protagonisti che, colti nella quotidianità, riescono sempre a commuovere, a incarnare quel sublime senso di vuoto che inevitabilmente si abbatte sulle loro esistenze, senza che l’istituzione famigliare, che pur costituisce un solido elemento di aggregazione nella società giapponese, possa far alcunché per evitare che il malinconico corso della Natura si compia. Quei legami così faticosamente tessuti in tanti anni di convivenza all’improvviso vengono esposti all’ineluttabilità di un Evento che, pur nella sua prevedibilità (il matrimonio di una figlia, le attività lavorative che allontanano, le seconde nozze di un padre vedovo), assume tratti traumatici, scardinando la solidità di un’esistenza fondata sulla costruzione dei rapporti interni al nucleo d’origine. Ozu, come nessun altro, dà conto di questo sfaldamento, restituendone in pieno l’ordinaria drammaticità.

In Tarda Primavera (1949) il vecchio padre (Chishū Ryū, attore onnipresente nelle pellicole di Ozu), che è stato costretto a mentire alla figlia dicendole di volersi risposare pur di indurla a principiare una sua nuova autonoma vita, chiude il film sbucciando una mela, e la scorza lentamente tagliata via cade malinconicamente a terra, segnalando la recisione di un legame fortissimo, ma che, inevitabilmente, deve evolversi, diventare qualcos’altro, forse semplicemente cessare. Immagini dotate di un altissimo tasso poetico che, al di là di qualsiasi retorica, arriva allo spettatore, convocandolo a fare i conti con un latente senso di solitudine che pur bisogna accettare in quanto elemento fisiologico dell’esistenza. È l’evoluzione dei rapporti ciò che maggiormente interessa il cineasta giapponese, che non ha mai smesso, insieme al suo immancabile co-sceneggiatore, Kōgo Noda, di porre lo sguardo proprio sul momento tragico del mutamento che comporta una consistente quota di dolore.

E, a questo punto, non si può omettere di citare l’altro grande film di Ozu, dai i più considerato il suo capolavoro, Viaggio a Tokio (1953), in cui una coppia di anziani va a visitare i propri figli che non vedeva da molto tempo; questi ultimi assai indaffarati per motivi di lavoro non riescono a fornire le dovute attenzioni ai due attempati genitori, e, per potersene liberare, li inviano in una località termale, finché una serie di vicende fa emergere tutte le difficoltà di un rapporto sempre più vacillante. La morte della madre rivelerà l’inconsistenza del legame filiale e, anche in questo caso, le ultime sequenze mostrano un anziano uomo (ancora l’ottimo Chishū Ryū) abbandonato al suo destino, defraudato di tutti quegli anni dedicati all’educazione e il sostentamento dei figli. Un funesto epilogo, la cui inevitabilità sfronda il racconto di ogni facile sentimentalismo, mostrando senza veli una triste parabola la cui curva discendente scema drammaticamente senza possibilità di correzione. Ozu dirige gli attori in sottrazione, la recitazione è minimale e Ryū incarna esemplarmente questa modalità interpretativa, le sue pause sono struggenti e il non detto va a comporre un consistente sotto testo che informa quanto si manifesta nei dialoghi.

L’altro film, il primo in cui Ozu fa utilizzo del colore, è Fiori d’equinozio (1958), in cui, a parere dello scrivente, si raggiungono delle vette poetiche significative e lo splendore cromatico fornisce un ulteriore elemento attraverso cui dilatare lo stato emotivo dei personaggi. La macchia rossa di una teiera che si staglia in un’inquadratura, come al solito rigorosamente composta da Ozu, si carica di una forza espressiva che amplifica il tono della messa in scena, come il violetto di quei fiorellini che Antonioni mirabilmente riprendeva prima fuori fuoco e poi a fuoco in Deserto rosso, o come per tutta la cinematografia di Minnelli. La società patriarcale vive la pressante cospirazione femminile, e la figlia di Hirayama Wataru (Saburi Shin) viola il precetto del genitore che le impone quello che sarà il suo futuro sposo. Il maschilismo della società giapponese emerge chiaramente in questo film, e Ozu lo mostra palesemente, come nelle sequenze il cui il padre, appena tornato a casa dal lavoro, getta gli abiti in terra e la moglie lo tallona raccogliendo i vestiti per ordinarli sulla stampella. Ma alle fine la congiura femminile la spunta e Setsuko (Arima Ineko) riesce a esaudire i propri sogni (sposando l’uomo che ama), assumendosi la responsabilità delle proprie scelte.

Ozu intermezza spesso il flusso della narrazione con alcune brevi inquadrature spoglie di esterni che, come nature morte, puntellano l’ordine simbolico, indicando la presenza di un vuoto che erra tra i termini della situazione. In Fiori d’equinozio il finale non è amaro, come se il colore donasse una vitalità che contrasta con le consuete vicende raccontate da Ozu, e le rigorose prospettive costruite dal regista giapponese appaiono ancora più splendenti, soprattutto se si pensa agli interni delle case giapponesi, in cui il colore caldo del legno dona un tono assai accogliente.

Pubblicato grazie al lodevole lavoro di Tucker Film, e distribuito da CG Entertainment, Ozu Yasujirō – Autunno e primavera, Volume 1 comprende i film Tarda Primavera, Viaggio a Tokio e Fiori d’equinozio restaurati in 4k. I tre dvd sono muniti di contenuti extra comprendenti splendide gallerie fotografiche. I film sono disponibili anche in blu ray.

Luca Biscontini

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