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Pacific Rim

Creato il 12 luglio 2013 da Mattia Allegrucci @Mattia_Alle
Pacific RimIl dilemma e la preoccupazione di tutti i fan del regista/sceneggiatore (o meglio, dell'autore) Guillermo Del Toro era quella di trovarsi di fronte ad un Transformers più curato, meno patinato e decisamente più dark. C'è ben poco, in Pacific Rim, dei robottoni Bayani, mentre c'è tanto Del Toro all'interno della sceneggiatura scritta a quattro mani assieme a Travis Beacham, ma anche nella cura della regia, ricca di rimandi alle sue precedenti opere. Al di là degli innumerevoli elogi al comparto tecnico (la fotografia dell'eccelso Guillermo Navarro, il montaggio di Peter Amundson e John Gilroy e le musiche non troppo differenti tra loro di Ramin Djawadi, che hanno l'unico lieve difetto di ruotare sempre attorno allo stesso tema) ciò che è da evidenziare ed elogiare è il modo in cui il regista renda personale questa opera, diversificandola dai blockbuster attualmente al cinema e dimostrando che fare intrattenimento intelligente è ancora possibile, rispolverando tante tematiche a lui care ma senza mai voltare le spalle all'azione e al divertimento. Le tante comparse comiche possono essere viste come un lato negativo, ma sono in realtà un "male necessario" richiesto dal genere (inteso come film per tutti) e già il fatto che non sia presente la apparentemente immancabile scena finale del romantico bacio tra i due protagonisti Charlie Hunnam e Rinko Kikuchi significa che Del Toro non si piega mai completamente al volere del marketing. Ma torniamo alla firma citata poco fa che distingue una pellicola d'autore da un filmetto come tanti: all'interno di questa storia, potenzialmente trita e ritrita, il buon Guillermo inserisce, come dicevo, tanti temi a lui cari come ad esempio l'onnipresente rapporto padre-figlio, qui affidato a co-protagonisti molto importanti per la storia, o ancora il discorso evolutivo appena accennato in La Spina del Diavolo (i bambini che, come i cavernicoli, fanno gruppo e inventano delle armi per sconfiggere un nemico più grande, l'adulto avido) che qui ritorna per essere completato e per avere una duplice valenza sia dal punto di vista degli Jager (leggi robottoni) che dei Kaiju (leggi mostri giganti). Se questi ultimi sono l'emblema di una evoluzione naturale mai da sottovalutare, i primi rappresentano lo sfruttamento della forza bruta al servizio dell'intelletto: i robot non sono infatti radiocomandati come accadeva agli Ufo Robot, ma interagiscono grazie ad una specie di intelligenza artificiale creata dall'interconnessione dei due cervelli dei diversi piloti. I ricordi di entrambi sono le basi di una complessa macchina da guerra tutt'altro che superficiale, comandata da due esseri umani collegati tra loro da un rapporto di fiducia (altro tema caro all'autore). Non manca poi la sempre importante presenza del bambino, fulcro di ogni storia di Del Toro, sempre protagonista di momenti molto importanti per le sue storie già da Mimic fino a questo suo ultimo lavoro. Con una mano ferma e una lucidità senza pari (sì, è un'iperbole, ma sono ben pochi gli autori che mantengono tanta lucidità di fronte ad un progetto così ambizioso), il regista messicano confeziona un blockbuster dagli ottimi effetti speciali e dall'azione mai macchinosa o insapore, e allo stesso tempo un prodotto che porta la sua inconfondibile firma in ogni sequenza, capace di essere apprezzato sia dai suoi fan che da chi capita al cinema quasi per caso e scopre solo in quel momento dell'esistenza di Pacific Rim (mannaggia a loro). Uno dei più grandi kolossal degli ultimi anni, come non se ne vedono ormai da tanto, troppo tempo.
Pacific Rim

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