Il dottorando Giacomo Guazzini (Foto: La Nazione)
(Fonte: La Nazione) - Dietro la grata di un grande tabernacolo, oscurati dalle ben più evidente statua della Vergine, in una cappella laterale (dedicata alla Madonna Mora) quasi inghiottita nel ben più ampio contesto dell'edificio sacro. Serbati in una delle basiliche più conosciute, studiate e frequentate d'Italia, ma al contempo "nascosti" agli occhi dei più, dietro una spessa coltre di tempo e deterioramento che li avevano relegati a affreschi di natura ignota e neppure troppo prestigiosi.Poi, un giorno, ecco l'intuito di un giovane dottorando alla Normale di Pisa a cambiare l'ordine delle cose, a spalancare uno scrigno il cui contenuto potrebbe riscrivere i manuali d'arte sfogliati finora. Non ha dubbi il pistoiese Giacomo Guazzini, 30 anni: "Quegli affreschi custoditi nella basilica di Sant'Antonio a Padova presentano tipicamente e unicamente lo stile di Giotto al tempo della cappella degli Scrovegni, se non poco prima".
Molti sono gli aspetti stilistici e tecnici che anche agli occhi dei meno esperti coincidono con quelli tipici del maestro fiorentino. Confrontando stile, tecniche e ornati, Guazzini ha chiuso il suo cerchio perfetto, come illustra nel saggio per la rivista "Nuovi studi" in uscita nel prossimo autunno (Un nuovo Giotto al Santo di Padova: la cappella della Madonna Mora). Quasi dieci metri quadrati di affreschi mai considerati prima, una vera e propria nuova cappella decorata dallo stesso Giotto.
Studio, intuito e grande passione per l'arte, così Guazzini è arrivato a dare una risposta sorprendente e così presenterà alla comunità scientifica i risultati di un'indagine accuratissima che si promette più che convincente. Una lunga tradizione di devozione quella che si è registrata nei secoli per questa cappella (luogo dell'antica sepoltura di Sant'Antonio), testimoniata anche dalla ricchezza degli affreschi qui custoditi concentrati intorno alla grande edicola con la statua della Vergine.
Allievo di Andrea De Marchi, Guazzini è rimasto profondamente colpito dalla qualità dei dipinti e ha deciso per questo di buttarsi a capofitto nel loro studio. La certezza per Guazzini sarebbe arrivata osservando nel dettaglio la figura di Isaia: monumentale, classicamente dignitoso e dai caratteri fisionomici inconfondibilmente giotteschi. Ma ora, che succede? "Ora sarà necessario - spiega lui - che nel restauro siano coinvolti istituti di comprovata qualità ed esperienza, per evitare che questi affreschi vengano irrimediabilmente corrotti e perduti". Specializzato sulla situazione artistica pistoiese tra XII e XV secolo, Guazzini dal 2011 ha collaborato alle iniziative promosse dal Museo Civico di Pistoia sull'arte pistoiese.
Guazzini ha inoltre portato a conclusione un altro importante studio su Piero della Francesca, ricostruendo il contesto architettonico e decorativo originale del polittico pierfrancescano (ora disperso in vari musei internazionali) per la chiesa di Sant'Agostino a Sansepolcro, lavoro che gli ha permesso di partecipare nel 2013 alla prima mostra monografica americana dedicata al grande pittore rinascimentale, organizzata dalla Frick Collection di New York, e di partecipare nel giugno prossimo a una conferenza al Courtauld Institute - National Gallery di Londra. "Se rimarrò in Italia? - Conclude lui. - Temo che sarà più facile trovare un lavoro fuori: in Italia avremmo sì un enorme patrimonio ancora da studiare, ma le prospettive di lavoro e di ricerca sono decisamente sconsolanti. Purtroppo è consentito guardare assai poco lontano, dal momento che non esiste un vero sistema di supporto economico alla ricerca".