Di Roberta Miele. No no e ancora no! E’ la migliore sintesi del regolamento di polizia urbana approvato a Padova dalla Giunta comunale, che lo porterà in Consiglio il prossimo 29 settembre. Le misure dettate da Maurizio Saia, assessore-sceriffo della città comprendono i più svariati divieti. Dovranno rassegnarsi i 60 mila studenti che come da tradizione festeggiano la laurea in strada appendendo papiri e ricoprendo il neodottore con uova, farina e quant’altro. “Lo sa quanti laureati ci sono in città ogni giorno? Trenta o quaranta”, troppi per il sindaco leghista Massimo Bitonci.
Tra i ventiquattro articoli si trova anche il divieto di agganciare la catena della bicicletta o del motorino agli alberelli e ai pali dei cartelli stradali: non sono mica fatti per parcheggiare. Non si potranno più incidere dediche d’amore sui fusti, fortunatamente per gli alberi, ma non si potranno nemmeno stendere i panni fuori al balcone in centro. Da quelle parti fare la lavatrice sembra brutto.
Sedersi sull’asfalto costerà ben 100 euro di multa; non si potranno cogliere più i fiori nelle aiuole: le romanticone dovranno rimanere con dubbio del “m’ama non m’ama” e affidarsi ad altri metodi. Attenzione anche alle casalinghe! Le pulizie dovranno essere svolte in silenzio in base all’articolo 20 comma 1: “Tutte le attività, anche domestiche, devono essere svolte senza creare disturbo al vicinato”.
“Ci auguriamo che sia uno scherzo. Se così non fosse saremmo tornati all’epoca premoderna. Si tratta della tipica azione di governo contro i poveri, frutto di un’idea della politica e della giustizia illiberale e classista. Sembrava essersi chiuso il periodo delle ordinanze creative dei sindaci-sceriffi sulla sicurezza”: è la risposta dell’associazione Antigone, pronta a fare ricorso alla Corte Costituzionale in forza della sentenza 115/2011. La suddetta specifica che “l’assenza di una valida base legislativa, riscontrabile nel potere conferito ai sindaci dalla norma censurata” lede il principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, in base all’articolo 3 della Costituzione, dunque “non si tratta, in tali casi, di adattamenti o modulazioni di precetti legislativi generali in vista di concrete situazioni locali, ma di vere e proprie disparità di trattamento tra cittadini, incidenti sulla loro sfera generale di libertà senza base legislativa”.