Magazine Spiritualità
Un video molto bello trovato su youtube mi ha fatto riflettere. Forse, alcune volte si recitano le preghiere automaticamente, come se fossero delle semplici filastrocche. Non lo sono e non lo devono assolutamente diventare. La preghiera deve entrare nella vita e, viceversa, la vita deve entrare nella preghiera. Si devono portare a Dio le proprie debolezze, laddove le preghiere non coincidono con la vita: si deve affidargli le difficoltà, affinché Lui sappia come mutarle. Il video proponeva una meditazione proprio sul Padre Nostro. Attraverso immagini appropriate, l'autore immaginava la recita del Padre Nostro fatta da una persona comune. La preghiera inizia: Padre nostro... Il Signore interrompe subito l'orante, domandandogli se sapeva che cosa intendeva dicendo quelle due parole. Non si dice infatti Padre mio, ma nostro. Vuol dire che devo considerare gli altri come fratelli e qui il discorso si fa ampio... Che cosa significa questo, se non comportarsi con gli altri come si farebbe con i parenti più stretti? Queste due semplici parole, Padre nostro, sono la sintesi del discorso di Gesù sulla carità: chi è il mio prossimo? Tutti possono essere il mio prossimo! Gli ebrei intendevano come prossimo solamente i parenti... Quindi bisogna trattare gli altri come parenti e parenti stretti! Nessuno, nemmeno chi ha ricevuto il torto più grande, tranne forse qualche eccezione, parla male della propria madre. C' è un qualcosa d' inconscio nei figli che tende a far sì che essi giustifichino sempre papà e mamma, tanto che alcune violenze, pure gravi, spesso rimangono racchiuse nei confini angusti di una casa priva del necessario: l'amore. L'amore, nell'Antico Testamento, era limitato ai familiari, seppur ci siano degli esempi straordinari di amicizia e perdono. Gesù ha ampliato quei confini insegnando ai propri discepoli a pronunciare due parole essenziali: padre nostro. Tutti sono diventati fratelli e quindi, non dovremmo mai offenderli ma difenderli, come faremmo con un consanguineo. Spesso e volentieri si desidera il bene dei propri parenti, sebbene, purtroppo, ci possano essere delle eccezioni. C' è un rapporto di protezione, senz'alcun antagonismo o desiderio di vendetta. Ovviamente partendo dal decalogo: Ama il prossimo tuo come te stesso. Ecco perché Gesù afferma di non voler abolire la legge e i profeti ma darne il compimento: senza il primo comando di amare il prossimo, cioè i parenti, come se stessi, non riusciremmo a capire il messaggio evangelico e la preghiera stessa del padre nostro. Un altro aspetto che induce alla riflessione, per il modo in cui viene proposto nel video e la parte che recita: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori” Molto bella e riflessiva la parte che tratta questo argomento così delicato e difficile da realizzarsi nella vita. Pronunciamo queste parole con leggerezza, senza penetrarne il senso. Chiediamo a Dio di perdonarci nella stessa misura con cui perdoniamo agli altri. Gesù, nel video, a queste parole interviene domandando all'orante se sa che cosa sta chiedendo. Con entusiasmo egli risponde affermativamente, ma Gesù interviene nuovamente ricordandogli che deve perdonare pure a quel fratello che l'ha calunniato e gli ha fatto tanto male. L'orante porta nella preghiera la sua incapacità nel farlo e che nella vendetta egli troverebbe la sua serenità. Gesù gli fa comprendere che, se dovesse far giustizia al suo nemico, sarebbe costretto a farla anche con lui stesso. È profondamente vero: se si invoca la giustizia sugli altri, Dio deve farla pure con noi stessi! E se scandagliamo il terreno della nostra coscienza, ci accorgiamo che, se dovesse far giustizia anche con noi, dovrebbe incenerirci!
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