Magazine Politica Internazionale

Padri e figli della Rivoluzione Islamica: il clero iraniano affronta il rischio di perdere il potere

Creato il 23 giugno 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Padri e figli della Rivoluzione Islamica: il clero iraniano affronta il rischio di perdere il potere

Il 10 marzo Ali-Akbar Hashemi Rafsanjani, uno dei più famosi politici iraniani si è dimesso dalla carica di Presidente del Consiglio degli Esperti, autorità iraniana molto influente. Questa azione politica ha segnato un nuovo passaggio nella lotta per il potere fra il clero iraniano e la nuova generazione di politici iraniani rivoluzionari. La risposta del clero non si è fatta attendere per molto. Il Majlis (parlamento), gli oratori della preghiera del venerdì e anche il Consiglio dei Guardiani – importanti organi dell’establishment religioso – si stanno mettendo in fila per criticare e denigrare il Presidente Ahmadinejad e il suo comando. A metà maggio la corte amministrativa dell’Iran, che è sotto la pressione dell’establishment religioso, è saltata fuori con un caso contro il capo dell’amministrazione presidenziale, Hamid Baqaei, che è il braccio destro di Ahmadinejad e ha il grado di vice-presidente, sospendendolo dalla cariche pubbliche per i prossimi quattro anni. In precedenza l’assistente personalee di Ahmadinejad, Kazem Kiapasha, che era stato promosso nei mesi scorsi come il candidato favorito dal presidente per le elezioni del 2013, è stato arrestato. E secondo fonti di Teheran, molte persone fedeli a Ahmadinejad, incluso il suo amico più stretto Esfandiar Rahim Mashaei (che è anche il capo dell’amministrazione presidenziale), sono state fermate per interrogatori e i siti web a loro legati sono stati bloccati.

Governo dei giureconsulti

Il regime politico esistente nella Repubblica Islamica dell’Iran è ben conosciuto con il nome di velayat-e-faqih (governo del giureconsulto). La divisione fra la sfera spirituale e secolare non esisteva nell’Islam sciita dal principio. La vita quotidiana di ogni musulmano e anche la sua relazione con lo Stato e le istituzioni politiche idealmente dovrebbero essere sottoposte alle prescrizioni religiose contenute nel Santo Corano, negli Hadith del Profeta e degli Imam Santificati. I dodici Imam sono considerati dagli Sciiti come esegeti del Corano. L’istituto dell’Imamato è una fonte di legittimazione del potere. Gli imam-esegeti hanno lo status di leader della Umma. Secondo la teologia islamica Maometto è l’ultimo dei profeti (il sigillo della profezia). Per gli Sciiti la fine del ciclo della profezia (nubuwwat) è allo stesso tempo l’inizio del ciclo dell’Imamato e del walayat. I dodici Imam dello Sciismo sono chiamati Awliya (in arabo) o Dustan-e-Khoda (in persiano): Amici o Amati da Dio. Il leader della Rivoluzione iraniana del 1979, l’ayatollah Khomeini nel suo libro Il Governo Islamico giustifica la teoria dell’Imamato nel seguente modo: “Se Allah non avesse scelto fra le genti la Guida che li governerà sulla strada designata dal Profeta, esse (le genti) sarebbero sottomesse al peccato e alla depravazione e il genere umano si allontanerebbe dalla retta via”.

La fonte di potere suprema per gli Sciiti è l’Imam Nascosto (Mahdi). Il clero islamico sostituisce il Mahdi nel periodo della sua assenza. Di conseguenza il clero islamico supremo diventa nella Repubblica Islamica dell’Iran una elite che determina la linea principale della politica interna ed estera.
È importante evidenziare che al principio non tutti nel Clero supremo supportavano questo approccio. L’Ayatollah tradizionalista Abu’l Kasim al-Khoey a Najaf (Iraq), l’ayatollah liberale Mohammad Kazem Shariatmadari da Qom e il caro amico e collega di Khomeini l’ayatollah Mahmud Taleghani si opponevano a questa concezione. Taleghani riteneva che il Comitato rivoluzionario (analogo ai Soviet russi) avrebbe dovuto prendere il potere dopo la rivoluzione. Cercò di combinare nella sua teoria la teologia sciita e il socialismo chiedendo il mantenimento dell’ampio fronte islamista, marxista e nazionalista. Ma dal 1979 gli islamisti presero il potere e si allontanarono dai vecchi alleati.

Chi è chi fra gli ayatollah?

L’elite del clero è composta dagli ayatollah. Questi uomini del clero dispongono di un’autorità incontestabile nelle questioni di fede. Il termine “ayatollah” deriva dall’arabo ayatu l’Lah (il segno di Dio). Solo i teologi che si occupano di diritto religioso e di questioni teologiche e hanno un seguito di studiosi possono diventare ayatollah. In genere l’ayatollah invita la considerevole comunità di credenti ad essere presente alle sue preghiere del venerdì, quando diventa famoso nella regione o a livello nazionale allora prende il nome di “grande ayatollah“.

Al giorno d’oggi ci sono 85 ayatollah e 40 grandi ayatollah in Iran. Solitamente i grandi ayatollah sono gli anziani venerabili con un’età compresa fra i 75 e gli 85 anni; per esempio, uno dei più influenti ayatollah, Naser Makarem Shirazi, ha adesso 85 anni. Molti fra i supremi uomini del clero iraniano hanno preso parte alla rivoluzione e alla lotta di opposizione allo Shah. In accordo con i principi di Khomeini il sistema politico iraniano contemporaneo combina autorità secolari e religiose. Insieme al Parlamento (Majlis) e all’istituto della presidenza ci sono in Iran altri esempi di istituti composti da uomini del clero: il Consiglio dei Guardiani, il Consiglio degli Esperti, il Consiglio per il Discernimento. Il capo dello Stato è la Guida Suprema (rakhbar), anche lui un uomo del clero.

Nonostante ciò molti uomini del clero si dedicano all’attivismo politico e sono occupati dalle questioni di fede, etica e teologia. Il più alto grado nella gerarchia sciita è il marja-e-tqlid (fonte di emulazione). Il Marja emette le fatwa (gli editti la cui esecuzione è obbligatoria) su diverse problematiche politiche, etiche e sulla vita sociale. Ai giorni nostri ci sono pochi marja nella comunità sciita: i grandi ayatollah Makarem Shirazi, Yussef Sanei, Ali Muhammad Dastgeib Shirazi, Muhammad Taghi Mesbah Yazdi, Hussein Nuri-Hamadani, Kazem Hussein Haeri, Ali al-Sistani (che vive in Iraq) e l’attuale rakhbar Ali Khamenei.

I recenti avvenimenti politici in Iran sono frutto della lotta interna all’elite che ha creato discordia nel clero supremo. L’attuale instabilità politica in Iran nasce dall’entrata in politica della seconda generazione di islamici rivoluzionari. Questa generazione rappresenta non gli uomini del clero ma i tecnocrati (manager) e gli ufficiali delle agenzie di sicurezza come il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (CGRI). Essi sono legati al presidente Mahmud Ahmadinejad che passo dopo passo sta allontanando il clero dal potere. Le elezioni presidenziali del 2009 e gli avvenimenti seguenti hanno mostrato una divisione fra gli ayatollah. I grandi ayatollah Yussef Sanei, Dastgeib Shirazi e Safi Golpayegani (morto nel 2010 all’età di 90 anni) sostenevano l’opposizione del Movimento Verde. Makarem Shirazi e Karem Hussein Haeri si sono appellati alla riconciliazione e al riconoscimento dei risultati delle elezioni. Muhammad Taghi Mesbah Yazdi e Hussein Nuri-Hamadani hanno incoraggiato espressamente il Presidente Ahmadinejad.

La figura dell’ayatollah Mesbah Yazdi è particolarmente interessante. Questo eloquente religioso e strenuo sostenitore degli ideali della Rivoluzione islamica è il consigliere spirituale di Ahmadinejad. È il leader del movimento religioso Hojatiye che sviluppa l’idea del misticismo e dell’attesa dell’arrivo dell’Imam Nascosto. Esso considera i capitali finanziari come la calamità del mondo moderno e invoca “la dannazione del dollaro e dell’euro”. Fra il 1996 e il 2005 contestò la politica del Presidente Khatami.

È interessante notare che Ahmadinejad fa parte del blocco dei conservatori in politica ma si distanzia da essi nelle questioni della vita quotidiana. Lui incoraggia l’aumento della partecipazione delle donne alle politica iraniana ed elegge donne iraniane per le più alte cariche politiche. Da questo punto di vista il Presidente si trova d’accordo con il suo avversario politico Yussef Sanei. Sanei ritiene che una donna virtuosa ed istruita possa raggiungere anche la carica di capo di stato. Allo stesso tempo l’ayatollah Makarem Shirazi ha emesso una fatwa che condanna l’elezione delle donne anche per le cariche di governatore delle province. Inoltre ha condannato la liberalizzazione delle regole dell’abbigliamento islamico che era stata approvata da Ahmadinejad.

La perplessità di Khamenei

L’attuale Guida Suprema è relativamente giovane rispetto alla media degli ayatollah (non ha ancora 72 anni). La sua biografia nega la concezione che considera i tradizionalisti islamici come una cerchia settaria. Khamenei è nato nella città di Mashhad, quando era giovane non solo scriveva poesie (il che è alquanto inusuale per i mullah iraniani) ma anche romanzi e faceva parte dell’associazione letteraria Ferdawsi. Fra i suoi libri preferiti annovera la Divina Commedia di Dante, Guerra e Pace di Lev Tolstoj e i romanzi di Sholokhov. Era inoltre affascinato dalla filosofia, in particolare da Jean-Paul Sartre. Ha scritto alcuni libri sulla lotta per la libertà dei musulmani in India e sulla letteratura persiana nell’Indostan.

Combinò una grande erudizione con la flessibilità nelle questioni politiche. Fra il 1960 e il 1978 Khamenei fu un protagonista attivo del movimento di opposizione religiosa e passò molto tempo nelle prigioni dello Shah. In esse strinse amicizia con il giornalista di sinistra Hushang Azadi e con il giovane comunista Rahman Khatefi. È interessante che nonostante in questo periodo i tradizionalisti islamici fossero ostili ai comunisti che erano considerati degli infedeli, Khamenei non condivideva questa convinzione. In seguito, nel 1989, scongiurò l’esecuzione di 500 prigionieri comunisti in una delle prigioni di Tehran.

Ma il suo lungo vissuto al potere ha cambiato il carattere di Khamenei. Si è allontanato dalla sinistra e dagli intellettuali persiani. La longevità politica sprigiona la capacità di cambiare opinione. Una volta sostenitore dei Comitati rivoluzionari ha poi cambiato il suo modo di pensare divenendo a favore del velayat-e-faqih. In carica come Guida Suprema è stato capace di trovare un compromesso con il pragmatico Hashemi-Rafsanjani, il liberale Khatami e il radicale Ahmadinejad. Durante le elezioni presidenziali del 2009 ha apertamente appoggiato Ahmadinejad. Khamenei era preoccupato della possibile divisione della società iraniana e spaventato dall’anarchia, e riteneva Ahmadinejad un garanzia di riconciliazione. Ma le relazioni fra i due leader si sono deteriorate.

Ahmadinejad ha capito che la lotta politica del 2009 e il malcontento della gioventù iraniana sono il risultato del sistema di governo. Il potere del clero è diventato, nelle menti di molti iraniani, un simbolo di inefficienza e corruzione. La politica dell’attuale presidente iraniano è un tentativo di svincolarsi dalla tutela del clero. Sta cercando un avvicendamento delle elite al potere mantenendo i principi islamici e la Sharia. Ahmadinejad combina la visione del misticismo sciita con le concezioni di sinistra dell’eminente intellettuale iraniano Ali Shariati e, con questo, sta cercando di dare un nuovo respiro alla rivoluzione. Shariati era il brillante rivoluzionario e sociologo iraniano non legato al clero che propagandava lo “sciismo rosso” negli anni tumultuosi che hanno portato alla rivoluzione iraniana nel 1979 – una curiosa amalgama di marxismo, terzomondismo e puritanismo islamico – il quale si opponeva al non rivoluzionario “sciismo nero” o sciismo savafide dell’establishment religioso iraniano.

Lo scorso anno Ahmadinejad ha preso alcune decisioni nella direzione di diminuire l’influenza del clero. In un primo momento ha cercato di prendere personalmente sotto controllo la politica estera iraniana. Nel dicembre del 2010 ha cambiato l’ex ministro degli esteri Manuchehr Mottaki con il suo associato Ali Akbar Salehi. Allo stesso tempo ha tentato di designare i suoi propri rappresentanti per le posizioni chiave della diplomazia iraniana: Medio Oriente, Mar Caspio, Caucaso, Afghanistan, Africa e Asia Orientale.

In un secondo momento ha iniziato a ridurre l’influenza del clero nelle questioni religiose. Nel novembre/dicembre del 2010 ha pregato pubblicamente nella moschea di Jamkaran a Qom che è considerata nella tradizione sciita il luogo dove è possibile comunicare direttamente con l’Imam Nascosto.

Il tentativo di impadronirsi del ministeri chiave è stato il tassello finale della sfida al clero. Nell’aprile del 2011 ha deciso di rinominare Ministro dell’Intelligence Heidar Moslehi (un chierico che è stato precedentemente consigliere della Guida Suprema nel Basij, l’equivalente iraniano di un “esercito di liberazione popolare”). In seguito è emersa una controversia politica riguardo il controllo del Ministero del Petrolio.

L’offensiva del clero contro la squadra di Ahmadinejad (Baqaei, Mashsei ecc.) è stata un risposta a queste sfide. In definitiva Ahmadinejad non è un conservatore né un retrogrado ma piuttosto un riformista che cerca di rinnovare la politica e la società iraniana. Il sistema politico iraniano ha dimostrato diverse volte negli ultimi 30 anni la sua flessibilità e stabilità ma ora è arrivato il momento di cambiare.

(Traduzione dall’inglese di Valeria Ruggiu)


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :