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Paestum e il fascino romantico delle rovine

Creato il 08 novembre 2015 da Viaggimarilore

La regione appariva sempre più piana e deserta e gli scarsi casolari annunciavano l’abbandono di ogni cultura. Finalmente, senza sapere se attraverso rocce o rovine, riuscimmo a distinguere chiaramente in certe colossali masse lunghe e quadrate che avevamo già visto da lontano, i templi e i monumenti superstiti della città di Pesto. La prima impressione non poteva essere che di sbalordimento. Mi vedevo in un mondo affatto nuovo

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“Y gianni Tempel Paestum 1898” di „Y. Gianni“ (19th/early 20th century) – Opera propria by MeisterLU. Con licenza Public domain tramite Wikimedia Commons.

Così descrive Goethe, nel suo “Viaggio in Italia” il suo arrivo a Paestum. Parecchio tempo dopo, anch’io, che certo non mi paragono a Goethe, ho affrontato quel viaggio. Alta Velocità fino a Salerno, da qui in macchina fino a Paestum perché sì, a Paestum ci arriva anche il treno, ma è un trenino regionale un po’ scarsino, mi hanno detto, insomma non proprio il massimo per i collegamenti con una delle aree archeologiche più belle d’Italia. Già questo merita una riflessione: perché Paestum, che è davvero una delle aree archeologiche più belle d’Italia (lo vedete dalle foto che non dico per dire) soffre la sua posizione geografica: in Campania, dove si trovano già Pompei ed Ercolano, mica roba da poco! Così chi organizza un viaggio in Campania se deve scegliere quale area archeologica visitare, in quale città dell’antichità tuffarsi, di certo preferisce la famosa e ben più grande e meglio conservata Pompei, rispetto ai tre templi di Paestum. A questo aggiungiamo che questa antica città si trova a mezz’ora buona di macchina da Salerno, e i grandi percorsi turistici che convergono su Salerno lo fanno per raggiungere la costiera amalfitana, di sicuro non per vedere la Tomba del Tuffatore al Museo Archeologico Nazionale di Paestum.

Paesutm. Il tempio di Cerere all'imbrunire

Paesutm. Il tempio di Cerere all’imbrunire

Insomma, una perla dell’archeologia italiana che resta all’ombra di ben altre attrazioni sia turistiche che culturali della stessa regione (scene già viste anche altrove, ma vabbé). Da 18 anni a questa parte, però, Paestum ospita la Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, un evento al quale si danno appuntamento sì archeologi e studiosi, ma anche operatori turistici nel settore culturale, col fine di promuovere Paestum e altre realtà archeologiche magari poco note d’Italia e del mondo. Nei giorni della Borsa allora Paestum si popola, e oltre alle consuete scolaresche che durante l’anno vengono a visitare l’area archeologica, anche altra gente, attirata dall’evento, arriva nel piccolo paese. Che è piccolo davvero: c’è la grande area archeologica, che sorge all’interno delle sue antiche poderose mura, e che è tagliata dal passaggio di uno stradone, sul quale si affaccia qualche casa, qualche bar, il Museo Archeologico Nazionale, la basilica paleocristiana e poco altro.

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Paestum, tempio di Cerere

Fuori dalle mura, andando verso il mare, alberghi e ristoranti, ma quasi persi nel nulla, prima di entrare a Capaccio, la località di mare, quella sì frequentata d’estate dai turisti. Perché il fascino di questa zona è proprio questo: sembra un luogo selvaggio, abbandonato, poco antropizzato. Le silhouettes dei templi si stagliano magnificamente contro le montagne retrostanti, il paesaggio archeologico che si vede è semplicemente romantico, proprio come piaceva a Goethe, ed è bene che sia rimasto così, immutato. Anzi, ora per lo meno non ci sono le greggi di pecore che pascolano tra le rovine (ma tranquilli, potete sempre incrociarle che vi attraversano la strada lungo la provinciale da Salerno…). E il cielo, oh il cielo!, cosa non riescono a regalare le nuvole che ora si addensano all’orizzonte, ora si aprono, ora si incendiano al tramonto e diventano violacee all’imbrunire…

Paestum fu un’importante città della Magna Grecia. Con il nome di Poseidonia fu fondata già verso la fine del VII secolo a.C. e nel VI-V secolo visse un’epoca d’oro, di grande prosperità e ricchezza. A quell’epoca risalgono i grandi templi che ancora oggi dominano l’area archeologica e il paesaggio, testimonianza della grandezza di un tempo che fu: il Tempio di Cerere, in realtà dedicato ad Athena, il tempio di Hera, noto tradizionalmente come tempio di Nettuno, e la cosiddetta Basilica, nuovamente un tempio dedicato ad Hera, sono tre templi dorici impressionanti per la possanza delle loro tozze e forti colonne ancora in piedi dopo 2500 anni. L’area archeologica è una bella e piacevole passeggiata nel verde tra le rovine, e permette di calcare allo stesso tempo un suolo che fu prima greco, lucano e poi romano: e dell’età romana, quando la città prese il nome di Paestum, si distingue bene l’area del foro, una piazza rettangolare sulla quale si aprivano numerosi edifici pubblici, tra cui l’edificio circolare del comitium, ancora oggi ben distinguibile, nel quale venivano eletti i magistrati cittadini. Poco distante si trova l’anfiteatro, letteralmente tagliato in due dal passaggio della strada.

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Le colonne dei templi che si stagliano contro il cielo sono un invito al selfie più estremo, o semplicemente alla ricerca dello scorcio perfetto, più suggestivo, più emozionale. Perché queste colonne, oggi spoglie, scheletri di edifici che un tempo furono immensi, comunque riescono a trasmetterci quel senso di potenza e di grandezza, e di ricerca del bello, in cui i Greci, anche trapiantati in Italia che fossero, erano maestri.

La visita a Paestum si completa con l’ingresso al Museo Archeologico Nazionale, recentemente riallestito e che ospita tantissime tombe lucane dipinte tra cui quella, notissima, del Tuffatore: la raffigurazione simbolica di un uomo che tuffandosi nelle acque rappresenta il passaggio nell’aldilà. E non solo: tutte le metope che decoravano il grande tempio di Hera alla foce del Sele, fuori dalla città, sono esposte in modo da poterne leggere la corretta interpretazione: rappresentano eposodi del mito greco, legati a Eracle, ai Centauri, alla Guerra di Troia. E poi ancora vasi dipinti e statuette fittili ci mostrano una società in cui la popolazione locale, Lucana, si mescola con i Greci. Ne nasce una città grande, fiorente, che vivrà una nuova rinascita in età romana, quando da Poseidonia muterà il nome in Paestum.
A me Paestum piace molto. Mi piace il sito, ben curato, come se fosse un giardino, mi piacciono le poserose mura di cinta che chiudono su tutti i 4 lati l’antica città, mi piace la poesia dei templi di giorno e di notte: ti incanti ogni volta a guardarli, a vedere i giochi di luce che le nuvole disegnano nel cielo infuocato al tramonto… il tempio di Cerere, il meglio conservato, è lo sfondo perfetto, così fotogenico da emozionare da qualunque angolazione lo si guardi (e non per niente è stato scelto anche da Alberto Angela come quinta teatrale perfetta per il suo intervento alla Borsa del Turismo). Da 2600 anni è lì, a raccontarci la storia di un popolo antico, di devozione agli dei, di abbandono e poi di rinascita. È un sito alla cui bellezza non si può restare insensibili. E infatti io ne sono innamorata. E tornarci, anno dopo anno, è una gioia.

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