Fisicamente non forte, duramente colpito dalla natura nel suo organismo, egli era una tempra incomparabile di combattente. Tutta la sua vita era soggetta alla sua ferrea volontà. Irradiava attorno a sé l’energia, la serenità, l’ottimismo; sapeva imporre a se stesso la più severa disciplina di lavoro, ma era capace di godere della vita in tutti i suoi aspetti. Come uomo, era un pagano, nemico di ogni ipocrisia, spietato fustigatore di ogni impostura, di ogni sentimentalismo falso, di ogni effeminatezza. Adoperava in modo insuperabile l’arma del riso e dello scherno per mettere nudo la vanità e la doppiezza di coloro che predicano al popolo la morale nello interesse delle classi dominanti. Conosceva profondamente la vita del popolo italiano e i suoi costumi, leggende e storie che sono state che sono state create dal popolo e nelle quali il popolo ha espresso in forma ingenua, intuitiva, i suoi bisogni, le sue aspirazioni, i suoi sogni di libertà e di giustizia, il suo odio contro le classi possidenti. Da questo contatto intimo col popolo traeva elementi inesauribili e sempre nuovi di polemica e di lotta contro ogni forma di oppressione delle masse, non solo nel campo economico e politico, ma nel campo della vita intellettuale e morale. I grandi italiani che hanno combattuto, a cominciare da Giovanni Boccaccio e da Bruno sino a Giuseppe Giusti e Garibaldi, per liberare il popolo dalle catene dell’ipocrisia, del servilismo, della bacchettoneria che una tradizione secolare di dominio della Chiesa cattolica e dello straniero gli hanno imposto, trovavano in lui un erede e un continuatore. Era nemico acerrimo della tronfia eloquenza e dell’orpello che guastano tanta parte della letteratura e della cultura italiana, che hanno soffocato nei letterati italiani le fresche sorgenti dell’ispirazione popolare. Conosceva parecchie lingue straniere, aveva fatto uno studio speciale della lingua russa per poter leggere negli originali Lenin e Stalin; aveva studiato e conosceva a fondo la storia del movimento operaio nei grandi paesi capitalistici; era un internazionalista, era un figlio vero del nostro popolo, al servizio del quale metteva la propria esperienza internazionale e tutte le sue capacità di combattente. Educato alla scuola del marxismo e del leninismo, alla serietà intellettuale, egli odiava la leggerezza, la irresponsabilità; la vanità; l’ignoranza e la presunzione di cui vedeva un esempio classico nel modo come i capi riformisti e centristi avevano falsato e pervertito le dottrine marxiste, per mettere la classe operaia alla coda della borghesia. Nel partito, pur aiutando tutti i compagni a migliorarsi e prestando attenzione a ogni critica, a ogni suggerimento che gli venisse anche dal più semplice degli operai, era estremamente esigente, soprattutto con i compagni che facevano il lavoro di organizzazione e cospirativo. Voleva che i quadri del partito fossero veramente i migliori combattenti e controllava il loro lavoro sin nei più minuti particolari. -Palmiro Togliatti, Gramsci, Parenti, Firenze,1955-
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DODICESIMA ‘STAZIONE’ (Un minuto e 46 secondi)
L’aratro fitto nell’amata terra
seguiva silenzioso
le orme lasciate dalle vacche
ansanti nella fatica.
Il contadino seguiva
curvo e attento incitatore
manipolando, scansando, allineando.
E alla sera trovava vicino al fuoco
il centenario suo padre
dal quale ascoltava
l’insegnamento della natura.
Questo accadeva un tempo
ma oggi il contadino è diventato operaio
e l’aratro è catena di montaggio.
Prima v’era la natura, oggi tutto è tecnologia.
Nulla in contrario
per quel che riguarda la tecnologia
ma tutto contro, e per questo io lotto,
il potere tecnocratico
che istruisce i cervelli
trasformandoli in computer
i quali a loro volta trasformano
altri uomini in altrettante macchine
che costruiscono altre macchine metalliche.
Ho visto un giovane che era già vecchio
e un vecchio quasi morto
estraniato, sommessamente vegetante.
Ma non era vecchio:
Aveva appena cinquanta anni!
Ed è già passata una vita:
Alzati ragazzo alle cinque del mattino
poi un’ora di viaggio.
Alle sei suona la sirena
parte la catena di montaggio
e alla dodicesima ’stazione’
lavori alla velocità
di un minuto e 46 secondi.
Primo:
montare la ruota anteriore
usando l’apposita ‘zeppa’
dopo essersi assicurati
che sia del tipo richiesto
e non presenti ossidazioni.
Secondo:
centrare il paragrafo anteriore
rispetto alla ruota.
Terzo:
montare: (prendere il bulloncino,
infilarvi la rondella e lo spessimetro.
Prendere il filo e infilarvi la bussolina
curvandolo nell’apposito supporto
e infilarlo nel foro del mozzo,
infilare la rondella e il dadino.
Prendere la pinza e la chiave
e bloccare il tutto tirando il filo).
E registrare il freno anteriore
senza che la ruota risulti frenata
assicurandosi che il freno sia teso il più possibile.
Torna a casa
e dopo cena accendi il televisore
e guardati ‘carosello’
ma già dormi prima che sia finito.
Alzati ragazzo
sono le cinque del mattino
e tra un’ora
ti aspetta la catena di montaggio.
Alzati marito
sono le cinque del mattino
e tra un’ora
ti aspetta la catena di montaggio.
Alzati padre
sono le cinque del mattino
e tra un’ora
ti aspetta la catena di montaggio.
Alzati nonno
sono le cinque del mattino
e tra un’ora
ti aspetta la catena di montaggio.
Dopo l’ultimo viaggio
nella monotona assillante alba
finalmente riposa un pace.
Si dice che è morto bene
che non si è accorto proprio di niente
e non ha sofferto neppure un poco.
-Renzo Mazzetti-
LA FIOM HA RAGIONE
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