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Pagare il conto – Arrigoni vs Balestra

Creato il 06 novembre 2015 da Micheledanieli

arrigoni balestra finarte

*** WARNING – BORING CONTENT ***

Sarebbe bello sapere tutto, ma non si sa tutto.
Un lettore mi segnala che il lotto 67 della prossima asta Finarte (qui) è già pubblicato:

ANTONIO BALESTRA
(Verona,1666 – 1740)
Il Tempo scopre la Verità
Olio su tela, 74 x 80,5 cm
PROVENIENZA: Bergamo, Galleria Lorenzelli, 1971 (come Jacopo Amigoni)

Ecco cosa mi scrive:

credo di fare cosa gradita al suo lavoro segnalandole che il seguente lotto è stato ricondotto correttamente ad Antonio Arrigoni da Fossaluzza il quale l’ha anche pubblicato, con relativa foto, in un contributo che qui le allego.
Lo segnalerà nel suo Blog questa “svista”?

Che carini, i miei giovani lettori.
L’articolo di Fossaluzza si intitola Da Andrea Celesti ad Antonio Arrigoni:
disegni, precisazioni e proposte
, ed è apparso nella diffusa rivista croata “Radovi Instituta za Povijest Umjetnosti”, XXXII, 2008, pp. 167-224.
Quando il dipinto è arrivato, aveva una attribuzione a Jacopo Amigoni, come segnalato in catalogo.
Appena l’ho visto, ho detto al proprietario che non era possibile presentarlo così, e che mi pareva più vicino ad Antonio Bellucci.
Poi studiandolo meglio si è deciso per una attribuzione in favore di Antonio Balestra.

Ho letto il contributo di Fossaluzza (che non ha il dono della sintesi), e prendo atto della sua articolata opinione, più che legittima.
Se Fossaluzza ha ragione, mi si concederà che non mi sono allontanato di molto. Del resto il suo primo articolo sul pittore si intitolava Antonio Arrigoni “pittore in istoria”, tra Molinari, Ricci, Balestra e Pittoni. Dunque i riferimenti culturali non sono del tutto sballati.
Ma poi, Fossaluzza (associato L-ART/02) ha davvero ragione?
Dal sottosuolo, mi permetto di far notare la non perfetta omogeneità del vasto catalogo da lui riunito negli articoli del 1998 e del 2008.
Occorre partire da un punto fermo, e questo non può che essere l’Apparizione di Gesù Bambino a sant’Antonio da Padova nella chiesa di Santo Stefano a Vicenza.
Fossaluzza lo presenta come una intelligente interpretazione “dell’aggiornamento stilistico operato in Veneto da Antonio Balestra” (1998, p. 176). Siamo sempre lì.
Nella pala di Vicenza mi pare di notare un disegno più sfuggente nei volti degli angeli e dei putti, meno compatto rispetto a quello del dipinto Finarte. Lo stesso disegno che si ritrova ad esempio nel Mosè calpesta la corona del Faraone dell’Ermitage.

Un quadro che invece è molto simile al nostro è il San Sebastiano del Museo Diocesano di Treviso, ricondotto ad Arrigoni per via stilistica, ma che altri studiosi hanno riferito allo stesso Balestra (Fossaluzza 2008, p. 191, che cita il parere di Daniele di Sarno Prignano 2002).

arrigoni balestra treviso

Insomma, la partita non mi sembra definitivamente chiusa, e forse parlare di un quadro “ricondotto correttamente” è ancora prematuro.

Da parte mia, non avendo né lo spazio né le competenze per una ricognizione di portata così ampia, mi limito a buttare in campo la nota incisione di Pietro Rotari tratta da una invenzione (sicura) di Antonio Balestra (non ho la foto, si trova nella monografia di Marco Polazzo del 1990). Il modo di concepire il nudo mi sembra esattamente lo stesso, così come l’illuminazione dal basso, compreso quel tipico colpo di luce sulla palpebra che fa così tanto Balestra. E così meno Arrigoni.

E tanto basti per Arrigoni e Balestra.
Riguardo alla simpatica battutina finale (segnalerà nel suo Blog questa “svista”?), fa davvero piacere che dopo tanti anni la gente ancora non abbia capito un cazzo del senso di questo blog.
Auguro a tutti gli storici dell’arte di riuscire ad attaccarsi al treno giusto, e di andare dritti di lì, senza guardarsi intorno.



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