Pagare la terza rata Tares a Milano: uno su mille ce la fa.

Da Giovanecarinaedisoccupata @NonnaSo

Chi abita a Milano l’ha ricevuta. La letterina.

No, non quella di Babbo Natale che si scusava, per aver dovuto impegnare fino all’ultimo regalo per poter saldare le tasse sulla Casa di Babbo Natale (erosissime quest’annoi) e per essere rimasto in mutande.

No… la letterina dal Comune di Milano con le rendicontazioni assurdi sul saldo della terza rata Tares 2013.

Proprio quella, si.

Quella che si basa su calcoli molto specifici ma assolutamente aleatori, su codici di addebito nuovi e su vecchie, troppo vecchie dinamiche da medioevo, di cui tutti siamo un po’ stanchi ormai. O no?

Chi abita a Milano (da proprietario o in affitto: quest’anno non fa più differenza tutti siamo chiamati a pagare questo monte di tasse per il “privilegio” di risiedere sul sacro suolo meneghino e di usufruire dei molti e polivalenti e funzionantissimi servizi messi a disposizione dal Comune) ..dicevo, chi abita a Milano sa anche che sorta di immani, incomprensibili, degni di una barzelletta, casini sia stato in grado di combinare l’ufficio competente chiamato a calcolare la terza rata a saldo di quest’anno per poi emettere le fantastiche letterine. Che sono calate sulle nostre cassette delle lettere come un’orda di Unni, ma combinando ancora più macello di quanto avrebbe potuto combinare un’invasione barbarica.

Nel corso di questa settimana, e nelle ore gioiosamente passate in coda al Comune (dove da brava pecorella contribuente mi sono recata per fare il mio dovere) credetemi, ho visto cose che voi umani…

Ho visto uomini in lacrime per aver ricevuto l’ultimatum al comune sul pagamento delle tasse dei rifiuti… per genitori defunti da anni, presentatisi con l’ennesima copia del certificato di morte degli amati dipartiti. Ho visto codici di categoria immobili stravolti come alla roulette, che solo ad aver voglia ce li potevamo giocare al Lotto.

Ho visto anziani smarriti vagare per i corridoi alla ricerca di qualcuno che li aiutasse, restare completamente ignorati per ore, se non spintonati qua e là. E alcuni li hanno dati per dispersi e non li ritroveranno mai più.

Ho visto calcoli in base a metrature inesistenti, e ho visto calcolare come superfici calpestabili le intercapedini fra i muri di confine di case e casolari. Ho visto assegnare tasse sui box a chi i box non ce li ha, e gente che da anni cerca di farsi spedire i documenti per pagare i contributi dei box che il comune non gli ha mai riconosciuto di possedere.

Ho visto dati del catasto di immobili di cinquanta o cento anni fa riportati da un mese all’altro completamene stravolti. E ho visto gente disperata perché per anni è stata convinta che le tasse dei rifiuti fossero incluse nelle spese di condominio, e che ora devono affrontare tutto l’iter burocratico per registrarsi come contribuenti, e corrispondere anche gli arretrati (oh oh oh Merry Christmas!). E chissà come li calcolano.

Ho visto persino assegnare dei conviventi (persone fisiche REALI, con tanto di nome e cognome) in casa con della gente che non sapeva nemmeno chi fossero, queste persone.

Perché sapete, da quest’anno per default il comune calcola la Tares su una base di due persone (ripeto DUE) per ogni immobile accatastato, e se ci vivi da solo.. ti devi recare in comune e fare tutta la trafila per dichiarare che sei tu, povero derelitto e solo, che vivi in quell’immobile…

 

Ho visto cose che voi umani… ma soprattutto mi sono vista guardare come un’immigrata clandestina, quando mi hanno chiesto ”ma lei a che titolo vive in questo immobile, perché vive a Milano?”

E non provatevi a rispondere “per lavoro” (motivazione di origine) perché allora la seguente domanda è: “e lo può dimostrare?” ed allora non vi resterà che fissare lo zelante impiegato come se fosse un marziano. Tanto più che la vostra risposta da disoccupati sarà un tristissimo “no”.

Ho visto anche l’umana natura all’opera. In effetti ho visto più di quanto desiderassi vedere in una vita intera, in quelle ore di coda (alla coda per ottenere il ticket per la successiva coda), dove il gregge di contribuenti, lasciati in piedi al caldo torrido ma senza una guida spirituale, finiscono inevitabilmente per scambiarsi opinioni, fare amicizia, chiedersi consigli, confortarsi l’un l’altro… si. Posso dire con orgoglio (per questa umana specie) che ho visto alcune delle punte più alte di collaborazione e gentilezza… seguite subito dopo da alcuni degli esempi più bassi di menefreghismo e cattiveria, che mi hanno fatta vergognare per la persona che avevo davanti e me ne dava spettacolo.

Che poi lasciatemelo dire: non è vero che i vecchi e i disoccupati, che non hanno niente da fare, si divertano a stare in coda. È oltremodo pericoloso pensare una cosa del genere ed organizzare per farci stare in coda… noi siamo bombe a orologeria inesplose, grandi palle di rabbia pronte a colpire chiunque si trovi sulla nostra strada, e a raccogliere detriti di rabbia dagli altri per gonfiarci come una valanga e travolgere l’incauto addetto allo sportello che ci si pari davanti con le sue infauste notizie!

Tanto più se ci si costringe a fare una fila a sinistra per arrivare alla signora (una signora! Una signora in carne e ossa, neanche un distributore automatico di bigliettini numerati… maanco fossimo nel medioevo tecnologico più cupo!!) che vaglia le nostre richieste di informazioni, UNA A UNA e poi ci smista verso.. il distributore automatico di biglietti per l’ufficio competente al nostro problema. E dopo fatta anche questa fila, a maggior ragione come piccole pentole a pressione cominciamo a fischiare, accumulando rabbia fin oltre il livello di guardia, se ci troviamo davanti l’ennesimo operatore di sportello, che ci maltratta perché ha avuto una giornata storta. O perché siamo davanti a lui che invece vorrebbe essere già in ferie, con il panettone di Natale ben piantato sul gozzo.

Lui, che un lavoro ce l’ha ma non è tenuto a farlo nemmeno lontanamente bene, tanto che si permette di maltrattare verbalmente l’incauto contribuente che, in un moto di onestà inaudita, tenta di andare ad auto dichiararsi come residente in Milano per poter, finalmente, forse, dopo le solite lungaggini burocratiche e una serie di insulti, pagare la Tares.

Lui, che ci prende a male parole perché ce l’ha su a morte per il fatto che sia stato uno degli “invasori” della ditta a cui il Comune ha appaltato la questione della Tares, a mandarci davanti al suo sportello. Lui che pensa che noi, contribuenti, siamo l’origine di tutti i suoi mali perché abbiamo avuto l’infelice idea di venire a mettere le carte in regola per poter, appunto, contribuire con la nostra rata della Tares. Lui che deve per colpa nostra mettere un altro timbro su un altro documento e scrivere pochi codici in un computer prima di mandarci malamente via, come se  gli avessimo solo fatto perdere tempo a ridosso della pausa pranzo.

Lui, a cui vorremmo ricordare con altrettanta stizza che in effetti siamo noi contribuenti, alcuni (molti) dei quali uno stipendio non ce l’hanno e la pensione chissà se mai la vedranno, a finanziare il SUO stipendio e la SUA pensione. Il suo comodo posto allo sportello del comune di Milano.

Lui, difronte a cui ce ne stiamo in silenzio, aspettando che la finisca con gli insulti e si decida a registrare i nostri documenti, rilasciarci la ricevuta, e lasciarci andare via.

E noi. Noi che non abbiamo più voglia di nulla, nemmeno di rispondere a tono a chi ci insulta gratuitamente, o di far valere la nostra dignità, opinione, ragione.

E io che pensavo che, avendo avuto a che fare con l’INPS, già conoscevo tutto in fatto di gestione ad cazzum e persone poco motivate (se non addirittura sgarbate o peggio), nel loro lavoro. Dei dilettanti a confronto!

Ora, in conclusione, voglio ribadire che non sono una persona che da credito alle voci o si basa sugli stereotipi… ma oggi ho avuto un bell’esempio, fulgido direi, di come possa essere nato lo stereotipo “dell’impiegato del comune fancazzista” o di quello “dell’impiegato dello sportello acido”. E non mi è piaciuto. Per niente.

Perciò ecco i miei consigli per chi di voi, malauguratamente, si dovesse trovare a dover avere ache fare con questa gente:

  1. Controllate bene, virgola per virgola, numero per numero, codice per codice, metrature, destinazioni d’uso e persone accatastate, nel documento di sintesi che vi manderà il comune per la Tares
  2. Preparatevi tutti i documenti che attestino la vostra identità, la vostra permanenza nell’immobile in oggetto, i dati di catasto relativi (in comune ce li hanno ma meglio che controlliate ancche voi che siano quelli..giusti) e se ce l’avete anche una raccomandazione del Papa in merito al fatto che siete delle brave persone e degli onesti contribuenti.. non si sa mai. Una spintarella dall’Alto potrebbe far comodo.
  3. Armatevi di pazienza, santa pazienza, santissima pazienza. Fatevela spedire con uno dei droni di Amazon, se non ne avete, fatevela prestare.. ma portatela con voi. Servirà.
  4. Lasciate a casa le armi, credetemi: la tentazione vi verrà, forte come la voglia di bere per uno disintossicato da 1 giorno.
  5. Portatevi una penna:  gli impiegati del comune sono molto gelosi delle loro penne, le legano ccon degli spaghi a dei dispositivi tipo mina antiuomo che scattano se solo osate guardare nella loro direzione. E ci godono da morire nel dirvi un acido “no” quando gli chiedete se vi possono prestare quella cazz di penna per compilare a mano (col sangue in alternativa) quel cazz di documento di autodichiarazione che ci vuole per mettere in regola i conti della Tares.
  6. Ricordate che in fondo, la gente che avete davanti è solo gente piccola che non ha altri stimoli se non quelli di maltrattare il primo che gli capita a tiro. Voi siete migliori, e una volta finito ve ne uscirete da quel posto di perdizione per, si spera, non tornarci mai più. Mentre loro dovranno restarci, a farsi compagnia l’un l’altro – simpatici come sono -.

Si, certo, un lavoro ce l’hanno, loro.. ma a che prezzo?

Ecco, ora non ci resta che augurare a tutti loro, come a tutti noi, un Buon Natale e delle Serene Feste.

E magari che sbaglino anche i loro calcoli della Tares e si ritrovino anche loro a gustare l’amaro sapore del dover anticipare liquidi nelle casse del Comune e dello Stato, nella vana speranza di vederseli un giorno conguagliare e restituire.

E che la ruota del Kharma giri e che un giorno si trovino loro, difronte a un qualsivoglia ufficio competente in qualsivoglia rognosa materia, e ad uno zelante operatore di sportello che gliene faccia anche solo un decimo di quanto ci hanno fatto loro, oggi, in questo frangente.

Ma senza rancore, eh…


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