Pagare le tasse in opere d’arte (in Italia)? Si può, ma non si può dire
C’è chi guarda alla Gran Bretagna con invidia per il recente disegno normativo che prevede la possibilità per i contribuenti di Sua Maestà di pagare parte delle imposte dovute al fisco donando allo stato oggetti storici od opere d’arte. Ma forse pochi sanno che in Italia questa possibilità esiste. Dal 1982!
La misura dell’Acceptance in Lieu è disciplinata in Gran
Bretagna da circa un secolo e permette di pagare le tasse di successione
donando allo stato beni di valore facenti parte dell’eredità. Ogni anno
sono stanziati 20 milioni di sterline per il finanziamento di tale
misura, che dal 2001 al 2010 – in cambio – ha portato all’erario
britannico oggetti e opere d’arte per un valore di 235,5 milioni di
sterline (con capolavori di Michelangelo, Picasso, El Greco
e di altri nomi illustri). Stante il “successo” di tale soluzione, con
la legge di bilancio del 2011 il governo inglese ha pensato di
introdurre una misura simile anche per il pagamento delle imposte
diverse da quelle di successione.
La soluzione è nota da anni anche in Irlanda, dove è sufficiente optare
per la cessione all’erario di un bene artistico di proprietà per
ottenere un credito d’imposta utilizzabile dal contribuente
nell’immediato oppure in futuro. La sua diffusione è riscontrabile anche
nell’ultimo rapporto realizzato dall’amministrazione finanziaria
irlandese, all’interno del quale fa il suo esordio la voce “bene
artistico” (esaminando il documento si scoprono quadri, documenti di
rilevanza storica, ville, sculture e perfino lettere riservate, scambi
epistolari e poesie ceduti al fisco in sostituzione dei corrispettivi
dovuti per imposte e tasse).
E in Italia? Seppur poco conosciuta, la possibilità per i
contribuenti italiani di pagare le imposte dirette e l’imposta sulle
successioni mediante la cessione di beni culturali e opere d’arte è
stata prevista dalla legge 2 agosto 1982, n.512. I contribuenti
possono procedere al pagamento, totale o parziale, di tali imposte
mediante la cessione allo Stato di beni culturali vincolati e non
vincolati, nonché di opere di autori viventi o la cui esecuzione risalga
anche a epoca inferiore al cinquantennio. Le condizioni e il valore
della cessione sono stabiliti con decreto del Ministero per i beni e le
attività culturali, sentita un’apposita commissione nominata con decreto
dallo stesso Ministro per i beni e le attività culturali e presieduta
da lui o da un suo delegato e composta da due rappresentanti del
Ministero per i beni e le attività culturali e da tre rappresentanti del
Ministero dell’economia e delle finanze.
La commissione costituisce dunque il presupposto operativo necessario
alla fattiva applicazione della legge (e dello strumento da essa
disciplinato). Per questo, forse, lo strumento appena descritto ha avuto
una scarsa diffusione tra i contribuenti italiani: complice la continua
riorganizzazione dei ministeri, la commissione è rimasta inattiva fino
al decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali dello scorso
30 marzo 2010.
Le sue attività sono iniziate nel maggio 2010 e dopo circa tre mesi sul
tavolo del ricostituito organo erano presenti soltanto cinque proposte,
con una decina in istruttoria. Delle cinque proposte esaminate soltanto
una (riguardante una tela di Alberto Burri) è stata
accolta, mentre le altre o hanno necessitato di un’istruttoria più
approfondita o sono state respinte poiché non di interesse per lo Stato,
su indicazione dei responsabili delle Soprintendenze dei luoghi ai
quali sarebbe stata destinata l’opera.
Quel che stupisce non è solo la scarsità delle richieste giunte alla commissione, ma anche la limitata varietà dei beni proposti:
alcuni quadri, un gruppo di sculture e un piccolo terreno di interesse
archeologico, ma nessuna offerta non solo di palazzi (come invece
avveniva in epoca più lontana), e nemmeno di arredi, collezioni
archivistiche e librarie o di documenti di valore storico.
Stante anche l’attuale carico fiscale, la conclusione cui si giunge è
inevitabilmente quella che la lunga inattività della commissione abbia
comportato la perdita di conoscenza di tale misura da parte dei
contribuenti italiani. Il che è oggettivamente un peccato.
Oltre a essere un’ottima opportunità per i cittadini italiani per
trovare una soluzione alternativa in merito al pagamento delle proprie
pendenze fiscali, la cessione di opere d’arte quale corrispettivo
d’imposta è un’occasione anche per lo Stato nel campo delle acquisizioni
di opere d’arte. Soprattutto in un periodo nel quale non vi sono
risorse per gli acquisti, l’implementazione della misura descritta
potrebbe essere un valido strumento per non subire le difficoltà
dell’attuale momento storico.L’opportunità, tra l’altro, di poter acquisire anche beni non vincolati e/o di artisti ancora viventi o deceduti da meno di cinquant’anni – come previsto dalla normativa – permetterebbe altresì allo Stato italiano di poter organizzare e mettere in atto una solida politica di acquisizione di opere d’arte moderna e contemporanea, consentendo la raccolta di un patrimonio ricco degli esempi della migliore arte italiana in tutti i periodi della sua storia.
La ricostruzione della commissione poteva essere un valido spunto per pubblicizzare l’esistenza della possibilità per i contribuenti di pagamento delle imposte mediante cessione di opere d’arte. Un’occasione persa, in molti sensi.
Artcolo originale su: http://www.artribune.com/2011/12/pagare-le-tasse-in-opere-d%E2%80%99arte-in-italia-si-puo-ma-non-si-puo-dire/