Magazine Cinema
DEVIL'S PLAYGROUND (Regno Unito 2010) di Mark McQueen
Sconsigliato a chi è stufo di horror epidemici con infettati velocisti, derivati direttamente da "28 giorni dopo", Devil's Playground riesce comunque a proporre almeno un'idea iniziale originale, anche se piuttosto irrealistica: qualche migliaio di persone si sottopongono ad un'iniezione sperimentale per non provare più alcun tipo di stanchezza, ma dopo un po' di tempo iniziano a manifestare gli stessi sintomi di chi è affetto da rabbia, tutti tranne un unico caso eccezionale, una donna il cui ritrovamento diventa l'obiettivo principale dei responsabili del morbo. Gli sviluppi potete ben immaginarli: panico sulle strade urbane, scene di assedio in posti ritenuti rifugi sicuri e tentativi di fuga con mezzi di emergenza. Se trovate qualche motivo di interesse in questa risaputa successione di eventi, il film saprà come ricompensarvi, senza farvi soffrire di noia, con una narrazione spedita e non scurrile (come succede spesso nelle pellicole inglesi) e con una buona varietà nella scelta dei luoghi del contagio. Che differenza c'è rispetto ad uno Stake Land? Che almeno questo non è intriso di retorica, nonostante dia l'impressione del già visto! Da vedere senza troppi rimpianti. (6.5/10)
COMING SOON (Tailandia 2008) di Sopon Sukdapisit
Apparso fugacemente nei nostri cinema nel periodo estivo dell'anno scorso, Coming soon è il più debole tra gli horror ambientati in un cinema (ricordiamo gli illustri esempi come Anguish e Popcorn, ma anche il nostro Demoni) poichè non si distacca molto dalle tematiche a cui ci hanno abituato i film orientali: per capirci è presente la solita maledizione à la The Ring che colpisce i protagonisti e li spinge a scoprirne la causa portandoli di fronte ad un tremendo segreto. La storia è più un dramma che altro e non riserva particolari momenti di tensione visto che si concentra prevalentemente sul rapporto in crisi tra due fidanzatini. C'è qualche piccola(issima) trovata ingegnosa qui e là, ma complessivamente è una visione che non lascia grandi ricordi, anche per via di una conclusione sbrigativa. Solo per completisti. (6.5/10)
YELLOWBRICKROAD (USA 2010) di Jesse Holland, Andy Mitton
C'era da immaginarselo che quando gli americani acclamano film indipendenti che sbucano dal nulla non è mai il caso di fidarsi ciecamente del loro giudizio. Yellowbrickroad infatti è il solito film finto sofisticato che gira a vuoto spesso e volentieri, che mette degli irritanti paletti a qualsiasi tipo di emozione e che, in ultima istanza, si appiglia a trovate metacinematografiche che danno ancora meno coerenza ad una storia che sembra il parto di chi si sforza di pensare in modo anticonvenzionale, con l'unico risultato di ottenere qualcosa di artificiale. L'esito non è catastrofico come si potrebbe pensare ma fa comunque tanta rabbia vedere qualche suggestiva intuizione, nella migliore tradizione di "Ai confini della realtà", buttata a casaccio in una sceneggiatura senza direzioni. Poteva essere una vera esperienza lisergica e invece ci ritroviamo con un'opera che fa di tutto, o quasi, per non farsi apprezzare. Delusione. (6,5/10)
ZWART WATER aka TWO EYES STARING (Belgio 2010) di Elbert van Strien
Zwart water è un'elaborata variazione sul tema dei bambini disturbati, supportata da una curata rappresentazione di una situazione familiare, le cui problematiche interne e i segreti porteranno al progressivo cambiamento caratteriale della piccola protagonista. Non prettamente inquadrabile nel genere horror, ma convincente per la maniera in cui riesce a trasmettere il senso di solitudine e di crisi quando viene meno l'affetto di un genitore in tenera età. Molto affascinanti i luoghi in cui è stato girato, il film rimane comunque un dramma dal lento svolgimento con elementi sovrannaturali, non proprio indicato per chi si aspetta velocità di esecuzione, sangue e spauracchi, quasi del tutto assenti. In futuro ne arriverà un remake americano con Charlize Theron. Da non sottovalutare. (6.5/10)
MASK MAKER aka MASKERADE (USA 2010) di Griff Furst
Reminiscenze dal remake di "Non aprite quella porta" di Nispel e una riuscita coppia di protagonisti, che una volta tanto non ispira istinti omicidi, rendono questo, necessariamente derivativo, Mask Maker un passatempo per nulla spiacevole, che avrebbe pure meritato una valutazione migliore se solo si fossero ricordati di dotarlo di uno straccio di atmosfera che ricordasse alla lontana un horror. La fotografia è infatti un po' troppo luminosa. A parte questo non proprio piccolo neo, la trama è classica ma nel senso buono del termine e i dialoghi sono pure più curati rispetto alla media. Col sangue ci va leggero, ma ciò non intacca l'intensità di alcuni momenti davvero bastardi. Una discreta sorpresa. (6.5/10)
FERTILE GROUND (USA 2010) di Adam Gierasch
Sembrerebbe non esserci nulla di speciale in questo nuovo esponente nella sezione delle case maledette, ma Fertile Ground si rivela lo stesso inspiegabilmente magnetico, sia per la maniera con cui ci accompagna alla scoperta dei suoi segreti, sia per l'ottima protagonista femminile, mai stucchevole e forzata nel suo ruolo. Gierasch infatti, per diversificare il suo film, tenta strade alternative e più ricercate, senza dimenticarsi comunque di assestare qualche spavento più immediato, ma non meno efficace. Non rivoluzionerà di certo un genere (ma ormai a quale film si chiede un simile onere), ma non si vorrà mica disdegnare un'opera che, seppur con qualche punto oscuro nella trama, sa essere misteriosa e fa crescere curiosità per il finale? E il risultato è ancora più sorprendente se consideriamo che FG è uno dei nuovi After Dark Originals e se la cava meglio di "Seconds Apart". Affascinante. (6.5/10)
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