Secondo Marshall Mc Luhan, per decidere se comprare un libro, bisogna affidarsi alla pagina 69. Se quella pagina ci catturerà, allora, molto probabilmente ci piacerà il libro.
Pagina 69 di Dodici Porte, fantasy di Daisy Franchetto. Si trovavano di nuovo nel giardino, questa volta però nel lato destro della Casa. C’era luce, ma il cielo era coperto, come il giorno precedente. Lunar alzò le braccia al cielo e respirò a pieni polmoni. La danza con le fiammelle l’aveva davvero rinvigorita, e pensare che a lei ballare non era mai piaciuto. Un ricordo si fece strada nella sua testa, un ricordo antico. Immagini di corpi danzanti. Anche lei era immersa nella danza, poteva vedere i suoi piedi, tutti adornati, muoversi. Non riuscì a trattenere quell’immagine, che presto scomparì. Chissà da dove veniva quel ricordo? «Ma qui non splende mai il sole?» domandò Lunar con aria ancora trasognata. «Sì, alla fine» rispose La Loba. E dopo una pausa aggiunse: «Alla fine, normalmente, splende il sole». Lunar si chiese come mai La Loba rispondesse sempre in modo così enigmatico alle sue domande, ma cominciava ad accettare che le cose non le fossero subito chiare. Davanti a loro si ergeva un albero grandissimo, carico di foglie verdi. Ai piedi dell’albero un buco nero che sembrava l’entrata di una tana. La giovane temette che si sarebbero dirette proprio lì, e così fu. La Loba entrò senza bisogno di chinarsi, tanto era grande l’apertura, e sparì inghiottita dal buio. Lunar esitava. Sentì la voce della Loba chiamarla dall’interno, sembrava provenire da molto lontano, raccolse tutto il coraggio di cui disponeva ed entrò nell’apertura ai piedi dell’albero. Dentro era così buio che ci volle un po’ di tempo perché riuscisse a mettere a fuoco qualcosa, poi una piccola torcia appesa alla parete, si accese come per magia e la ragazza si rese conto di essere in una specie di stanzetta. Il pavimento e le pareti erano costituiti dalle radici e dal legno dell’albero, al centro della stanza c’erano un tavolo di legno e uno sgabello. Alle pareti erano appese alcune mensole su cui poggiavano ciotole di terracotta di varie fogge e una brocca. L’unica fonte di luce era la torcia. In un angolo era posto un giaciglio di paglia con un lenzuolo candido e una coperta. Tutto era in ordine e pulito. Pur nella semplicità, quel luogo dava un senso di accoglienza. La ragazza era talmente assorta a osservare quell’insolita stanza, che non si rese conto di aver perso di vista La Loba.