Guggenbuhl-Craig Adolf, Il vecchio stolto e la corruzione del mito,
Moretti & Vitali,, 1997
Sono molte le organizzazioni, le istituzioni e gli specialisti che si occupano dell’assistenza alle persone anziane. Purtroppo questi esperti hanno scarsa familiarità con il mitologema del vecchio stolto. Finora esso non è venuto bene in luce, anche per via della dominanza della mitologia corrotta del vecchio saggio.
La psicoterapia e l’assistenza non aiutano gli anziani a diventare, con gioia e leggerezza, dei vecchi stolti – così come invece facciamo con i bambini quando li mettiamo in condizione di sentirsi liberi, spensierati e pazzerelli -, al contrario, ed erroneamente, si cerca sempre di normalizzarli e integrarli. Vogliamo che gli anziani continuino a interessarsi di tutto, costruttivamente e razionalmente. Non deve mai succedere, purtroppo, che un anziano se ne rimanga semplicemente seduto su una panchina, a guardare il niente davanti a sé e a coltivare .ricordi. I vecchi devono essere “attivati”. Devono continuare a essere, o tornare a essere, membri più o meno utili e diligenti della società – utili nel senso più banale del termine. Se non è così, diventano dei poveri malati, ai quali nel migliore dei casi va offerta compassione. …
“Dateci la libertà di essere stolti”: ecco uno slogan adatto per una manifestazione in piazza di persone anziane. La rapida crescita della popolazione anziana porta con sé grandi possibilità: finalmente la stoltezza può tornare a prendere la parola, nel bel mezzo dell’era del computer, della razionalizzazione diffusa e dell’alta tecnologia. Al vecchio stolto e alla vecchia stolta è concessa anche la paura, non hanno l’obbligo di esibire un’ipocrita serenità. Malattie, acciacchi e, infine, la morte “hanno il permesso” di riempirli di paura: l’obbligo di dimostrare eroismo non è più richiesto, è cosa da giovani. I vecchi non devono guardare con coraggio la morte negli occhi, ma possono farlo. Per chi è stolto, la paura non è una vergogna.
La persona anziana può finalmente vivere in modo libero e interiormente indipendente. In gioventù e durante la maturità dobbiamo affannarci, dobbiamo adattarci e imporci socialmente, dobbiamo capire alla svelta, nuotare nel fiume della vita, essere capaci di collaborare, sapere di che cosa stiamo parlando; siamo obbligati a guadagnarci la vita, a mantenere la famiglia, a tirar su e a istruire i figli, a impegnarci per qualche scopo, ideale o egoista che sia.
Il mitologema del vecchio stolto è libertà; l’immagine corrotta del vecchio saggio paralizza, ci limita e ci mette i paraocchi. Il vecchio stolto non è un triste idiota, è una persona libera. A lui appartiene quella libertà a cui aspirano i giovani che cercano di isolarsi socialmente, fuggendo in una malga solitaria sulle Alpi o girando senza meta per il mondo. Può vestirsi come gli pare, fuori moda, alla moda, bene, male. Può parlare come vuole, esprimere consenso e dissenso, comprensione e incomprensione, come gli va sul momento. Non ha l’obbligo di restare in forma né tìsicamente né mentalmente, a meno che non cada nelle mani ben intenzionate di assistenti per anziani con il compito di integrarlo, normalizzarlo, renderlo attivo secondo i loro canoni…
L’immagine del vecchio stolto allontana la paura dovuta al modello del deficit. Il deficit diventa un guadagno. Torna a valere la pena di diventare vecchi. Se accettiamo il vecchio stolto, in vecchiaia possiamo disfarci del potere, ma anche della responsabilità; possiamo ammettere tranquillamente di fronte a noi stessi e al mondo che, in nome di Dio, non siamo più completamente controllati.