Secondo Marshall Mc Luhan, per decidere se comprare un libro, bisogna affidarsi alla pagina 69.
Se quella pagina ci catturerà, allora, molto probabilmente ci piacerà il libro.
Oggi abbiamo una combo di pagine 69, offerta da Miram Bonne: Il dono dell'imperatore - La lince del vespro e Il dono dell'imperatorel'ochio di drago.
Il dubbio l’aveva assalita per tutta la notte: il certo per l’incerto, il sicuro per l’imprevisto, la calma per la fretta, il riposo per la stanchezza. Questo è ciò che pesava sulla bilancia della scelta. La logica le diceva di prendere il percorso a valle, avrebbe potuto fare tutto con calma e sarebbe arrivata al castello con il pieno di energie. Il suo istinto però la induceva alla scelta opposta, a incamminarsi nell’anonimato e nel silenzio della grande montagna, ad affrontare sentieri intricati e selvaggi, ad andare incontro ai pericoli e alla forza della natura. Ora, dopo una notte di arrovellanti pensieri, Aleksandra era fuori al palazzo davanti alla scelta che probabilmente avrebbe determinato l’esito della sua missione. Come per rimandare ancora la scelta, prese a controllare di avere con sé tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno. Dimenticare qualcosa di fondamentale le sarebbe potuto costare la vita. Aleksandra conosceva la regola aurea, doveva viaggiare comoda e leggera. Meno era comoda più si sarebbe stancata, più era pesante più sarebbe andata lenta. Indossava pertanto abiti di pelle, spessi e comodi, leggeri ma resistenti. Un corposo mantello di lana lungo fino alle caviglie e con cappuccio avrebbe protetto le spalle e il capo dall’aria gelida del mattino e della notte. Lunghi guanti a mezze dita, anch’essi di pelle, mantenevano caldi e proteggevano gli avambracci e le mani senza ostacolarne il libero movimento. Ai piedi portava stivali di pelle e cuoio che proteggevano gli arti inferiori fin su al ginocchio, ideali per le cavalcate si erano dimostrati in più occasioni, soprattutto con il freddo, utili e comodi anche per lunghe camminate nella vegetazione. Per le armi aveva preferito un arco lungo alla balestra, lo teneva dietro la schiena insieme con la faretra, con almeno venti frecce pronte a essere scoccate. Pugnali da lancio, piccoli ma ben affilati, erano inseriti in asole dietro ciascuno stivale. L’arma da corpo a corpo non era una spada a due mani, la preferita da Brunilde, era troppo pesante e ingombrante, aveva scelto una spada corta a lama larga: comoda, maneggevole e robusta, le permetteva attacchi efficaci, ma anche ampie
all’armeria e caricarle tutte è davvero un grande dispendio d’energia. Comprendo e appoggio tutto ciò che stai pensando di portare con te in questa spedizione, ma anch’io non capisco la scelta delle armi. Non è bene armare la povera gente, come diceva mio padre lascia al contadino il forcone e al soldato la spada, così che entrambi possano capire e accettare il proprio ruolo nel mondo. Tuo nonno non era come me e te, è stato un sovrano severo, probabilmente non avrebbe appoggiato la tua scelta.» «Padre, spero possiate invece appoggiarla voi dopo aver udito le spiegazioni che sto per darvi. Vostro padre, mio nonno, è stato un sovrano, come avete voi stesso detto, severo. Il popolo viveva di stenti e gran parte di esso non gli era fedele. Oggi non è più così. Voi, padre, avete messo il popolo al primo posto, e tutti vi sono fedeli, e vi stimano, e vi amano. Non dovete temere ribellioni o rivolte, abbiate fiducia nel popolo, così come lui l’ha avuta in voi. Se voglio dar loro un’arma è solo per far sì che possano difendersi.» «Difendersi? E da chi? Il nostro è un territorio freddo e brullo, dagli scarsi raccolti e dal clima inclemente, nessuno anela a conquistarlo. E poi perché mai attaccare i Loeth? La fama del nostro esercito supera le nostre coste.» «Magari mi sbaglio, padre, ma ho trascorso l’intera giornata di ieri in biblioteca e sono arrivato alla conclusione che questo terremoto, dalla violenza così efferata, possa aver colpito ben oltre le Terre di Bor. Se così fosse, i nostri villaggi sulla costa sarebbero vulnerabili a rappresaglie dei popoli al di là del mare. Se anche loro sono in difficoltà come noi, se anche i loro palazzi e case sono crollati, saranno alla ricerca di qualcosa di cui mancano e di cui noi invece abbondiamo.» «Parli del nostro legno e delle nostre miniere… ma siamo in pace oramai con quei popoli. È vero, non siamo più uniti sotto il nome di un unico impero, ma siamo in ottimi rapporti. Saremo ben felice di aiutarli, lo sanno, non c’è bisogno di tentare un’invasione.» «Dimenticate le Terre Selvagge.» Marcus incupì lo sguardo. «Il nemico può giungere su queste coste solo via mare. Se