L’edizione online di «Il Sole24Ore» durante questo weekend in home page, nella sezione Magazine Weekend, tra la recensione di un libro ed una proposta cinematografica inserisce un seno nudo [#] ed il collegamento porta ad una fotogallery di 18 scatti che, seppure certamente d’autore, lasciano poco spazio alla fantasia. Un lettore commenta con sintesi ed efficacia: “Tutto bene. Bravi”.
Ennesima evidenza della rincorsa alle pagine viste ed alla perversione dei CPM come misura del valore di una testata e modalità di monetizzazione. Se il quotidiano di Confindustria non è certamente l’unico ad adottare queste modalità con i maggiori quotidiani nazionali in cui abbondano “boxini morbosi” et similia, il caso specifico sorprende, lascia con l’amaro in bocca più che in altri casi e dà spazio a riflessione.
Se David Holmes dalle colonne di PandoDaily scrive “page views journalism is killing us” [il giornalismo delle pagine viste ci sta uccidendo] denunciando i rischi per il giornalismo di queste perversioni commerciali, è Petteri Vainikka, Direttore Marketing di Enreach, società che si occupa di raccogliere i dati di readership online ed offline per fornire agli editori una segmentazione del lettorato in tempo reale, a spiegare perchè per alcuni editori, come nel caso di «Il Sole24Ore», questa sia una scelta sbagliata anche sotto il profilo commerciale dei ricavi pubblicitari.Spiega Vainikka, nel suo articolo ”Premium Publishers Are in the Audience Business, Not the Ad Impression Business”, che i più grandi editori premium stanno affrontando il problema di meglio monetizzare i propri contenuti digitali con una logica errata “In altre parole, si stanno vendendo il prodotto sbagliato”. Proseguendo “Io credo che la vendita ad impression lorde è il prodotto sbagliato, indipendentemente dal meccanismo di transazione applicata. Perché? Perché essenzialmente chiunque abbia un sito web può creare e moltiplicare impressions e spazi pubblicitari, senza barriere d’ingresso al mercato – e ciò che è ancora peggio – il mercato nel suo complesso è irreversibilmente paralizzato per ordine di grandezza rispetto all’offerta. Concludendo che per gli editori premium si tratta di entrare nel mercato dell’audience non in quello delle impressions. Un mercato fatto di attrazione e studio accurato dei lettori per offrire agli investori pubblicitari, alle aziende, non un prodotto massificato e generico ma uno di valore, “customizzato”.
Che ci sia vita per i quotidiani online oltre i CPM è una questione sollevata in questi spazi oltre 18 mesi fa, con le evoluzioni avvenute da allora c’è da chiedersi se per taluni ci possa essere vita con i CPM. La mia risposta è NO!
[#] Screenshot home page Sole24Ore del 24.03.2013 ore 11:25 – Al momento della redazione dei questo articolo ancora in primo piano.