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Trapani, 8 Settembre 2010, ore le 7,31. Mi sento uno straccio. Non ho chiuso occhio tutta la notte. Un’ansia insopportabile, la voglia che si facesse presto giorno, il giorno leggendario in cui avrei incontrato Valerio e avremmo fatto l’amore, per la prima…forse la seconda volta…uhm, a ripensarci, la prima non c’era stata. Troppa emozione, troppa attesa, una debacle, ma stavolta sarebbe andate bene, ne ero certa. Ho organizzato tutto a regola d’arte. Arturo, mio marito, sarebbe stato fuori per lavoro, mio figlio, un adolescente noioso e impiccione, che mi controlla persino la lunghezza delle gonne, a fare surf con alcuni amici. Ore 8 in punto, rapida toilette, tolgo qualche sbaffo di spuma da barba di mio marito dal lavabo. Già, mio marito, il mio caro sposo, che mi ha tradita mille volte, senza nessuno scrupolo; oggi lo avrei tradito io, con l’unica persona che mi fa tremare le viscere fin da ragazzina.Alle 9 ho appuntamento dall’estetista, una veneta ciarliera, molto brava e un po’ culona.Le chiedo un trucco elegante e discreto, oltre che, tenace. Risultato ottimo, del resto non sono niente male: alta, formosa, bruna, attraente, quarant’anni ben portati.Passo, poi, da Pierre, lo stilista del pelo setoso, al cui tempio si accede prenotando, almeno, una settimana prima e gli chiedo una piega che possa resistere alla prova “materasso sussultante”. Capisce al volo ed esegue un capolavoro! Allo specchio, mi sento irresistibile.Ore 11,30, a casa, telefono a mio figlio e a mio marito: entrambi avrebbero tardato, magnifico!Da una vita sogno di stare fra le braccia di quell’uomo e alle 17 in punto, lo avrei incontrato, nel pied a terre, che, poi, era un appartamentino al primo piano, di un suo amico, Antonio, molto charmant, disponibile e gentile. Ore 13, eccolo, è lui, mi chiama al telefono, bisbigliando per non farsi sentire da quella Santippe della moglie. “Ciao, amore, non riesco a mandar giù un solo boccone, ho la gola chiusa. Ancora quattro ore, non so come potrò resistere, sono carico come un fucile da caccia. A più tardi, a più tardi.”Doveva essere apparsa la moglie. Non mangio nulla neppure io, conto si saziarmi con il suo corpo, sarò una cannibale!Le sedici. Comincio a prepararmi: breve bagno tiepido, curando di non scombinare pettinatura e trucco, crema per il corpo, controllatina al rossetto, che fosse davvero indelebile, un bell’abito bianco panna, con una lunga “zip” strategica sulla schiena, niente calze, fa ancora caldo e ho delle belle gambe abbronzate, sandali a tacco altissimo, biancheria di seta ecrù. Infine, una nuvola di profumo, una gran bella nuvola, un nuvolone, Santippe l’avrebbe avvertito subito, la stregaccia.16, 35. Esco da casa, prendo l’ascensore, non voglio incespicare sui gradini, con quei tacchi, metto in moto l’auto, parcheggiata, davanti al box. Mi sento una scolaretta in vena di marachelle e ho voglia di cantare. Pigio il tasto dell’autoradio e subito si diffonde una melodia che fa volare la mia anima, una vecchia canzone che ho ballato tante volte con lui ai tempi della scuola. Bello! Attraverso la città, i semafori, stramaledetto chi li ha inventati, sembrano essere solo rossi!Ore 17,03 minuti. Sono arrivata, il portoncino è accostato. Lui mi aspetta, stagliato sul vano della porta: pantaloni in lino bianco, camicia di seta marrone, maniche arrotolate, mocassini firmati, i capelli, brizzolati, gli occhi dolci, un’aura di sensualità da tagliare col coltello.Sono subito fra le sue braccia, si fondono i nostri profumi (Joy e Eau Sauvage). Mi prende per mano e mi guida verso la stanza da letto, lasciata in una sapiente e intrigante penombra. Le sue belle mani, nervose e impazienti, tirano giù la lampo del vestito, che turbine! Mi accarezza, mi bacia focosamente, via i vestiti, il cuore a mille e giù, sul letto. Ci aggrovigliamo, mugolando canonicamente e…nulla, calma piatta. Ancora l’emozione, l’ansia da prestazione? Sguscio dalle sue braccia, mi seggo sul letto, perplessa. Lui si contorce, ansima, tocca il lenzuolo, lo stringe, non si è accorto che, sotto, ha solo il materasso.Leggermente impaurita, mi alzo, mi rivesto, indosso i miei sandali, prendo la borsa, mi allontano, senza disturbare l’assolo.Dall’ingresso, mi giungono i suoi gemiti. Mi sembra di vivere un brutto sogno. Mentre sto per chiudere la porta alle mie spalle, lo sento supplicare: “ Dove vai, Antonio, amore?”Ah, ecco spiegato il mistero! Mitomane impotente, misero ortaggio! Ed io che avevo sognato foga, amore travolgente, passione senza freni! Invece, ho aspettato vent’anni, per un fro… Ore 18. Cambierò cellulare, toglierò il fisso. Brutto stronzo, mi ha condannato a restare onesta e fedele!
Flora Restivo.
Giusto per una doverosa precisazione, l’uso della prima persona, è solo un espediente di scrittura, il racconto NON è autobiografico!
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