Pagnotta di pane integrale

Da Kisciotte @Kisciotte_Dixit
Soddisfo finalmente le migliaia di richieste che da mesi stanno subissando la redazione. Ecco quindi la ricetta per la preparazione della mia celeberrima pagnottona integrale. Ne pubblico la versione realizzata tempo addietro per un amico pokerista. Ognuno di voi saprà mondarla dai riferimenti personali. Nelle note a pie’ di ricetta trovate le considerazioni integrative e migliorative sovvenute dalla stesura in questione a oggi. Perché fare il pane è un piacere in continuo divenire di meditazione e levitazione, oltre che di lievitazione.
***Pagnotta integrale (tracce di peli avambrachiali nell’impasto ne garantiscono la genuinità)
Intiepidisci dell’acqua.
Prepara sul tavolo gli ingredienti e le confezioni di farina aperti anche per evitare di impiastricciali in seguito a mani impastate.
Per lo stesso motivo appronta in anticipo la teglia con fondo di carta da forno.
Prendi una insalatiera con sotto una spugna umida perché non scivoli durante l’impastamento.
Metti nell’insalatiera un cubetto di lievito di birra, stempera il tutto aggiungendo acqua (circa un paio di bicchieri, del resto il pentolino con l’acqua va tenuto a disposizione per aggiungerla a mano a mano che impasti).
Comincia a versare la farina, alternando a piacere farina integrale e farina bianca.
Appena iniziato l’impastamento aggiungi a nevicata una delle due bustine di lievito per pane che sono contenute nella confezione di farina integrale.
Impasta un poco e versa olio d’oliva (dai una innaffiata in base a quanto te gusta).Aggiungici un pizzico di sale(1).
Continua a impastare sempre aggiungendo le due farine e la dose d’acqua relativa in base a quanto pane vuoi ottenere(2).
Se sul fondo resta farina asciutta a scaglie stemperala con acqua, se l’impasto è troppo appiccicoso e molle aggiungi farina.
Imparerai da te che la farina integrale ha un indice di elasticità inferiore rispetto a quella bianca. Quindi nell’impasto conviene sempre metterne abbastanza di bianca, altrimenti avrai difficoltà a creare una pallottola di pasta omogenea e malleabile.
Diciamo grosso modo una parte di bianca almeno per due parti di integrale.
Ma anche qua la bellezza del fare il pane è che puoi sempre variare a piacere sia per le proporzioni che per il tipo di farina (io ultimamente uso sempre anche una terza farina, quella di farro; in passato ho provato la farina di riso ma non mi piaceva la consistenza del risultato finale)(3).
Continua a impastare aggiungendo farina finché la quantità ti soddisfa.
Appena l’impasto è oltre che raggrumato anche sufficientemente elastico, passa dalla insalatiera al tavolo.
Con le dita e con le unghie recuperi i residui di impasto dalla insalatiera e li integri alla pallottola sul tavolo, poiché in Africa i bambini muoiono anche di fame e, a parte questo, la farina l’hai pagata.
Sempre con la mente rivolta ai bambini africani con la pancia gonfia d’aria, se qualche semino scappa fuori dall’impasto ci rulli sopra la pallottola e lo reintegri nella tua futura pagnotta.
La fase di impastamento sul tavolo è un toccasana per articolazioni di mani e polsi e viene indicato nelle principali riviste pokeristiche come il migliore stretching per le preziose mani dei gamblers professionisti.
Sul tavolo puoi impastare energicamente(4), con la sola preoccupazione di aggiungere acqua o farina a seconda della necessità. L’impasto deve restituirti un effetto chewing gum ovvero non ti deve rimanere impiastricciato nelle mani, ma nemmeno sfagliarsi mentre impasti.
Un poco di farina gettata sul tavolo fa scivolare meglio tutta l’operazione, che vale la pena protrarre per almeno una decina di minuti.
Una finezza consiste nell’impastare gli ultimi due minuti con la celeberrima tecnica dello strizza panni detta anche tecnica a tortiglione ovvero del “ti spezzo le braccine”. In pratica con una mano impasti con movimento rotatorio a leva “a tirare”, come per dare gas alla manopola del motorino e con l’altra in senso contrario “a spingere” avanti. Come se strizzassi un panno bagnato, ottieni l’effetto di stirare le fibre dell’impasto e favorire l’intrappolamento di bolle d’aria all’interno dell’impasto. Ne consegue un pane che, una volta cotto, avrà un interno più soffice con qualche celletta d’aria in più.(5)
Personalmente arricchisco sempre l’impasto con semi di girasole e sesamo, che si trovano al supermercato (quelli di girasole anche al mercato rionale essendo più economici e da sbucciare, conservandoli poi in vasetto).
Ma vanno bene anche semi di zucca, a piacer tuo una volta imparato l’impasto base puoi arricchirlo, con erbe aromatiche, olive, ecc.(6)
Una volta impratichitoti, tutta l’operazione dovrebbe risolversi nell’arco di mezzora.
Poscia, adagi il pane nella teglia e gli fai dei tagli superficiali sulla faccia superiore, con un coltello: questo favorisce lo sfogo della pasta, sia durante la lievitazione che durante la cottura.

Due pagnotte in compagnia di tartarugo Raffaello

Metti a riposo il pane coprendo la teglia con uno straccio inumidito. Essendo inverno conviene riporre il pane in un luogo tiepido, anche sopra un calorifero.
Dopo almeno un’ora il pane sarà lievitato e sarà pronto per essere infornato.(7)
Il forno dovrà essere preventivamente acceso 10 minuti prima dell’infornata ponendo la temperatura a circa 220 gradi. La teglia va messa in forno a temperatura di cottura.
La cottura dura circa 25 minuti. In ogni caso puoi verificare se il pane sia cotto infilzandolo con uno stuzzicadenti: se esce asciutto il pane è cotto, se è ancora bagnato la cottura non è completata.
Una volta finita la cottura un espediente ti permette di rinforzare la crosta se lo vuoi più croccante in superficie: a forno spento e portello del forno socchiuso, lasci il pane a riposare nella teglia ma inclinato in piedi su un fianco.
In questo modo mentre il forno si raffredda il pane fa un poco più di crosta.
Lo fai raffreddare fuori dal forno(8) e poi lo puoi pappare.

Ecco le due pagnotte pronte da gustare

Conservato in frigorifero o comunque al freddo sul balcone adesso che è inverno dura fino a una settimana.(9)
------- ●-------Note
1 – Ultimamente il sale non ce lo metto proprio: mi piace un pane che non interferisca con i sapori ai quali di volta in volta si accompagna. Insomma, un buon companatico con fare toscano. In ogni caso, se vuoi metterci il sale, mettilo nell'impasto avviato e non mentre sciogli il cubetto di lievito.
2 – Io detesto chi ammorba gli animi con “quanti grammi, quanti millilitri”. Per fare il pane io vado a occhio. Alla personale perfezione si arriva per tentativi ed errori, sperimentando. È il bello di tutta la faccenda.
3 – La farina di base che utilizzo è la Spadoni Pane Nero. A questa abbino di volta in volta: farina di farro, farina di segale, farina di kamut, ecc. Il bello del fare il pane è che ogni volta ci si può sbizzarrire, a seconda dei gusti personali (farina di riso, di mais, di grano duro, ecc.). Per me ciò che conta è che ci sia sempre una impronta da pane integrale, per questo me lo faccio. Ora mi sono stabilizzato, ma nei primi esperimenti usavo anche l’aperol al posto dell’acqua, per dire.
Non siate rigidi! Lasciati guidare dal tuo istinto, Luke!
4 – Una delle cose che mi fa letteralmente girare il cazzo quando devo parlare della ricetta per fare il pagnottone integrale, è la seguente domanda: Ma per impastare che impastatrice usi? Ora, ognuno è libero di avvilirsi umanamente come meglio crede. Personalmente ritengo che tutto il piacere del fare il pane stia nell’impastarlo a mano, godendosi l’atto fisico del gesto. Quindi fate pure come volete, ma se fate impastare alla macchina, spero di cuore vi ci soffochiate quando lo mangiate. Se inoltre, come me, avete la fortuna di sudare come un ghiacciolo, le gocce di sudore che cadono nell’impasto conferiscono alla pagnotta finale un tocco magico.
5 – Recentemente ho introdotto come operazione finale la stesura dell’impasto con mattarello, tirandolo il più sottilmente possibile senza che si spacchi. Poi lo faccio su a tappeto o lo piego a lenzuolo. Insomma, lo scopo è stratificarlo di modo che il risultato a fine cottura risulti più soffice.
6 – Puntualizzo che detti semi e affini compiono il loro destino durante l’impastamento nella insalatiera. Io li impasto dentro il pane. Voi fate come preferite, ma io non mi metto a guarnire la superficie della pagnotta una volta finita. Perché così magari si soddisfa l’occhio, ma al momento del taglio molti semini schizzano via, vanno sprecati ecc. Secondo me questo vezzo estetico collide con i soliti bambini africani.
7 – Sulla lievitazione, io la penso come Gunny: dare una decisa scrollata e riporre; di più costituisce masturbazione. Mentre la creo e la impasto, tra me e la mia pagnotta si crea un legame emotivo e pure affettivo. Mi piace darle forma, massaggiarla per bene e poi riporla a riposare al tiepido. Non ho mai avuto cuore di violentarne la lievitazione raggiunta per reimpastarla nuovamente. Mi sa di stupro egoista. Un impasto, una lievitazione e stop per me va benissimo.
8 - Come per l'impastamento a mano, anche il raffreddamento del pane esalta il piacere della lentezza. Ogni emozione vuole il suo tempo. Insomma: evitate di metterlo a raffreddare in fretta fuori sul balcone. Sia perché la pagnotta rischia di prendersi un accidente, sia perché la fragranza del pane appena sfornato che si diffonde per la casa è un valore che non ha prezzo. Piuttosto posticipate il pranzo, ma lasciate la pagnotta a raffreddare in salotto, mentre vi profuma l'ambiente. E magari gettate nel sacco dell'immondizia quei cazzo di bastoncini di incensi etnici da psicolabili, all'essenza di sandalo di monaco buddista, pelo di culo di panda e bambù. Lo stesso sacco dove avete gettato la macchina impastatrice.9 – Magari, se avanza un pezzo un poco stantio, torna perfetto per farci delle bruschette, abbrustolendolo a fette nel tostapane. Se avete un certificato legame affettivo con il vostro cane, il vostro gatto, il vostro canarino, il vostro pesciolino rosso, potete anche fargliene assaggiare un pezzetto. Non necessariamente stantio. Ma pensate sempre ai bambini africani.
Fine
K.

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