(Pain & Gain)
Regia di Michael Bay
con Mark Wahlberg (Daniel Lugo), Dwayne Johnson (Paul Doyle), Anthony Mackie (Adrian Doorbal), Rebel Wilson (Ramona Eldridge), Tony Shalhoub (Victor Kershaw), Ed Harris (Ed Du Bois III), Ken Jeong (Johnny Wu), Rob Corddry (John Mese), Bar Paly (Sorina Luminita), Michael Rispoli (Frank Griga).
PAESE: USA 2013
GENERE: Drammatico
DURATA: 129′
L.A., 1995. Convinto di dover dare una svolta alla propria vita (e convinto che per farlo l’unica sia diventare molto, molto ricco), il bodybuilder Daniel Lugo sequestra con due compari un riccone antipatico e lo deruba di tutto ciò che possiede. All’inizio va tutto alla grande, ma presto la loro abulica sete di “muscoli e denaro” li porterà a compiere azioni sempre più deprecabili che arriveranno addirittura all’omicidio…
Incredibile a dirsi, ma si tratta di una storia vera, ricostruita e raccontata dal giornalista investigativo Pete Collins sul Miami New Times, in una serie di articoli pubblicati a partire dal 1999 (nel 2013 è uscito un libro che li raccoglie). Questa assurda ed emblematica storia di ordinario squallore avrebbe potuto prestarsi, se portata in scena dai fratelli Coen, da un Anderson (Paul T.) o da uno Scorsese, in una perfetta e crudele parabola sui miti USA del selfmademan, del culto del corpo e del successo, dell’ossessione per il sesso e lo sballo; nella mani di Bay, invece, tutto si risolve in un’americanata/baracconata senz’anima. La sceneggiatura di Stephen McFeely e Christopher Markus non era male, ma è appesantita da uno stile registico greve e fanfarone, che soprattutto nella seconda parte – quella più complessa – perde il senso del racconto e s’avvicina alla farsa. E che dire dello sguardo che Bay pone su bicipiti sudati (maschili) e culi perfetti (femminili)? È un pò troppo compiaciuto per far pensare ad un’operazione sincera, e alla fine più che al cinema – ancora una volta – si attinge ad un’estetica da pubblicità. Insomma, Bay si ritrova prigioniero delle stesse logiche di marketing che vorrebbe criticare. I personaggi non riescono mai ad assumere un vero spessore tragico, e gli attori non sono all’altezza dei ruoli. Tutti a parte Harris, che se la cava con l’esperienza. Una grande storia raccontata con un brutto film. Peccato.