Bikaner mi rimarrà nel cuore per molti diversi motivi. Il suo centro è caratterizzato dall’imponente presenza del Forte Junagarh che, pur non essendo situato su una collina, non è mai stato espugnato. Il caldo, si sa, è terribile ma la stupefacente bellezza dell’edificio riesce a mitigarlo un po’.
Le finestre velate da cui le donne guardavano cosa succedeva nei cortili sono un po’ impressionanti, non doveva certo essere semplice e confortevole osservare attraverso quei piccoli fori. Le porte in argento, le ceramiche dai forti colori ed i marmi scintillanti fanno da cornice agli stretti corridoi che collegano le stanze tra di loro ed ai luminosi porticati.
Una passeggiata nella storia tra maharani mai viste in volto e commercianti provenienti da ogni dove, che prosegue nell’hotel in cui ho avuto la fortuna d’imbattermi, il Bhairon Vilas.
L’attuale proprietario, l’affascinante Harsh, è discendente della famiglia di Maharajah che regnò Bikaner ed ha trasformato un haveli in elegante heritage hotel.
Mi accoglie con un grande sorriso per raccontarmi della sua famiglia e di come consideri gli ospiti come amici con cui condividere esperienze. Diciotto camere, una diversa dall’altra, arredate con i mobili di famiglia e tessuti di pregio circondate da lussureggianti giardini, quasi un miracolo per una zona così desertica.
L’haveli conserva nel cuore una stanza delle meraviglie, il piccolo bar arredato in stile coloniale che, con i bauli in pelle, il grammofono, i tessuti a righe un po’ lisi delle poltrone rimanda ai libri di Agatha Christie mentre la musica lounge in sottofondo distoglie dalla confusione che c’è fuori.
A distanza di pochi chilometri si trova Deshnoke, dove si trova un Tempio che incute spesso un po’ di terrore, il Karni Mata, il Tempio dei topi.
Karni Mata era una ragazza vissuta nel XVI secolo, figlia di un cantastorie tutt’ora adorata perché considerata la reincarnazione della dea Durga.
Un giorno Karni Mata chiese al Dio della morte di far resuscitare un bambino, figlio di un cantastorie. Il Dio le rispose che non sarebbe stato possibile perché il bambino si era già reincarnato. Karni Mata andò su tutte le furie e decise che ogni cantastorie, dopo la morte, avrebbe abitato temporaneamente il corpo di un topo prima di reincarnarsi, privando il Dio della morte di molte anime umane. Così, centinaia di fedeli ogni giorno si recano al Tempio per portare offerte di ogni genere ai poveri topolini assonnati ed un po’ storditi dal caldo che assomigliano più alla brigata di Ratatouille che a terrificanti animali.
Pare che avvistare il solitario topo bianco in mezzo agli altri grigi sia segno di grande fortuna. Io non l’ho visto ma uno mi è passato sui piedi, varrà ugualmente?
Il succo di canna da zucchero è l’elemento gastronomico che mi ricorderà questo luogo nel tempo. Le lunghe canne un po’ legnose, infatti, non servono solamente a produrre il rum ma, se passate in una macchina che le le schiaccia insieme a dei lime, ne deriva dell’ottimo e rinfrescante succo che viene refrigerato in un recipiente contenente un blocco di ghiaccio, andando contro le più comuni raccomandazioni sull’alimentazione in viaggio!
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