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Palazzo Chigi: 41 bis regolato come da sentenza Europea, non abolito

Creato il 15 luglio 2011 da Yellowflate @yellowflate

Palazzo Chigi: 41 bis regolato come da sentenza Europea, non abolito41 bis, nessuna ipotesi di rendere più mite il ” carcere duro”. A seguito delle recenti polemiche fatte dalla stampa che asseriva la volontà del governo di “affievolire” il regime di 41 bis.  Palazzo Chigi, in una nota comunica: ”L`ipotesi prospettata nella relazione, concernente i ritardi giurisdizionali, non è certamente quella di abolire il regime dell`articolo 41bis. Ma piuttosto di stabilirne l`applicazione con la sentenza di condanna. L`attuale sistema, determina sensibili ritardi in quanto impone una continua proroga del regime preceduta da complessi accertamenti e seguita da lunghi procedimenti di impugnazione. Procedimenti dovuti ai necessari approfondimenti da parte degli organi di polizia, prima, del giudice di sorveglianza, della corte di cassazioni, poi. Tali ritardi determinano, nel frattempo, limitazioni considerevoli di diritti, frequentemente evidenziate a Strasburgo, e che sono causa di condanna per l`Italia”.

Le risorse umane che, secondo la relazione, si libererebbero se il regime di carcere duro fosse previsto nella sentenza di condanna, sono solo quelle delle forze di polizia, che non sarebbero chiamate a continue verifiche, e della magistratura di sorveglianza, che non sarebbe posta in condizione di dover provvedere continuamente, con inevitabili ritardi nelle decisioni. Una lettura del brano della relazione in questione, diversa da quella sopra esposta, non solo non è rispondente alle intenzioni dei redigenti resa chiara dalla collocazione del testo tra le conseguenze dei ritardi nell’esercizio della giurisdizione, ma è in aperto contrasto con quanto evidenziato dalla stessa relazione in altra parte ove invece viene espressamente trattato il tema del trattamento penitenziario e si evidenzia come un regime carcerario duro sia ritenuto ammissibile dalla CEDU, purché previsto in relazione a motivate esigenze (sentenza Mole 12 gennaio 2010).

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