di Claudia Boddi
“Palazzo Yacoubian” è un affresco a tinte forti della società egiziana. Quando uscì per la prima volta, i temi trattati al suo interno da ‘Ala Al-Aswani fecero scalpore. La narrazione sobria e asciutta, che poco spazio lascia ad ambiguità e incertezze interpretative, fa di questo libro un resoconto onesto e fedele di quella parte della società araba che ha dato i natali al suo autore.
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La prostituzione vissuta a tutto tondo come un normale costume dell’epoca in quanto veicolo di celere ascesa sociale in certi casi, e di pura sopravvivenza in altri, compare come ingrediente di base nella storia; così come la corruzione, diffusissima e trasversale, che fende tutti gli ambiti della vita collettiva, senza esclusione alcuna, come una necessità irrinunciabile del vivere comune. Al centro dell’intreccio c’è il “palazzo Yacoubian”, fatto costruire nel 1934, in via Suleyman pasha – una delle più belle strade del centro – dal miliardario armeno Hagub Yacoubian che affidò i lavori di realizzazione ad un illustre architetto italiano.
Gli abitanti che vivono nell’edificio rappresentano l’intero sistema sociale. Ci sono infatti i poveri che dimorano sul tetto e che sperano in un futuro migliore, il figlio del portiere, al piano terra, che ambisce ad entrare in polizia e poi si ritrova ad infittire le già ricche propagini degli insurrezionalisti islamici, la sua fidanzata vessata dagli abusi del potere, l’imprenditore omosessuale la cui vita si dipana, neanche troppo clandestinamente, tra giovani amanti nubiani per i quali ha una predilezione, l’uomo d’affari, senza scrupoli, che cerca di entrare in politica per arricchirsi, pronto ad usare qualsiasi mezzo per raggiungere il suo fine.
Scorci di realtà private, dove ogni singolo personaggio si trova davanti a scelte da compiere, che tengono chi legge con il fiato sospeso fino alla fine, fino a quando cioè è possibile capire l’esito delle decisioni prese. Ogni carattere presente nel libro sperimenta gioie e violenze, momenti di esaltazione e frustrazione, il tutto nel gioco armonico messo in atto dalla sorte. “Palazzo Yacoubian” ci traghetta, attraverso uno stile pregiato, nella società egiziana raccontandoci le storie di vita dei suoi abitanti: storie vive e pulsanti, che cibandosi di imperfezioni, risultano per questo terribilmente vere e riconoscibili.
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