Palermo, amarcord…

Creato il 17 maggio 2012 da Casarrubea

A.Bruno-foto F.Scafidi

Domani, 18 maggio 2012, è il compleanno di una persona che in poco tempo mi ha dato tantissimo. Il dott. Aurelio Bruno, classe 1922, palermitano doc, una miniera di notizie della storia della sua città. Nel settembre scorso, tra il dott. Bruno e me è nata una collaborazione che è diventata una bella amicizia che sta dando dei frutti preziosi. E’ proprio vero: con i buoni maestri si cresce sempre, con i cattivi ci si impoverisce.

Il dott. Bruno mi racconta della Palermo che ha vissuto lui, dagli anni della guerra, quando i nazisti avevano il quartier generale a piazza Gentile, al periodo delle stragi di Capaci e di via D’Amelio. Aurelio si ricorda perfettamente della scomparsa del cronista de L’Ora Mauro De Mauro, che conosceva personalmente con il nome di Italo Fux, e di quando il giornale palermitano, durante il Ventennio, pubblicò il “memoriale Rossi”, il documento redatto dall’allora capo ufficio stampa del Duce, che accusava Mussolini di essere il mandante dell’omicidio dell’onorevole socialista Giacomo Matteotti.

Gli eventi di quegli anni correvano all’impazzata per le strade bombardate di Palermo e Aurelio li rincorreva per acciuffare la notizia giusta che lo avrebbe fatto diventare un vero cronista “di razza”.

“Che fa suo figlio?”, chiese il commissario della questura di Palermo, Matteo la Pàrola, al padre del dott. Bruno che lavorava come impiegato presso gli uffici di polizia. “Ha preso la licenza liceale e si legge il giornale”. “Lo vogliamo far entrare al giornale L’Ora?”, disse la Pàrola. Aurelio non aveva neanche 18 anni e quella conversazione amichevole tra suo padre e il commissario la Pàrola gli cambiò la vita: era l’estate del 1940.

Il dott. Bruno iniziò a “strimpellare” con la macchina da scrivere al primo piano di Villarosa di Via Ruggero Settimo, presso la sede del Giornale Fascista del Mediterraneo, “L’Ora del Ventennio”. Il primo direttore di Aurelio fu Bonaventura Caloro, che fumava come un turco il sigaro toscano e che, mentre gli rivolgeva qualche lapidaria domanda di rito senza aspettare la risposta, leggeva  in maniera frenetica le bozze di stampa che gli passava meccanicamente il prof. Achille Leto, il correttore di bozze del giornale.

“Giovane”, disse Caloro, “il compenso è di 200 lire e cominci subito!”. Più che un’assunzione per il dott. Bruno fu un arruolamento alla causa del giornalismo.

Una settimana dopo la sua assunzione, Aurelio esordì in cronaca nera: il crollo di un antico palazzo in piazza Cattolica. La prima tappa era la questura di Palermo per prendere informazioni dal “mattinale”, una velina che riportava le notizie da dare alla stampa censurate dalla polizia. La seconda e la terza tappa erano l’ospedale e il pronto soccorso, luoghi dove, in tempo reale, si poteva conoscere vita, morte e miracoli di Palermo! Il Regime imponeva ai giornalisti dei limiti: 5 o 6 righe per gli infortuni sul lavoro; 20 righe per gli omicidi; i suicidi erano tabù. Nei giornali dell’epoca si leggeva soltanto di incidenti ciclistici e di risse a suon di coltelli tra gli gnuri, i cocchieri delle carrozze cittadine. Il crollo del palazzo capitò proprio nel giugno del 1940 e Aurelio, su quelle macerie, firmò il suo primo articolo. Questo momento di gloria fu breve perché, subito dopo, ebbe il primo “cazziatone giornalistico” da Mario Taccari, funzionario del Comune e segretario federale. Credendo di intervistare il provveditore agli studi di allora Spatrisano, per l’inaugurazione dell’anno scolastico, il dott. Bruno pubblicò un articolo senza sincerarsi se l’intervistato fosse realmente l’alto funzionario del Ministero dell’Istruzione fascista. All’articolo di Aurelio fu dedicata la prima pagina e quando si seppe della gaffe madornale fu sospeso per un breve periodo dal servizio. “Amnistiato”, Aurelio fu incaricato da Caloro di partecipare all’inaugurazione a Palermo del servizio filoviario.

Nel 1941, iniziò la collaborazione con il noto giornalista e redattore de L’Ora Sandro Paternostro, con il quale Aurelio divenne amico fraterno. Entrambi seguirono nella provincia di Palermo le compagnie di avanspettacolo che allietavano i soldati italiani durante la guerra. “Fu un’esperienza divertentissima”, ricorda Aurelio, “soggiornai a Bagheria, Corleone, San Cipirrello ed altri piccoli centri caratteristici dell’hinterland palermitano”.

L’esperienza come cronista al giornale L’Ora fu talmente formativa da permettergli di inserirsi nella sede Rai del capoluogo siciliano, dove, come direttore di rete, c’era il dott. Giuseppe Marino, il quale aveva un curriculum giornalistico invidiabile. Di quel periodo Aurelio ricorda anche dei dispetti fattigli dal commendatore Corbertaldo, famoso personaggio della polizia palermitana. “In quel periodo mi occupavo del primo processo sulla banda Giuliano, il processo dei Quaranta, che si teneva nella chiesa sconsacrata di Montevergini. Nell’ufficio della questura dove si ritirava il mattinale lessi un foglio che mi avevano fatto trovare Corbertaldo e il dott. Pipitone, dirigente dell’ufficio politico della questura. La notizia riguardava una tentativo di evasione da parte di alcuni componenti della banda Giuliano, tra cui Frank Mannino, il coordinatore dei sequestri della banda e, dopo Pisciotta, uomo fidato di Giuliano. Preso dall’euforia non mi accorsi che si trattava di una bufala e scesi di corsa le scale della questura per cercare un telefono e chiamare la redazione RAI. Tra le risate generali dei presenti, fui bloccato da un robusto brigadiere mandato da Corbertaldo e tirato su di peso!”.

Un altro episodio divertente, legato indirettamente alla banda Giuliano, avvenne nel 1966/’67. Fu quando la sorella del bandito, Mariannina, prese a borsate il dott. Bruno nel centro di Palermo, perché le aveva chiesto di potergli concedere un’intervista. “Mariannina era un uomo mancato”, ricorda Aurelio, “e, per farsi perdonare, della sua impulsiva reazione mi invitò ad un pranzo insieme al mio ex collega de L’Ora, Enzo Perrone, detto il “diabolico”, per le sue incredibili capacità da cronista d’assalto ed ex agente dell’Ovra. Su questo avvenimento feci un bel servizio che fu trasmesso al TG1 regionale e che dovrebbe essere ancora disponibile negli archivi Rai di Palermo. All’epoca fu un avvenimento perché riguardava la famiglia del bandito Giuliano, sulla cui fine c’era già un alone di mistero. Oggi, questo servizio si può considerare un documento storico, perché fornisce senza ombra di dubbio uno spaccato di una società apparentemente primitiva e contadina che non esiste più, non so dire per fortuna o per sfortuna …”.

Oltre alla cronaca nera, sempre per conto della Rai di Palermo il dott. Bruno, fino alla soglia della pensione, si è occupato di seguire i comizi politici di personaggi illustri come De Gasperi, Saragat, Togliatti, Fanfani, Malagodi, ed anche quelli di altri volti noti e meno noti della politica italiana. “Anche quella fu una bella esperienza”, ricorda Aurelio, “mi ha dato tanto e spero anche io di avere lasciato qualcosa ai miei lettori.

Ricordo un episodio simpatico su De Gasperi, accompagnato dalla moglie, che, preoccupata per la calura estiva, disse al marito: Alcide, non stare al sole che scotta!”. 

Nel 2004, il dott. Bruno ha pubblicato, insieme al giurista Emanuele Limuti, il libro Spie a Palermo (casa editrice Granata snc, Lussografica di Caltanissetta).

Il libro raccoglie le memorie di una ex spia, il commendatore Virgilio Buffa, alias Orazio, che Aurelio ha incontrato in una calda estate nel Park Hotel Carrubella di Monreale. “Virgilio B, ex capitano di fanteria, perfetta conoscenza del francese e dello spagnolo”, scrive Aurelio, “diligente allievo della scuola di spionaggio nazista di Hallensalle, a 40 km da Berlino”.

Il racconto è una lunga intervista dove si intrecciano le vite di altri personaggi della Palermo fascista come Giuseppe La Mantia, l’agente 500, che Aurelio incontrava sempre più curvo per il peso della vecchiaia in via Roma Nuova; il comm. Edoardo Mormorino, capo dell’Ovra in Sicilia e l’agente inglese Formicola, detto “lo spione”.

Orazio, tramite la penna stilografica di Aurelio racconta del ruolo del Sim (Servizio di informazioni militari) nella Palermo della guerra e di quando Mussolini fu spiato dall’Ovra.

La fervida memoria del dott. Bruno, aiutata dalla miriade di appunti scritti in più di 70 anni di attività giornalistica, fa rivivere personaggi realmente esistiti in una città lacerata dai bombardamenti.

Spie a Palermo inizia e finisce il suo racconto con l’agente Orazio, come se fosse un filo conduttore tra mondo reale e mondo sommerso, che si mescola nella storia di Palermo lasciando intravedere al lettore fatti ed avvenimenti che non vengono narrati nei libri di storia.

Il comm. Buffa (Orazio) è morto a Palermo nella primavera del 1993. “Se n’è andato ignorato per sua volontà”, scrive Aurelio, “nella sua abitazione alla periferia cittadina, senza lasciare tracce, documenti o messaggi di sorta, nella tradizione dei più consumati e abili agenti dell’occulto, come egli amava sempre definirsi. […] Orazio non fu un eroe, nemmeno un settario. Diceva spesso che la sua vita era da romanzo. […] Disse e se n’era convinto fermamente, di aver fatto sempre e in ogni momento il proprio dovere, anche nei momenti più difficili e drammatici, pagando sempre di persona”.

Anche la vita del dott. Bruno è da romanzo ed io non mi annoio mai di ascoltare le sue storie come se ascoltassi un moderno trovatore.

Grazie dott. Bruno del suo contributo alla storia, della sua amicizia, della sua pazienza nello spiegarmi tante cose che non conosco come un insegnante fa con il suo allievo.

Buon Compleanno, dott. Bruno,  con l’augurio che ci siano ancora tanti altri anni di vera amicizia e di intensa collaborazione!


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