Una cosa avevo capito bene, che non è una farina facile da usare nella panificazione, trattandosi di una farina debole e molto difficile da gestire in una lunga lievitazione naturale.
Eppure, continuavo a vedere nei negozi di prodotti a km 0 da cui mi servo, pagnotte di solina da lasciarci sopra gli occhi! Praticamente c'è tutta una tradizione dietro alla produzione di questo pane, si può dire che il pane che viene sfornato nei paesi disseminati sulla Majella, sia quello casalingo che dei panifici, sia quasi tutto fatto con questa farina. E dunque, continuavo a chiedermi quale fosse il segreto per riuscire a fare un pane di solina che fosse degno di questo nome.
Ho notato che, molto spesso, nel pane di solina c'è anche la patata... uuuhhmmm, mumble mumble... e se il segreto fosse questo? La solina usata in purezza, nel senso di unica farina, assolutamente non tagliata con manitoba o altre farine ricche di glutine che dessero più "forza" all'impasto, però... mischiata alla patata, che non contiene glutine, ma che è ricca di amido e di proprietà addensanti. Cavolo! ma vuoi vedere che...
E allora, mi sono messa in cerca di una ricetta e ho finito per trovarla sul forum Cookaround. Ho deciso che sarebbe stata questa, dimezzando le dosi.
Era la ricetta giusta, ho ottenuto esattamente quello che volevo, una bella pagnottella di solina quasi integrale, bella gonfia, con uno sviluppo verticale che con questa farina non ero mai riuscita ad ottenere prima, e senza tagliarla con altre farine. Solo farina da grano solina, un cultivar antico e autoctono, un frumento che cresce in montagna, sulla Majella Madre (vi invito a cliccare sul link per leggere la struggente leggenda di Maja), un frumento forte e generoso che non teme i terreni impervi né le variazioni meteorologiche. Un frumento così di carattere non può non darti quello che ti aspetti da lui, bisogna solo capire come prenderlo ;-)
Ingredienti totali:
450 g di farina di solina (la mia era di tipo 2)75 g di patata lessa schiacciata
125 g di acqua
120 g di acqua di cottura delle patate
15 g di LNL
1 cucchiaino di malto d’orzo (mia aggiunta)
7,5 g di sale
Idratazione 46,66%
Giovedì sera lessare patata, e non buttare via l’acqua di cottura, che in parte servirà nell'impasto.
Venerdì mattina
POOLISH (o mettenna, come la chiamano le donne locali)
50 g di acqua
15 g di LNL
Venerdì sera
AUTOLISI
75 g di patata lessa schiacciata
75 g di acqua
50 g di acqua delle patate
Far riposare mezz’ora
IMPASTO
Sciogliere il poolish con il resto dell’acqua delle patate (70 g), il cucchiaino di malto d’orzo e aggiungere all’autolisi, con impastatrice in funzione, frusta a K alla velocità minima. Aggiungere l'ultimo pugno di farina mescolato col sale (7,5 g). Se si osserva che l’impasto è molto asciutto, aggiungere acqua 1 cucchiaio alla volta. Io ho aggiunto 1 cucchiaio di acqua delle patate. Occhio a non esagerare, che la solina non assorbe tanto!Far impastare alzando un po' la velocità, e quando l'impasto inizia a fare i fili, sostituire la frusta a K col gancio. Portare a incordatura.
Una volta incordato, trasferire l'impasto in una ciotola con coperchio ermetico, dare delle pieghe con la spatola e incoperchiare.
Mettere a lievitare seguendo, più o meno, questa tabella di marcia:
ore 21-24 circa lievitazione a TA (21°-22°)
ore 24-8.30 circa in frigo
ore 8.30-11 circa a TA (21°-22°)
ore 11 dare pieghe, mettere su un foglio di cartaforno e deporre in un cestino da lievitazione(*), coprire con un canovaccio
fino alle17.30 circa tenere in lievitazione in forno con la lucina accesa
ore 17.30 circa accensione forno con pietra refrattaria(**)
ore 18.00 circa cottura in forno statico come indicato di seguito (più o meno)
250° per 10 minuti
230° per 20 minuti
190° per 20 minuti
20 minuti in forno spento a fessura
(*)Questa cosa del cestino è un passaggio molto importante: il cestino serve a contenere l'impasto, che altrimenti si metterebbe a sedere, e finiremmo per avere un cuscinetto di pane schiacciato e compatto, anziché una bella pagnottella con un bello sviluppo verticale e la mollica soffice.
(**) La cottura sulla refrattaria è consigliabile, ma non obbligatoria. Se uno ce l'ha, è tanto di guadagnato per la cottura e gli effetti positivi che su di questa avrebbe la botta di calore che arriverebbe al pane da sotto. Se la si usa, in fase di riscaldamento del forno, mettere la pietra, adagiata sulla griglia, appoggiata proprio sul plateau del forno, e lasciare che si scaldi per almeno mezz'ora (non solo quando il forno arriva a temperatura, più la pietra è rovente, meglio cuocerà il nostro pane). Deporre il pane, con tutta la carta forno, sulla pietra che, con tutta la griglia che la sorregge, andrà infilata nella scanalatura più bassa del forno. Negli ultimi 20 minuti di cottura, quella a temperatura più bassa, togliere la cartaforno da sotto il pane e sollevare ancora la griglia con la pietra, a metà altezza. Lasciare sempre sulla pietra anche durante la fase "a fessura".
In ultimo, togliere dalla pietra e far raffreddare sulla griglia, cercando di aspettare che sia almeno tiepido per affettarlo. Se ci riuscite :-)
Questa signorina con le orecchie a punta e gli occhi sgranati è ghiottissima di pane... devo stare attenta a non lasciarne una fetta incustodita sul tavolo, altrimenti mi tocca fare il tiro alla fune per riprendermela!!!