Quest’anno salterà uno dei miei appuntamenti irrinunciabili: forse lo ricordate (ne avevo parlato qui sul blog l’anno scorso e due anni fa), è il piccolo concorso per giovani jazzisti che si teneva dalle mie parti a inizio novembre e che di solito seguivo per il giornale.
Un evento davvero simpatico e di alta qualità, tanto che ultimamente mi capita di leggere la programmazione di rassegne jazz nazionali e di ritrovare nomi di musicisti ascoltati nelle prime edizioni del concorsino. Da sbarbatelli armati di grinta e talento a jazzisti affermati, cresciuti passando anche dal piccolo ma prestigioso palco della Bassa.
Mattia Cigalini è solo uno tra i tanti:
Nessuno me l’ha confermato, ma ho la certezza che il contest sia saltato perché mancano i fondi: il concorso, infatti, era organizzato da un gruppo di appassionati e dal Comune, ormai sempre più povero. E se c’è carestia nelle casse comunali, significa che bisogna tagliare tutto quanto non sta sotto la voce «bisogni primari».
Eppure, pensateci: musica, arte e cultura in generale sono insostituibile pane per l’anima. Il bisogno di cultura – quello che mi piace chiamare «fame di cose belle» – è a tutti gli effetti un bisogno primario, essenziale.
Guai farlo passare per superfluo.
Mi mette tristezza vedere quanto poco peso si dà alla cultura da parte di chi dovrebbe sostenerla.
E mi chiedo quanti altri concorsi o rassegne musicali dovranno saltare prima che le cose cambino.