“La nuova indagine sulla morte del Pirata ripartirà da una serie di tabulati telefonici. Numeri che si incrociano in maniera convulsa nelle ore immediatamente successive all’omicidio di Marco Pantani, in quel tragico pomeriggio del 14 febbraio 2004, e che disegnano una strana, fittissima triangolazione tra Fabio Miradossa, Ciro Veneruso – vale a dire il fornitore e lo spacciatore del ciclista (successivamente per questo condannati) – e altri numeri per il momento non meglio identificati. Cosa c’era all’origine di quel febbrile giro di chiamate rimbalzato nell’etere tra le 13 e le 20 di quel giorno? Chi sapeva cosa? Per quale motivo, di punto in bianco, due “pesci piccoli” dello spaccio in Riviera cominciano ad agitarsi in maniera scomposta? Ci vorranno mesi per saperlo. Le indagini penali, si sa, hanno tempi lunghi, specialmente quando diventano tecniche. Ma ormai la macchina si è messa in moto, e comunque vada, alla fine, una risposta definitiva sulla morte di uno dei campioni più amati di sempre dovrà pur venire fuori”.
Il ciclista fu ucciso. L’ha stabilito la perizia del medico legale Francesco Maria Avato su richiesta della famiglia. Si evidenzia dall’autopsia che “le ferite sul corpo di Marco Pantani non sono autoprocurate, ma opera di terzi”. Dunque Marco non morì d’overdose. Quella sera avrebbe aperto la porta ai suoi assassini, da cui fu prima picchiato. Dopo lo avrebbero costretto a bere la cocaina sciolta nell’acqua. Sarebbero così spiegate le grandi quantità di droga ingerite.
“Me l’hanno ammazzato. La mia sensazione, sin da subito – ha detto mamma Tonina a Tgcom 24 – è che avesse scoperto qualcosa e gli abbiano tappato la bocca. Non vedo altre ragioni. Non mi sono mai sbagliata su Marco. Così come non credo che siano stati gli spacciatori”