Paolo.
Ecco s’avanza uno strano soldato… Eravamo stati convocati tutti a voce in un posto inusuale, sei o sette, tutti giovani. Ci guardavamo tra noi. Ci conoscevamo abbastanza bene. Ma soprattutto guardavamo con interesse quel compagno dall’aria poco raccomandabile. <Sapete qual è il santo dei poveri?>, aveva iniziato a parlare… <E’ sanpietrino!>, si dette da solo la risposta. Nessuno rise… Cominciò così la riunione che alla fine del 1972 doveva rifondare a Pisa il servizio d’ordine di Lotta Continua. Dire cose giuste, avere ragione non basta. Bisognava avere anche l’organizzazione e la forza per difendere ciò che si fa e si dice. Questa concezione della politica è alla base della militanza di Paolo. Per lui mai e poi mai sarebbe stato possibile fermarsi al semplice dire, senza poi avere il coraggio di esserci, in prima persona… Un compagno consequenziale. Uno di quelli convinti che il dire senza il fare non aveva senso. Insomma, una grande coerenza di fondo che lo accompagnerà non senza contraddizioni*, per tutta la vita. Nel 1969 Paolino scrisse al rappresentante palestinese in Italia, chiedendo di entrare a fare parte dell’organizzazione per la liberazione della Palestina. Gli risposero che lo ringraziavano, ma per il momento non era prevista la creazione di nessuna brigata internazionale in Palestina. E’ da quella sera della fine del ‘72 che per me parte il ricordo più vivo di Paolo. Una conoscenza e un’amicizia che si è ritrovata e persa molte volte negli anni. Cose condivise, ma anche litigate a volte feroci che finivano con un immancabile <non capisci una sega> da parte di uno dei due. Quella naturalezza nel mandarsi a fare in culo che si esprime quando c’è la tranquillità di un affetto profondo tra chi sa che comunque la volta successiva ci si sarebbe ritrovati di nuovo fianco a fianco: che fosse in uno dei tanti scontri di piazza o in mezzo alle macerie e alla morte del terremoto friulano del 1076, non aveva importanza. Ci saremmo tenuti d’occhio l’un l’altro, pronti a darci una mano e a protteggerci a vicenda. Quando, a metà degli anni ‘80, Paolo decise di rientrare nel PCI (era già stato nella sua federazione giovanile prima di passare a Lotta Continua) e mi chiese cose ne pensavo, stavo per dirgli che sbagliava, ma ci pensai: sapevo che per Paolo far parte di <qualcosa> era molto importante. Infatti, odiava il termine <cane sciolto>. Per lui il contatto con la gente, ma soprattutto l’organizzazione della politica, era una questione fondamentale. Così, gli risposi che se per lui era giusto faceva bene. Ma sapevo anche che per lui sarebbe stato doloroso. Solo una scelta <tattica>. Sapevo che non avrebbe mai svenduto la propria autonomia di giudizio e il suo essere profondamente di sinistra. Non mi sbagliai. Quando pochi anni dopo nel PCI si pose la necessità di uscire, Paolo non ebbe il minimo dubbio nello schierarsi subito con la corrente che avrebbe dato origine a Rifondazione. Mi ricordo che ci incontrammo per caso nel luglio 2001, a pochi giorni di distanza dal G8 di Genova, dove Paolo aveva dato, nonostante le sofferenze della malattia che già lo aveva colpito, il suo contributo nell’organizzazione della manifestazione per conto di Rifondazione. Mi parlò di quei fatti, dei cortei, degli scontro, di Carlo Giuliani. Finì dicendo: <Lo spezzone di Rifondazione non lo ha toccato nessuno>. Questo l’essenza del senso di responsabilità con cui viveva la sua militanza politica. L’ultima volta che abbiamo parlato a lungo fu il 1° maggio del 2002. Aggredito ormai terribilmente dal male che lo avrebbe ucciso, Paolo era molto cambiato. Aldilà della sofferenza sia fisica che psichica che il mali gli procurava, si intravedeva un forte rimpianto per tutte le cose non fatte o non dette, per quelle non capite o ancora da capire. Il suo carattere difficile e spigoloso era scomparso, lasciando spazio a una nuova consapevolezza, quella di chi capisce che forse non ha più tempo, che il tempo che rimane corre troppo veloce rispetto ai propri desideri. Chi ha pensato che Paolo fosse un militarista, di Paolo non ha capito nulla. In un’Italia con un apparato repressivo così aggressivo che ha fatto, a partire dagli anni ‘70, decine di morti ammazzati, con le aggressioni fasciste e poliziesche (a Pisa in tre anni due giovani uccisi: Cesare Pardini e Franco Serantini) e con le numerose stragi, esistevano solo due possibilità: piegare la testa oppure organizzarsi per difendersi. Organizzarsi per garantire il massimo di incolumità a compagni, simpatizzanti e manifestanti era il presupposto di fondo per esistere. In questo non c’è niente di militaresco, c’è solo un grosso sacrificio personale per garantire tutti. E tutti intendo anche coloro che, assumendo l’aria da intellettuali, definivano Paolo un <soldatino di piombo>, forse invidiandone nel profondo quel coraggio che loro non avrebbero mai avuto. Ma il soldatino di piombo sapeva ragionare e riflettere, capire la realtà dei fatti e della storia e, nonostante i numerosi inviti provenienti da più parti, non aderirà mai a nessuna di quelle organizzazioni clandestine che, a partire dalla seconda metà degli anni ‘70, hanno proliferato in Italia. Lottare con le masse e non per le masse era un’idea di fondo di Paolo, convinto che la clandestinità per un comunista doveva essere solo l’ultima opportunità per proseguire la lotta. Un’idea di fondo che significava stare con le persone e vivere con loro, capirne i desideri e gli stati d’animo, lavorare per sviluppare nella società quella coscienza che modificasse i rapporti di forza, far sì che si creasse quel dualismo di potere fondamentale per l’avvio di una fase rivoluzionaria che avesse serie possibilità di successo. C’era invece, come dice la canzone, <uno strano soldato>, che però adesso non <s’avanza> più, non c’è più. Ma va ricordato che se quella meravigliosa stagione chiamata <sessantotto>, che tanto ha inciso e rivoluzionato, in Italia, sia il pensiero che il costume, è potuta esistere, lo dobbiamo anche a lui e alle migliaia come lui che con il loro coraggio l’hanno resa possibile e che, senza quel coraggio, lo Stato avrebbe immediatamente schiacciato e ridotto al silenzio. Non erano eroi, semplicemente davano tutto in cambio di niente. -Massimo Guerrieri, Paolo Acerbi, trentacinque anni dalla parte del torto, a Pisa.-
* dalle contraddizioni il frutto di nuove verità. (Renzo Mazzetti).
* la verità è rivoluzionaria.(Antonio Gramsci).
CI SEDEMMO DALLA PARTE DEL TORTO, VISTO CHE TUTTI GLI ALTRI POSTI ERANO OCCUPATI. -Bertolt Brecht-
STORNELLI PISANI
Il centrosinistra è un grande governo
sorretto da Nenni e dal Padreterno
e il Padreterno, il fatto è palese,
parla una lingua vicina all’inglese.
Russell e Sartre, coi loro lamenti,
non fanno cessare i bombardamenti
e il tribunale, con la sua accusa,
non ferma un tubo la guerra degli USA.
Facciamo l’amore, non fate la guerra,
così i pacifisti dall’Inghilterra;
scritto sui muri, stampato in cartelli,
lo trovi ai negozi di Feltrinelli;
col conto in banca è facile amare
per chi coi padroni non ha da lottare.
Re Costantino, lupo di mare,
vede il suo trono veloce affondare,
corre in suo aiuto – non è cosa strana-
la sesta flotta americana.
La Grecia è a posto, si va in Israele
a dare una mano al servo fedele.
Con le fiaccolate, le marce e le veglie,
non rechi disturbo a chi ti sceglie:
la via italiana al socialismo
passa, compagni per riformismo.
Non basta dire: No all’atlantismo,
yankee go home, abbasso il fascismo!
Per essere liberi, guerra totale,
guerra ai padroni ed al capitale!
Perciò diciamo: A morte il padrone,
bandiera rossa, rivoluzione!
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