Leggo da Ankara con tristezza e costernazione ciò che ha scritto e postato il vice-direttore di Libero Franco Bechis riguardo al mio concerto del 27 luglio scorso sull’altipiano di Folgaria in occasione dell’anniversario della Grande Guerra e sulla presunta affiliazione politica (?) con Matteo Renzi.
Vedo inoltre un tristissimo video con il countdown della esecuzione del mio “Silenzio” dal quale si evincerebbe che ho guadagnato un tot al minuto.
Posto che, in quanto artista, ho la libertà di guadagnare ciò che mi pare purché paghi le tasse, è ovvio che le sue affermazioni non corrispondano al vero ma siano terribilmente false e soprattutto tendenziose.
Sarà direttamente la segreteria della Presidenza del Consiglio a rispondere sulla cifra e sul come è stata destinata.
Da parte mia posso dire che si trattava di un concerto originale di 90 minuti, commissionato per l’importante occasione, con musiche tratte dal repertorio della Grande Guerra al quale ho lavorato sei mesi e che ha coinvolto, in una operazione complessa e unica nel suo genere, decine di persone e decine di Paesi in tutto il mondo con altrettanti musicisti che hanno eseguito la loro versione del “Silenzio” e grazie alle quali interpretazioni è stato concepito un lungo video trasmesso da Rai Storia che rimarrà negli archivi del nostro Paese assieme agli altri innumerevoli contributi di quell’importante commemorazione.
Ma il problema non è questo.
E’ la cattiveria di un giornalista che si scaglia contro un artista noto (credo ci siano gli estremi per una querela…) che il 9 gennaio, da Parigi, ha dichiarato alla Nuova Sardegna di avere provato vergogna per la prima pagina di Libero che titolava con disarmante follia e irresponsabilità “Strage in un giornale a Parigi: Questo è l’Islam”.
Quel giorno, dalla Francia, mi sono vergognato di essere italiano mentre migliaia e migliaia di persone sfilavano sotto le mie finestre a due passi da Place de la République per gridare a favore della libertà di espressione e contro la violenza e il terrore.
Anche noi siamo scesi in piazza domenica con i nostri cartelli insieme ai Capi di Stato e a due milioni di uomini, donne e bambini.
Cartelli in italiano e in sardo – i nostri – come quelli di tutti i Paesi del mondo, di tutte le etnie e di tutte le fedi religiose compresa quella dei musulmani.
La mia risposta, come recita il cartello che ha concepito mio figlio di sette anni, è “Io sono Charlie e sarò sempre Charlie”.
Non ci sarà nessuno che potrà chiudermi la bocca sui principi che appartengono a tutti noi e che sono quelli della libertà, del rispetto, della religione e dell’ambiente.
In quanto cittadino responsabile e in quanto artista, ho il diritto e il dovere di esprimere la mia opinione ma nessuno invece ha il diritto di attaccare il prossimo con armi vere o subdole.
Questa è violenza quasi assoggettabile a quella dei fatti parigini, e un pessimo esempio di civiltà e di democrazia.
Pertanto una riflessione (a) e due risposte (1 e 2):
a. Libero si, ma di pensare e di vivere senza le armi e con la speranza di un futuro migliore che non sia atteso o sperato, ma conquistato giorno per giorno.
1. Ma…Bechis!!?!?!?!?!
2. JE SUIS CHARLIE ET JE SERAI TOUJOURS CHARLIE!
Paolo Fresu
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